Capitolo 17

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Mi alzo dalla poltrona, incapace di continuare a reggere lo sguardo di Jugo. Mi affaccio alla finestra e vedo Etnor svolazzare in alto nel cielo, incurante dei piccoli tornadi che riesce a creare continuando a volare in cerchio.

"Etnor, che cosa dovrei fare?" Domando via pensiero a Etnor, sperando che Jugo abbia almeno la decenza di lasciarmi libera di comunicare con il mio drago.

"Non ha senso essere arrabbiati. L'ira non ti porterà mai da nessuna parte. Anzi. Continuare a tenere il muso contro di lui non ti aiuterà a sistemare il passato e nemmeno a cambiarlo. Jugo avrà sbagliato a mentirti, a mentire a tutti noi, ma noi abbiamo la possibilità di scegliere adesso. Possiamo scegliere se escluderlo dalla nostra vita, oppure perdonarlo. Se il passato è davvero come lui lo ha descritto, se Re Toren, tuo padre, ha cercato davvero di sistemare le alleanze tra i diversi popoli, in un modo che forse nessuno prima di allora ci era riuscito, e se con grande rispetto nei suoi confronti, Jugo ti ha tenuto all'oscuro perché tuo padre ha scelto così, allora sì, per quanto tutto questo possa essere doloroso, lo si può perdonare". Etnor sputa una piccola fiamma verso il cielo, illuminando per una frazione di secondo lo spazio sopra la fitta foresta.

Mi giro verso il maestro, che non si è mosso neanche di un centimetro.
Ora capisco perché ero stata chiamata da Jawes per proteggere anche Torenia. Jawes ha creato una fiaba intorno alla mia esistenza, dicendo al mondo di avermi trovato sulla pietra sacra di Jawes, era destino che fossi io a governare quel pianeta. Ma quel pianeta è sempre stato un caos, così avanti con le tecnologie, ma così indietro con i principi umani. Non avrebbero mai tollerato che una bambina, trovata sopra una roccia, e dunque lasciata da chissà quale povera famiglia che non aveva abbastanza soldi per poterla accudire, potesse governare il loro pianeta.

Avevano bisogno di una figura autoritaria, di un leader, di uomo forte, coraggioso, che non avesse avuto paura neanche di un ragnetto, di un uomo volenteroso, trovato su una roccia, non perché abbandonato, ma perché donato dall'universo, come segno di ricrescita, di speranza, affinché Jugo potesse prendere il comando di Torenia, perché Torenia era stata lasciata senza eredi, perché mio padre non poteva sapere l'esito di quella battaglia, non poteva sapere se avrebbe vinto o meno, e se avesse perso, non si sarebbe mai perdonato che sua figlia fosse uccisa dal nemico. Dell'esistenza di sua figlia, nessuno doveva sapere, e Jugo non poteva di certo abbandonarmi, ma in cuor suo, sapeva che io ero nata per governare, avevo il sangue del re, e non avrebbe mai permesso di farmi crescere lontano dai miei diritti, dai miei privilegi.

E adesso devo salvarlo io, devo ricambiare il favore, devo proteggerlo, perché sono la figlia di Re Toren, perché sono la sovrana di Jawes e ora anche di Torenia.

«Sapevate che non vi credevo quando parlavate delle mie origini» dico in un sussurro.

«Sì, ma non potevo farci niente...»

«Potevate solo fingere» dico, senza pensarci due volte. I suoi occhi mi mostrano un'ombra di delusione, ma è difficile accettare tutto quanto in così poco tempo. L'ira ribolle dentro le mie viscere e giuro di star facendo il possibile per tenerla a bada.

Qualcuno bussa alla porta ed entrambi ci giriamo verso l'entrata. Un nodo si forma alla gola. Se prima volevo che Siloetta rimanesse con noi, adesso vorrei solo poter passare più tempo da sola insieme a Jugo.

«Avanti!».

Siloetta sporge la testa fuori dalla porta e ci lancia un'occhiata provocatoria. Quando capisce che la stanza non è stata messa sottosopra, entra con tutto il suo corpo e si chiude la porta alle spalle.

«Mi fa piacere che siate riusciti a conversare civilmente», dice piano, come se avesse paura di rompere un equilibrio precario. Prende una teiera dalla scrivania e versa un liquido arancione su tre tazzine poste sopra un vassoio di paglia.

La figlia dell'universoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora