CAPITOLO 6 (Parte 2)

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Alessandro 

Strizzo gli occhi quando il mio sonno viene interrotto dal suono del campanello prima ancora che da quello della sveglia. Ho dimenticato di abbassare la tapparella, ieri sera, e dalla finestra riesco a vedere i primi raggi dell'alba che schiariscono il cielo ancora tinto dei residui del blu scuro della notte.

Chi diavolo sarà a quest'ora?

Mi tiro su, infilando la felpa lanciata in fondo a letto prima di affondare nel materasso sperando di mettere a tacere gli ultimi pensieri sopravvissuti al getto di acqua bollente, e apro la porta con gli occhi ancora mezzi chiusi per il sonno e una mano a coprire uno sbadiglio, mentre il mio fedele guardiano peloso scodinzola al mio fianco.

"E tu saresti il signore della notte? Ero quasi intimorita dalla compagnia che avrei trovato passando e invece guardati, fai quasi tenerezza." Mi prende in giro Asia, mentre si infila in casa mia lasciando una carezza ad Ares, che arriccia il naso avvertendo l'odore di dolce che proviene dal sacchettino bianco nell'altra mano della mia migliore amica.

"Ahimè, sto invecchiando. Pare che io non sia più in grado di mischiare lavoro e alcol." Le rispondo, mentre i miei neuroni riprendono gradualmente a carburare in modo discreto. Impossibile sperare in una funzionalità decente prima della consueta dose di caffeina, ovviamente. "Tu invece che ci fai già in giro a quest'ora?"

"Il mattino ha l'oro in bocca. E ne ho approfittato per portarti una brioche per colazione. Mi sa che dovrò strapparti un caffè, però." Replica lei, strizzandomi un occhio. Non mi sfugge il fatto che nonostante l'abbigliamento non faccia una piega, i suoi riccioli siano raccolti in una coda meno ordinata del solito e le palpebre rechino tracce di mascara sbavato.

"Non hai dormito a casa, immagino."

"E non è la cosa più comoda del mondo, quando il giorno dopo devi lavorare. Perciò, oltre al caffè, ti sequestrerò anche il bagno per una doccia, prima di uscire. Vieni a fare colazione, intanto, o devo mangiare tutto io?"

La seguo in cucina, con Ares al seguito, e mentre lei si libera di sciarpa e cappotto e riempie il tavolino per quattro di quello che serve per la colazione, io mi occupo di trafficare con la macchinetta del caffè.

"Va tutto bene?" Le chiedo, tentando di apparire il più discreto possibile, mentre servo ad entrambi una tazza del caffè più ristretto che sia riuscito a ricavare. Non sarò la persona più sensibile del mondo, ma so quanto Asia detesti apparire fragile. Eppure, il fatto che sia venuta qui invece di andare a casa a farsi una doccia prima del lavoro continua a non convincermi.

"Magari sto solo invecchiando anch'io." Risponde lei, tirando via con le dita un pezzetto di brioche che scompare tra le sue labbra un attimo dopo.

"Devo far finta di non sentire la nota di amarezza nella tua voce o chiederti che succede?"

Se non altro, la mia domanda le strappa un sorriso, e i suoi occhi verdi mi guardano timidamente, prima di tornare alla sua tazzina ancora piena. "È che... Ti è mai capitato di sentirti... Come se questo modo di vivere le relazioni ti stesse... Non lo so... Stretto?"

"No." Le rispondo sinceramente. "Ma penso di doverlo considerare un regalo del mio passato, e riesco senz'altro a capire il tuo punto di vista."

Asia sospira, fissando un punto indefinito della cucina grigia alle mie spalle. "Non lo so. È che non ho mai sentito il bisogno di avere qualcuno di stabile al mio fianco. Ho sempre pensato che le relazioni fossero una sorta di prigione. Ma adesso, ogni volta che esco da un letto che so di non dover più rivedere, mi sento come se fossi... vuota. E mi chiedo come sarebbe, aspettare la luce dell'alba per incrociare degli occhi che..." Scuote la testa con una mezza risata. "Scusa, sto delirando. È che ho dormito poco, sono in ritardo e ho bisogno di una doccia. Non so nemmeno perché sono venuta ad importunarti a quest'ora di mattina."

Allungo una mano sul tavolo per toccare la sua. "Non è importante il perché, è importante che tu sia venuta. Non è così che si dice, che gli amici veri sono quelli che ti restano vicino quando sei al tuo peggio?"

