Capitolo 8

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Quando arrivo al villaggio, la città si presenta opposta a come l'ho vista ieri. Le strade continuano a essere deserte, mentre le case sono piene di gente e pullulano di vita. Dietro le finestre, elfi di tutte le età danzano nei loro soggiorni, sia i bambini che gli adulti saltano e si rincorrono per le stanze, sembrano così pieni di energia, incuranti della tarda ora. È strano, sia su Torenia che su Jawes, le persone dormono a quest'ora, mentre qui sono tutti svegli e allegri... addirittura, sembra che stiano festeggiando qualcosa.

Timorosa di interrompere qualche festa importante, blocco quell'instantanea curiosità che si fa strada dentro me di bussare a qualche porta e intrufolarmi a una festa, e continuo a camminare verso l'edificio principale, lasciando alle mie spalle la città.

Sorpresa, noto che la porta d'ingresso è aperta e da dentro arriva una dolce melodia. Varco la soglia e vedo che la sala è vuota, solo poche candele accese qua e là illuminano le scrivanie colme di libri. Mi avvio verso il corridoio, in direzione della stanza di Siloetta. Anche la sua porta è aperta e la musica, melodica e armoniosa che arriva da là dentro, sembra invitarmi ad entrare.

«È molto bella la vostra musica» sussurro, non appena vedo Siloetta seduta davanti a un'arpa. Le mie dita sfiorano la scrivania piena di fogli e, con cautela, avanzo fino alla poltrona vicino al camino acceso.

«Mi rallegra il fatto che vi piaccia» sorride.

«È un suono che trasmette quiete e benessere» aggiungo mentre mi siedo.

«Mmh... sento che emanate una nota di nostalgia Erina».

«È vero, mi rammenta qualcosa di dolce, di positivo. Una bella sensazione». La guardo muovere delicatamente le sue lunghe dita lungo l'arpa fino a suonare la nota conclusiva.

Siloetta si raddrizza e mi guarda con occhi pieni di lacrime. «Ero solita suonarvela quando eravate bambina. Passavate molto tempo in queste terre. Tutti ci rallegravamo molto quando Jugo vi portava con sé». I suoi occhi non riescono a reggere il pianto e presto si riempiono di lacrime innocenti.

Quindi mi sta dicendo che venivo qui quando ero bambina? Non ricordo nulla riguardo questo posto... ma, in fondo, è inutile porre delle domande. Lei percepisce tutto e so che quando sarà pronta, sarà lei a raccontare parte del mio passato.

«Mia dolce Erina, Jugo vi ha insegnato molto bene ad essere modesta. Non siate arrabbiata con lui» mi consola, asciugandosi le lacrime con un fazzoletto di stoffa verde acqua. «Un pezzo alla volta e riuscirete a ricomporre l'intero puzzle, scoprirete che questo mondo è così bello, ma così complesso che tutti noi abbiamo ancora tanto da imparare... il viaggio è lungo e questo è solo l'inizio... Ma sappiate, nel profondo del vostro cuore, che non siete sola».

Le sorrido senza aggiungere altro. Le sue parole suonano così rassicuranti e dolci che tutto sembra essere un bellissimo sogno.

Questo pianeta è così in pace con sé stesso che anche gli animali comunicano con gli umani senza un minimo di paura, è come se non avessero ragione di averne. Ogni singola molecola di ogni singolo elemento si trova in completa armonia. È così puramente magnifico.

Siloetta si alza dalla sua postazione e mi abbraccia affettuosamente.

«Vi attendono tante cose, e sarete più forte di quello che immaginate. Ora è meglio che andiate a dormire» suggerisce, accarezzandomi soavemente il viso.

«Siloetta...» aggiungo con un filo di voce. «Volevo chiedervi come mai il popolo non sta riposando a quest'ora della notte... Mentre mi recavo qui da voi ho visto le case illuminate e gli elfi erano in piedi e si muovevano, e danzavano...» la guardo con occhi innocui, pieni di curiosità.

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