Chiocasrie & il corruttore di anime

Capitolo 2

Tutti pensano che fare il primo passo sia l'ostacolo più grande da superare,
nessuno parla del secondo, terzo o decimo passo.
Non credo che la vita si semplifichi andando avanti.
Ogni passo ha le sue difficoltà.

Anno 879 p.f.

Alkaid, figlio delle stelle, originario di αστερισμός (Asterismos), varcò la soglia della Fourelm, l'accademia della manipolazione e della fortificazione dell'Anima, per iniziare il suo quinto e ultimo anno di studi. Quel luogo, un tempo il suo posto preferito al mondo, ormai non era altro che un ammasso di mura, finestre, aule e stanze. L'unico motivo per cui non aveva abbandonato gli studi, e aveva deciso di firmare i moduli di iscrizione all'ultimo anno, era il suo gruppo di amici e l'idea di poter ancora fare qualcosa per Alioth.

Rimettere piede in quei corridoi era come camminare nei ricordi. Scansare gli studenti che correvano gli veniva naturale, come allacciare le scarpe o sfogliare un libro. Con la luce che penetrava dalle finestre, il vento che accarezzava i vetri e gli alberi che scuotevano le chiome come vecchi amici che salutavano i ragazzi appena tornati, Alkaid si diresse su per le scale e ignorò, come poteva, le voci che sembravano perseguitarlo.

Quando sollevò lo sguardo, si accorse di esser giunto di fronte alla porta della sua vecchia stanza. Senza nemmeno rendersene conto, i muscoli avevano riprodotto i movimenti a cui si erano abituati l'anno precedente e lo avevano portato lì. Con una serie di flashback, al pari di una pellicola che gira su se stessa per esser poi riutilizzata, rivide gli eventi più significativi passati in quella camera, tra quei corridoi, con ragazzi che probabilmente lo stavano aspettando altrove nell'accademia. Si era ritirato tre settimane prima della fine delle lezioni, l'anno precedente. Aveva lasciato la Fourelm senza dare spiegazioni a nessuno, senza giustificare quel suo allontanamento e senza nemmeno rifare i bagagli. Le valigie gliele aveva recapitate l'accademia appena cinque giorni dopo essersene andato.

Si girò, dando le spalle alla porta, su cui ancora era evidente un'ammaccatura a pochi centimetri dal pavimento, e si tastò le tasche alla ricerca del foglietto su cui aveva appuntato il numero della stanza che gli sarebbe appartenuta durante l'anno di Larimar. Era consuetudine cambiare alloggio ogni anno, ma non il compagno di stanza, motivo per cui già sapeva chi lo avrebbe aspettato fuori della porta fino al suo arrivo.

Inspirò profondamente, non tanto per riprendere il controllo su se stesso, anche se ne aveva sicuramente bisogno, ma per percepire nei polmoni di nuovo quell'aria leggermente fresca e dal sapore di muschio che aveva la Fourelm. Forse per la vicinanza al bosco o al lago, forse perché all'interno di quell'edificio c'erano molti studenti che si esercitavano a manipolare la crescita delle piante, fatto sta che l'aria in quel posto aveva un sapore tutto suo.

Gli passò davanti un gruppo di studenti dell'anno di Ametista e finse di non vederli. Erano in quattro, chiacchieravano animatamente, come loro solito, e probabilmente stavano già pensando a che guaio combinare per far arrivare sull'orlo dell'infarto la professoressa Elodea, insegnante di Storia dell'isola, donna ormai prossima al pensionamento, se quel gruppetto di ragazzi del terzo anno non fosse riuscito a metterla fuorigioco prima.

Un tempo, anzi, fino all'anno precedente, erano stati lui e i suoi amici il gruppo degli scapestrati, quelli che facevano perdere la testa ai professori, che conoscevano quasi tutte le punizioni utilizzate nell'accademia e che avevano l'onore di esser stati i primi ad aver reso possibile la chiusura dell'edificio per tre giorni per "disinfestazione e pulizia ambienti". Quello scherzo era costato loro un esame in più rispetto ai loro compagni, ma ne era valsa la pena.

Finalmente, Alkaid trovò il foglietto con sopra l'appunto scritto in modo disordinato e gli tornò in mente la sua voce.

«Scrivi talmente male che ogni tanto ho il dubbio che tu provenga da una sesta isola ancora non scoperta. Sei straniero, Kai?».