Dieci

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«Avete parlato?» chiese Elisabeth la mattina successiva non appena Max varcò la soglia di casa.

Prima che uscisse, quasi non parlammo. Mi diede giusto il buongiorno. Ed io non volli forzare la mano.

«Non tanto.»
«Porta pazienza.»
«Si. Come stai?»

«Tu, Elide, chiedi a me come sto?»
«Porti in grembo il bambino che dovrò far passare per mio, devi stare bene per forza e ti conviene che sia bello e sano. Stronza.» la sua ironia mi irritò.

«Ora ti riconosco!» disse ridendo.

Proprio non la capivo, stavo cercando di essere cordiale ma lei sembrava voler cercare in tutti modi di cercare la lite. Purtroppo per lei, non avevo molta voglia di perdere energie in discussioni inutili.

Il padre aprí la bocca per intervenire. Pensai che come minimo aveva intenzione di proporre qualche dolce particolare della loro cultura, per fare da paciere, ma in quel momento non avrebbe funzionato. Così dissi irritata «Non fa niente, me ne vado in camera.»

Elisabeth mi lasciò in pace per almeno un quarto d'ora, poi come se fosse più forte di lei, bussò per chiedere il permesso di entrare in camera.
«Posso?» chiese in un filo di voce.
«Entra.» ero scocciata e si sentiva dal tono di voce.

«Non voglio pretendere di sapere tutto ciò che accade tra te e Max, volevo solo rassicurarti e dirti che se noi abbiamo capito la situazione in cui si trovava, non vedo perché non debba farlo anche tu.»
«La situazione mi è chiara. Penso sia normale che venendo a conoscenza della situazione in quella maniera, con lui che mi urla contro mi abbia sconvolta ancora di più. Il vero problema è che non penso si voglia confidare con me. E vorrei sapere tutto. Del resto mi ha messa in mezzo a questa situazione.»

«Voleva solo proteggerti da quelle informazioni. Se potessi le dimenticherei io stessa.»
«Perché tu sembri meno scossa di lui?»

«Fidati, ho passato un periodo tremendo col terrore che riaccadesse all'infinito. Forse lo nascondo meglio solo perché ora mi sento più al sicuro, anche se non del tutto e tu non mi conosci abbastanza da notare quando ho momenti bui. Come fai con lui. Lo guardi e sai cosa sta provando. E viceversa. Avete la fortuna di essere innamorati. È un bene che in molti non possono permettersi di questi tempi. Come tante altre cose.»

«Sei innamorata di un tedesco?»
«Anch'io sono tedesca!»

«Si, scusa. Non lo intendevo in quel senso. Era per capire se avessi un fidanzato che non puoi più vedere.»

«No, un fidanzato no. Però sono stata cotta di un ragazzo, non molto tempo fa. Non sembrava ricambiare. Ma in ogni caso non avrei mai potuto averlo. Ma fidati è stato meglio così. È un lurido maiale.»

«Chi?»
«Lo conosci.»

«Avrei giurato provassi qualcosa per Maximilian, ma "lurido maiale" non gli si addice.»
«Certo che no, sciocca! Non ti dirò il nome. Però se vuoi ti racconto la storia.»
«Ovvio. È da troppo tempo che nessuno mi racconta pettegolezzi. Sappi però che poi il nome lo scoprirò!»

«C'era questo ragazzo a scuola, molto bello. Il suo atteggiamento era un po' da strafottente. Ma faceva tutto parte del suo fascino.»

«Hai appena descritto metà dei ragazzi dell'istituto. Sono tutti cloni. Dammi qualche indizio in più.»
«Sh! Se chiedi altro non ti racconto più niente.»
Alzai gli occhi al cielo. «Sei perfida. Tu ti sai chi è il ragazzo per cui batte il mio cuore.»
«Non fare la stupida.» disse ridendo «Allora: ovviamente sapevo il nome di quasi tutti gli alunni dell'istituto ed ero già a conoscenza della sua presenza però non ci feci caso in quel senso fino a un giorno in cui lo vidi nel bagno delle ragazze intento a fumare una sigaretta.»

«Nel bagno delle ragazze? Già qui avresti dovuto capire che tipo fosse.»

«Gli chiesi subito perché si trovasse là e di andare a fumare altrove. E lui sai cosa fece? Mi fece cenno di stare in silenzio, buttò la sigaretta dalla finestra poi mi fece un occhiolino e se ne andò. Non so perché ma sentii le farfalle allo stomaco.»

