Capitolo 1

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Il freddo si impossessò di me come se il mio sangue si fosse congelato all'istante, non riuscivo a muovere un solo muscolo e attorno a me c'era solo il buio più assoluto.
Ogni mio arto sembrava pesare una tonnellata e  nonostante mi fossi appena svegliata ero già stanca.
Cercai di guardarmi attorno ma i miei occhi vedevano solo il buio e ci volle un po' prima che si abituassero, mi poggiai a qualcosa, una scatola di legno supposi.
Ad un certo punto, la stanza iniziò a muoversi, sembrava stesse salendo e ogni secondo la velocità aumentava.
Ero ancora aggrappata alla scatola, era come se qualcosa mi stesse assorbendo tutti gli organi, i miei piedi erano congelati e poco dopo un brivido mi attraversò la schiena.
La stanza diventò come una macchina da corsa col pilota automatico, mi sentivo così impotente, urlavo e gridavo  talmente tanto che mi faceva male la gola.
Ma la stanza saliva e ignorava le mie suppliche, quelle quattro mura, erano come un inferno ghiacciato.
Le mie unghie ormai erano conficcate nel legno, sentivo il sangue sgorgare sulle mani, e il sudore scendere sulle mie guance insieme alle lacrime.
E quando ormai avevo perso le speranze, la stanza si fermò, insieme alle mie urla.
Il soffitto si aprì, e una luce abbagliante illuminò l'inferno.
Nonostante vedessi tutto sfocato, riuscii a riconoscere una sagoma che atterrò in piedi a pochi metri da me.
<<Non ci credo...É una ragazza! É una ragazza!>> Disse la sagoma.
<<Tu devi essere quello perspicace della famiglia vero?>> per la prima volta realizzai e ascoltai attentamente la mia debole,  per via delle urla, voce.
<<Tirala su William!>> Gridó qualcuno sopra di noi.
<<Ehi fagiolina, come stai? Ti tiro fuori okay?>> La sua voce era calma e dolce, avevo un braccio davanti agli occhi che non si erano ancora abituati alla luce accecante,per questo non riuscivo a metterlo a fuoco.
Lui mi tese la mano e io la presi sporcandola del mio  sangue.
Appena fui fuori da quella stanza, mi girai attorno, ero in un grande prato, circondato da mura, enormi mura di pietra.
Iniziai a correre, senza preoccuparmi di niente o di nessuno, corsi per minuti, dietro di me, gli incitamenti di quelli che sembravano 50 ragazzi,  erano ovattati.
Quando la voce dentro di me decise di avermi fatto soffrire abbastanza, io smisi di correre, mi appoggiai sulle ginocchia senza fiato.
Caddi a terra stremata, mi girai lentamente e notai che non mi ero allontanata poi così tanto, ero più o meno a trenta metri dalla folla.
E solo in quel momento, vidi che erano tutti ragazzi, con i capelli lunghi e castani o corti e biondi, magri o muscolosi, sudati o con le maglie strappate, di tutte le etnie, in particolare notai un ragazzo alto dai capelli scuri che gli arrivavano fino alle spalle, tra tutti, era quello più tranquillo, indossava una maglietta blu scuro, o verde, non vedevo molto bene a dire il vero.
Ma erano tutti ragazzi.
Il panico ritornò, mi inizió a mancare il fiato, che già era dimezzato per via della corsa, sentivo i capelli attaccati al collo e iniziai ad avere caldo.
Mi tolsi la maglietta senza neanche pensarci e indietreggiai fino a sentire la schiena scontrarsi con qualcosa di freddo e poroso, una specie di barriera o muro di pietra.
Respiravo sempre più velocemente, e tutti quei ragazzi mi guardavano come fossi un'aliena, mi sentivo in trappola, come un topolino che lotta contro un gatto.
Un ragazzo nero, più basso rispetto agli altri si avvicinò a me, cautamente, con un braccio teso, più avanti rispetto al corpo.
Si chinò e mi scrutò.
<<Ehi fagiolina, calmati, non voglio farti del male, sono Alby, benvenuta nella radura>>
Il mio respiro iniziò a tornare normale ma sentivo che le lacrime rigavano ancora il mio volto.
Alby si era seduto davanti a me, tenendo le gambe incrociate.
<<Ti sei calmata? Vuoi che faccia smammare queste teste puzzone?>>
Annuii sperando si riferisse ai ragazzi che si erano radunati attorno a noi.
E infatti così fece:<<Tornate a lavorare,la festa é
finita pivelli>>

-Solo perché é il capo se la vuole tenere tutta per sé-

-Hai capito la ragazza!-

-Sarà mia!-

Chi entusiasta,chi contrario si sparpagliarono e rimanemmo io e Alby che si allontanò per riprendere la mia maglietta, me la porse e la indossai arrossendo.
E solo in quel momento realizzai quanto fossi stata un'idiota a togliermi la maglietta davanti a chissà quanti adolescenti pieni di ormoni.

