Trenta

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Quella gravidanza fu più tranquilla. Non ebbi nessuna nausea. Non me ne accorsi neanche subito, come la prima volta. Mi sentivo letteralmente raggiante. Forse ero più pronta ad affrontarla.

Questo non mi impedì di trascorrere giornate di tristezza, poiché la mia serenità e prontezza mi fecero sentire nuovamente in colpa per la perdita del bambino nella gravidanza precedente. Spesso provavo timore di rivivere quei momenti terribili, che non avevo affatto dimenticato. Stavo solo cercando di andare avanti con la mia vita. Ogni tanto, anche prima di rimanere incinta una seconda volta, piangevo in segreto, perché quella ferita aveva lasciato un'impronta indelebile nel mio cuore.

Già nel gennaio del 1939, a due mesi dal compiere il suo primo anno di vita, Wilhelm iniziò a dire qualche parola.

«Hai sentito, Max? Ha detto "papà"!»
Emozionato rispose «Sono la sua prima parola.»
«Sai, a breve diventerai di nuovo papà.»
Mi guardò un attimo come se stesse ancora assimilando ciò che gli avevo appena riferito. Era già commosso dalla prima parola di Wilhelm e questa notizia lo fece piangere di gioia. In tutta risposta mi abbracciò forte. Aveva sofferto tanto anche lui ma aveva cercato di essere forte per entrambi, ora era il nostro turno di essere felici.

Marzo si avvicinò in un lampo, Wilhelm compì il suo primo anno di vita e dopo qualche giorno Max ne fece venti. Lo vedevo tutti i giorni, eppure mi accorsi in quel periodo quanto ora sembrasse più uomo. Aveva sempre l'espressione dolce che ha avuto fin da bambino, però notai quanto fosse cresciuto. I tratti del suo viso erano più definiti e lo trovavo ancora più bello.

Decisi da invitare tutti a casa e fare una festa unica per entrambi. E soprattutto dare la notizia a tutta la famiglia. Ispirata da ciò che avrebbe fatto Rafael imbandii una bella tavola ricca di cibo.

Dopo il momento in cui aiutai Wilhelm nel soffiare le candeline pronunciai a gran voce «Sono incinta.»

Mentre mia mamma venne ad abbracciarmi, mio padre disse «Un'altra volta? Avete intenzione di avere pietà di me o no?»
«Dai, papà. Pensavo fosse superata questa cosa.»
«Mi piaceva pensare fosse accaduto solo una volta e questa meraviglia ne fosse il risultato.»

Scoppiai a ridere ma non fui la sola, risero tutti, perfino Wilhelm che sentendo tutti ridere fece una delle sue super risate contagiose. Alla fine rise anche mio padre, che si alzò e mi baciò la fronte. Voleva fare il burbero, ma aveva un grande cuore che si scioglieva facilmente.

Il mese dopo Konrad compì otto anni, stava diventando un ometto grande. Rispetto a Lucas, Konrad lo attesi tanto. Avevo già undici anni e desideravo un altro fratellino, in verità avrei voluto una sorellina, dato che avevo già tre fratelli, ma come lo vidi, lo amai subito, era così piccolo e con le guanciotte piene. Forse era anche più piccolo di Wilhelm appena nato. Ed era talmente biondo che quasi sembrava avere i capelli bianchi. Spesso, quando dormiva nel pomeriggio dopo la poppata, mi intrufolavo in camera ad ammirarlo. Vederlo crescere mi suscitava tante emozioni. Non sarebbe più stato il mio piccolo fratellino ancora a lungo. E si dimostrava sempre più un bravo zio. Mi chiedeva spesso «Quando sarà grande secondo te vorrà essere mio amico?» Mi faceva sorridere e venire le lacrime agli occhi dalla tenerezza che mi suscitava.

A maggio invece compì gli anni Lucas. Tredici anni. E più cresceva, più aspirava ad essere come i miei fratelli maggiori. "Degno combattente per la Germania". Non era colpa sua. Del resto più erano piccoli, più era facile indottrinarli verso determinate ideologie. Dopo che nacque Wilhelm era anche meno dispettoso nei miei confronti, spesso diceva che gli avevo fatto un bel regalo nel far nascere Wilhelm e mi chiedevo perché piuttosto non preferisse giocare con Konrad. Ma si sa i fratelli come sono fatti.

Al compleanno di Lucas, quando stavamo andando via, Fred con la scusa di salutare, mi disse una cosa talmente sotto voce che a stento non lo sentii «Hai ancora modo di aiutare Ludwig nel lasciare il paese?»

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