«Stai male! Non mi avrebbe mai conquistata un tipo del genere.»
«Da lì in poi è stato tutto un susseguirsi di sguardi rubati e sorrisi da lontano. È tutto ciò durò almeno un mese. Pensavo di piacergli ma pensavo che fosse timido anche se non lo dava a vedere coi suoi comportamenti. Mi scrisse anche un bigliettino con un banale "sei graziosa". Un giorno mi chiese se la sera mi sarebbe piaciuto andare a vedere al cinema uno stupido film propagandistico di cui non ricordo nemmeno il titolo. Fui talmente stupida da dire sì, pur di uscire con lui. Quando pensavo mi stesse per dare un bacio mi guardò attentamente e disse «Peccato che tu sia ebrea.» Vorrei dire che finì così, ma... il bambino è suo. E non perché ci amavamo e sdolcinatezze del genere. Dopo la prima violazione di domicilio, mio padre aveva paura di uscire e lasciare sole me e mia madre per andare a lavoro, pensava anche che non ne valesse la pena dato che in pochi ormai andassero da lui, io non sono più venuta a scuola. Perciò, tornando al discorso che ti ho fatto prima, sì, sei davvero fortunata. Hai un marito che vale oro, una grande famiglia unita e sei libera.»

«Quindi non hai mai fatto nulla? Nemmeno dato un bacio?»
«Esatto.» arrossì.
«Ed io che pensavo avessi un fidanzato con la quale stavi per avere un bambino, ma ti avesse lasciata. Se posso essere sincera non avevi la reputazione di ragazza casta.»

«Sai chi ha messo in giro questa voce?»
«No. Io lo so dai miei fratelli, loro sanno sempre tutto di tutti e meno male che la pettegola sarei io... comunque, dicevano che girasse voce che tu fossi una facile. Poi sei sempre stata un po' snob, come se avessi tutti ai tuoi piedi, perciò non mi è stato difficile crederci. Per questo motivo e ti assicuro che mi duole ammetterlo, ti avrei anche chiesto consigli se avessimo stretto amicizia. Dato che tanto avremmo vissuto insieme per mesi. Un po' come se fossi una sorella maggiore.» le sorrisi timidamente.

«Quindi tu e Max...?»
«No, niente!» risposi in fretta quasi come per cambiare discorso subito.
«Ho sempre pensato che già da prima di essere sposati.»
«No, no. Ma ormai tutti pensano che io sia incinta. Avresti dovuto vedere la faccia di mio padre.» ripensai al litigio e iniziai a ridere

«Avrei avuto paura di dire una cosa del genere a tuo padre. Mi ha sempre messa in soggezione. Ricordo anche come rimproverava i tuoi fratelli.»
«Allora devo essere molto coraggiosa perché quando voleva punirmi facendomi uscire meno ore gli ho urlato che nessuno aspetta che faccia notte per fare sesso.»
Scoppiammo a ridere insieme. In quel momento capii che Elisabeth non era poi così male, stava iniziando a starmi simpatica.

Poi disse «Chissà magari un giorno lontano, mi sposerò anch'io e ci rivedremo per spettegolare dei nostri mariti.»
«Avrai anche tu questa fortuna. Magari la situazione a breve cambia.»
«Perdo la speranza ogni giorno, sempre di più. Non tanto di sposarmi, ma di poter avere la vita che avevo prima.» poi si alzò e prima che tornasse in salotto si girò a guardarmi e disse «Lidi? Promettimi che se davvero cambierà tutto ci rivedremo anche solo per fare pettegolezzi sulle nostre vite»
Annuii «Certo!»
E con un sorriso tornò in salotto.

Più ci pensavo e più sentivo quanto mi facesse stare male la sensazione di impotenza che avevo. Era ingiusto. E poi, io non ero come Max, non avevo mai la risposta giusta al momento giusto. Spesso oltre a dispiacermi e stare zitta ad ascoltare non sapevo come consolare le persone.

Decisi di raggiungere Rafael ed Elisabeth e stare un po' insieme a loro.
Non avevamo grandi argomenti di cui parlare dato che erano ancora degli estranei per me e l'uniche cosa che mi vennero in mente furono tutte le delizie che cucinò in quei giorni il dottore.

«Scusi, signor Rosenthal ma come mai cucina così bene?»
«Dopo che io e mia moglie ci sposammo i figli tardavano ad arrivare. Elisabeth si è fatta tanto attendere. E io e la mia cara Brunhilde, che cucinava meravigliosamente passammo molto tempo in cucina. E qui lo faccio volentieri come segno di gratitudine per la vostra bontà.»
«Bene, buon per me! Io detesto cucinare. Penso che la terrò a vita qua.»

Ridemmo tutti e tre finché non sentimmo bussare forte alla porta.

Mi si gelò il sangue nelle vene. Non aspettavamo nessuno.

Il nostro più grande segretoWhere stories live. Discover now