CAPITOLO 8 (Parte 2)

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Alessandro 

Ciao, Mia. Non sono uno stalker, lo giuro, ma sono giù a casa tua, sai... Passavo di qui, avevo del cibo in macchina...

No, così il cibo sembra vecchio di una settimana e io sembro uno stalker sul serio.

Ehi. Ti ho portato qualcosa da mangiare, ho pensato che con la sessione potesse farti comodo...

Ancora peggio. Sembra che io la reputi incapace di gestire la sua vita, e poi do l'impressione di essere passato solo a lasciarle la cena.

Mia, sono giù da te. Sai, non avevo particolari impegni stasera e ho pensato a una cena insieme.

No, non va nemmeno così. Pare che sia stata la mia ultima spiaggia e a nessuno fa piacere sentirsi l'ultima delle alternative.

Poggio la nuca contro il poggiatesta in pelle della mia macchina, inspirando per immettere aria nei polmoni. Non mi è mai sembrato che ce ne fosse meno, in quest'abitacolo. Beh, tranne l'altra sera, quando le mie dita si sono prese la libertà di sfiorare la pelle lentigginosa del viso di Mia, che, come da prassi, si è arrossata di quel timido imbarazzo che le colora il volto ogni volta che ci tocchiamo anche solo per sbaglio.

Altro respiro, altra dose d'ossigeno.

Così decisamente non va. Quando mai ti sei ritrovato seduto in macchina a rimuginare su come invitare una ragazza a cena?

Hai ragione, ma non c'è mai stata in gioco qualcosa che avesse a che fare col lavoro. È normale che sia teso, lo si è sempre di fronte alle cose a cui si tiene.

Però, saggia quanto ottusa, dato che non ti rendi conto che le cose a cui tiene ultimamente sembrano leggermente confuse...

Metto a tacere le due voci nella mia testa, chiedendomi quanto ci metterò a finire ricoverato in un reparto psichiatrico di questo passo. Ho il sospetto che non mi restino così tanti istanti di libertà.

Motivo in più perché io la smetta con questi inutili rimuginii. Asia ha ragione, qui il cuore non c'entra niente e io non posso farmi male. Conto fino a tre, poi seleziono col pollice il numero di cellulare di Mia e mi porto lo schermo piatto contro l'orecchio.

Al terzo squillo nel vuoto, comincio ad immaginarmi mentre consumo una doppia porzione di cena cinese spiaggiato sul divano, con Ares che mi osserva nella speranza di strapparmi un boccone con la forza del pensiero.

"Alessandro?" La voce di Mia, dall'altro lato della cornetta, interrompe le mie fantasie. Ha l'aria sorpresa. Ed è la prima volta che mi chiama per nome. Non so perché ci faccio caso, forse perché il mio nome sulle sue labbra è più piacevole di quanto mi aspettassi. Labbra che potrebbero essere piacevoli a loro volta, se...

"Sì, hm... Sono io." Perfetto, sembro un bambino che cerca di nascondere di aver mangiato l'ultima fetta di torta con le labbra ancora sporche di cioccolato. Mi passo una mano tra i capelli, chiedendomi cosa diavolo stia succedendo al mio fedele e lodato autocontrollo. Doveva proprio andarsene in ferie adesso senza neanche avvertirmi?

"È successo qualcosa?" Mi chiede, provando ad interpretare la mia esitazione. Me la immagino con le sopracciglia scure aggrottate e le lentiggini che si corrucciano per la preoccupazione e non riesco a trattenere un sorriso, che rimane al sicuro nell'oscurità dell'abitacolo.

"Niente di brutto. Sei a casa, stasera?"

Posso immaginare i suoi neuroni che si cimentano nella ricerca di una scusa anche senza guardarla in faccia.

"Niente bugie, tanto non sai dirle perciò sono anche inutili." La prendo in giro.

"Sì, sono a casa." Si arrende. Un punto per Asia. "Sto studiando, ho un esame a breve e..."

Quando si inciampa in una storia d'amoreWhere stories live. Discover now