"Beh, grazie mille per aver regalato due centimetri di altezza alla mia autostima." Scherza lei, tentando di tornare a nascondere quella vena di vulnerabilità dietro la solita maschera di sarcasmo. Forse è per questo che siamo rimasti amici per tanti anni, perché siamo tra le persone più simili che esistano su questo pianeta.

"Non hai bisogno dei miei complimenti per sapere di essere bellissima. E non hai bisogno di lasciare letti vuoti alle tue spalle per sentirti forte. Le relazioni non sono una prigione, sono una specie di bolla di felicità. Ed è vero che infilartici vuol dire correre il rischio che scoppi, ma la tua corazza è sufficientemente dura da poterlo sopportare."

Le sue spalle si alzano e abbassano vistosamente una seconda volta. "Non credo che sia questo il mio unico problema. Temo... che ci sia dell'altro, oltre alla paura di dover scendere a compromessi con la mia libertà e di ricevere un cuore spezzato in cambio."

"E sarebbe?"

Lei non mi guarda, si limita a giocherellare con le ultime briciole di brioche, e quando torna ad alzare gli occhi, non c'è più alcun varco nelle solide iridi color smeraldo. "Niente, lascia perdere. Per oggi ne ho dette fin troppe."

Come sempre, rispetto la sua decisione e i suoi tempi. Non ha bisogno che io lo dica, per sapere che mi trova qui, di qualunque cosa abbia bisogno. "Agli ordini. Va' a farti una doccia, intanto che io penso alla cucina. Ti do un passaggio al lavoro, prima di andare in ufficio."

"Non voglio disturbarti ulteriormente, ti ho già svegliato prima della tua sveglia."

"E mi hai portato una brioche al cioccolato, nonché la mia preferita. Su, vai, se non perdiamo tempo arriveremo in orario entrambi e la tua notte brava non avrà ripercussioni."

"Ale?" Mi richiama, mentre lei ha già un piede oltre la soglia della cucina e io sto radunando le nostre tazze.

"Dimmi."

"Grazie, sul serio." Mi dice, regalandomi un sorriso.

"Non farlo, sai che mi riprendo indietro tutto con gli interessi, prima o poi."

"Ah beh, aspetto con ansia il momento in cui potrò darti consigli sentimentali." Ride lei, ma c'è una nota stonata nella risata sempre perfettamente melodica, anche se non dura a sufficienza perché io identifichi di cosa si tratti.

"In effetti, per questa volta potrei dover essere altruista sul serio."

Altro sorriso, e lei scompare dalla mia vista, diretta in bagno.

"Adesso mi occupo anche di te." Mi rivolgo ad Ares, che continua a fissarmi ai piedi del tavolo con due occhioni che si domandano che fine abbiano fatto le sue crocchette della colazione.

Nonostante lo strano esordio, la mattinata riesce comunque a proseguire senza grossi intoppi. Asia lascia la mia macchina ben dieci minuti prima dell'inizio della sua giornata lavorativa, con un aspetto decisamente più fresco di quello con il quale si è presentata da me all'alba –per quanto la ragazza abbia dalla sua la capacità di saper indossare alla perfezione qualunque look-, e anch'io riesco ad arrivare al lavoro in perfetto orario. Ho persino il tempo di mandare giù un bicchiere della sottospecie di caffè servitaci dal distributore, prima di mettermi all'opera con le mansioni di oggi. Prima fra tutte, mandare un messaggio. Ripreso possesso del mio autocontrollo e liberatomi di pensieri devianti dall'aria spaventosa, mi sento pronto per riprendere il mio piano.

"Buongiorno, Mia. Mi auguro tu abbia passato una buona giornata ieri. Ero tentato dal proporti un aperitivo, ma per imprevisti dell'ultimo minuto ho dovuto rinunciare. Che ne dici di due chiacchiere dal vivo, oggi, dopo l'università?"

E poi mi sento in dovere di aggiungere: "Non farmi tenere le dita incrociate troppo a lungo, mi servono libere per il lavoro!"

E non sto nemmeno mentendo, perché l'indice e il medio della mia mano sinistra sono davvero accavallati l'uno sull'altro. Non di certo per romanticismo, ovviamente, ma questo lo so solo io. 

Come sta andando la lettura? :) 

Quando si inciampa in una storia d'amoreWhere stories live. Discover now