Passarono due o tre minuti; decisi di parlare, ma non sapevo cosa dire, riflettendoci io non ricordavo niente, quanti anni avevo? Di che colore erano i miei capelli? Qual era il mio animale preferito? Come mi chiamavo?
La mia mente era vuota, totalmente vuota, non riuscivo a pensare a neache una cosa sulla mia vita o su di me, non mi ricordavo di amici o parenti, animali domestici o dove avevo vissuto fino a quel momento.
<<Io...io... Non ricordo niente, non ricordo come mi chiamo...io...>>
La mia voce tremava e mi maledivo per sembrare così imbranata.
<<Tranquilla, succede a tutti, tra pochi giorni ti ricorderai il tuo nome, é l'unica cosa che ci lasciano>> Alby si alzò facendo leva sulle ginocchia e mi fece cenno di seguirlo.
Mi alzai e le gambe, come tutto il resto del corpo, tremavano, mi sentivo come un cane bagnato.
Al mio contrario, il ragazzo sembrava che conoscesse il posto come le sue tasche.
<<Dove siamo? Perché siamo qui? Perché siete tutti ragazzi? Fate del male alle ragazze?>>
Mentre Alby camminava, lo seguivo come ipnotizzata.
<<Wow, calma fagio, una domanda per volta. Come ti ho detto prima, questa é la Radura, io sono Alby, il capo e il mio vice al momento sta avendo un problema e non può essere qui, tranquilla, non facciamo del male alle ragazze, anche perché tu sei la prima>>
<<Non hai risposto all'ultima domanda, perché siamo qui?>>
<<Bhe fagio, la domanda giusta sarebbe, chi ci ha messo qui? Ma purtroppo non so dirti molto, noi li chiamiamo i Creatori, una volta a settimana ci mandano le provviste, anche se la maggior parte delle cose le facciamo qui, e una volta al mese, arriva un nuovo fagiolino, ma in questo caso, sei arrivata tu, una fagiolina>>
Senza che me ne rendessi conto, eravamo davanti alla stanza da cui ero arrivata, tutti gli scatoloni erano stati portati fuori, erano per la maggior parte scatole di legno, con sopra scritte sette lettere C.A.T.T.I.V.O.
Rassicurante.
<<Cosa sono quelle lettere?>> Chiesi ad Alby, che nel mentre, confabulava con un ragazzo dai capelli rasati, notai una cicatrice che partiva dal suo occhio sinistro per arrivare fino al naso, chissà come se l'era procurata.
Riposizionò lo sguardo su di me, ringraziando il ragazzo.
<<Catastrofe Attiva Totalmente, Test Indicizzanti Violenza Ospiti alias, i creatori>>
Disse non curante, altra cosa rassicurante.
Notai che solo una scatola era di cartone.
<<Quella, é la scatola con le tue cose, é stranamente più grande del solito, ma potrai capire i motivi, non preoccuparti, la prenderemo dopo. Ora seguimi, non c'è tempo da perdere.
Allora, ci sono tre regole, la prima fai la tua parte, non abbiamo tempo per i fannulloni, seconda regola,non attaccare mai un altro raduraio, non c'è bisogno di iniziare battibecchi inutili, e ultima, ma più importante non oltrepassare mai quelle mura, mai, chiaro? chiaro??>>
Annuí.
<<Cosa c'è la fuori?>>
<<Lo scoprirai, domani inizierai a provare i vari lavori; medicali, che in pratica sono i nostri dottori,cuochi che potrai capire cosa fanno,insaccatori coloro che si occupano dei morti, spalatori quelli che non sanno fare niente e puliscono, costruttori colori che costruiscono e qualcos'altro che sicuramente ho dimenticato, direi di escludere le ultime tre>>
<< E perché?>>
<<Bhe perché...sei una ragazza>>
Mi fermai e Alby si girò a guardarmi.
Quel maschilista pensava seriamente che io non fossi in grado di fare qualunque cosa quei tipi facessero? Questo era molto maschilista.
<<Non vedo dove sia il problema, proverò anche quelli>>
Il ragazzo rise e buttò la testa all'indietro.
<<Come vuoi fagio>> disse facendo spallucce.
<< E smettila di chiamarmi fagio>>
<<E come dovrei chiamarti?>> Mi rispose divertito.
Effettivamente, non risposi e sbuffai, prima o poi avrei ricordato il mio nome, come tutto il resto.
<<Dai fagiolina, prendiamo le tue cose, vorrei evitare che qualche testa di sploff stanotte decida di infilare il suo->>
<<Ho afferrato il concetto>> lo interruppi.

Poco dopo arrivammo davanti ad una grande casa che sembrava molto instabile, fatta totalmente di legno.
<<Quella da dove sei arrivata la chiamiamo la Scatola e questo é il Casolare, seguimi>>

*Spazio autrice*
Ehi fagio, benvenuti nel primo capitolo di questa storia, sono qui solo per ricordarvi di commentare e votare se il capitolo vi é piaciuto.
A presto!

C.A.T.T.I.V.O. non è buonaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora