𝐐𝐔𝐀𝐓𝐓𝐑𝐎

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Madison aveva indossato quell'abito nero che aveva chiuso nell'armadio e avrebbe pagato oro pur di non metterlo più.
Indossarlo, infatti, voleva dire 'lutto'.
Tutta la famiglia era vestita in nero, ma in faccia erano bianchi come stracci. 

Giunsero al cimitero - chiuso al pubblico per quell'ora di commemorazione, visto che attirava un sacco di persone famose, per questione di ordine pubblico e anche e soprattutto di privacy - e mentre suo padre rimase sulla soglia per poter accogliere chiunque arrivasse, visto che alla fine la maggior parte di gente che sarebbe arrivata era perché conosceva Xana tramite lui - o perché compagni di squadra quando allenava o perché era gente che passata sotto la sua guida tecnica - mentre la madre e i tre figli si avviarono già verso la tomba e si accomodarono sulle poche sedie portate vicino alla lapide - una decina, per i più stretti.

Attesero forse una ventina di minuti che arrivassero tutti; Madison fissò il vuoto per tutto quel tempo, alzandosi in piedi per stringere la mano e sorridere tirata a coloro che arrivavano: giunsero gli ex compagni di suo padre Luis Figo e Xavi - tra l'altro, attuale allenatore del Barcellona -, poi  Andres Iniesta e Ivan Rakitic, nella rosa blaugrana nel triennio di panchina di Luis Enrique.
Arrivò Ferran, che raggiunse a passi svelti Sira e si sedette a fianco a lei, lasciando che si abbandonasse contro la sua spalla per piangere senza riuscire a trattenersi.

Arrivò il prete, che avrebbe presieduto la predica in onore della piccola Xana, e a quel punto rientrò anche suo padre avvicinandosi alla famiglia, mentre dietro di lui, in gruppo, arrivarono alcuni ragazzi della nazionale spagnola - Madison si stupì di vedere Alvaro Morata con Alice, Koke, Carvajal e Asensio direttamente da Madrid, che nonostante la rivalità col club, erano convocati fissi in nazionale e quindi Luis Enrique li conosceva bene, così come anche Madison - e poi la rosa del Barcellona, di cui molti erano peraltro convocati in nazionale.

Madison guardò di sfuggita i suoi amici arrivare - ormai, i giocatori del Barcellona erano praticamente come amici per lei - ma abbassò subito gli occhi, che le caddero sulla fotografia di Xana davanti alla torta del suo quinto compleanno. Deglutì il nodo alla gola e rivolse la sua attenzione al prete, che stava iniziando a parlare, cercando di prestare attenzione ma fallendo miseramente: lo udiva in lontananza nominare la vita, la malattia e la spensieratezza, interconnesse in un modo che non riuscì a capire, mentre la sua mente vagava chissà dove e le sue orecchie erano occupate solamente dai singhiozzi di Sira abbandonata contro Ferran, seduto accanto a lei.
Le si strinse lo stomaco sentendola così; chiuse gli occhi per un attimo e buttò fuori l'aria, dicendosi che avrebbe pagato l'impagabile, a quel punto, pur di piangere anche lei, in modo da sfogare il dolore che aveva e che, non riuscendo in quel momento a piangere per assenza di lacrime - un dolore così grande capace in modo inspiegabile di annullarsi da solo -, non faceva altro che toglierle il fiato e farla stare ancora peggio.
Pacho, in piedi dietro di lei, le posò le mani sulle spalle e gliele accarezzò con dolcezza: Madison girò un poco la testa e, visti i suoi occhi lucidi, ma non volendo piangere per dimostrarsi forte fino all'ultimo, reclinò un poco il capo per poggiarlo contro il suo petto.

Nelle due sedie più vicine al microfono stavano invece suo padre e sua madre la quale, non appena il prete ebbe finito la sua lunga predica, prese la parola leggendo una lettera di cui Madison non riuscì ad ascoltare molto - anche se, in realtà, visto che l'avevano scritta loro cinque insieme, sapeva a grandi linee cosa ci fosse scritto.

Dopo di lei intervenne Luis Enrique, con un discorso non tanto lungo quanto difficile da articolare per i singhiozzi e le lacrime che cercava di nascondere, per rivolgere ringraziamenti e gratitudine a tutti i presenti.

Madison strinse nella mano sinistra il foglietto sul quale aveva scritto qualche frase: nonostante i suoi buoni propositi, che la vedevano prendere la parola dopo suo padre per leggere quel pensiero rivolto a sua sorella, dovette rinunciare; Luis, infatti, rivolse uno sguardo alla figlia, chiedendole solo con gli occhi se volesse prendere il microfono e parlare, ma lei scosse il capo ripetutamente, stringendo sempre più il foglio tra le mani, spiegazzandolo: l'ansia da prestazione era risalita improvvisamente, e l'idea di parlare di Xana di fronte a tutta quella gente le spezzava il cuore.
Non l'avrebbe fatto, neanche quell'anno. Si disse che prima o poi ci sarebbe dovuta riuscire, a superare non solo la sua morte ma quel senso di colpa ed oppressione che la attanagliavano ripensando al periodo in cui i giornali avevano alimentato odio contro di lei e la sua famiglia con voci false, nei giorni immediatamente successivi al funerale.
Leggere quel pensiero sarebbe stato il passo che avrebbe sancito il superamento di tutto, ma non era ancora pronta a farlo. Non davanti a tutti. Forse in privato, per quell'anno sarebbe bastato così.

𝐅𝐈𝐗 𝐘𝐎𝐔 || Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora