Cap.41 La prima volta

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JASON

«Sono qui, cosa le serve?»

La guardo scorrere distrattamente le app sul tablet mentre mi parla con tono cinico e distante. I suoi capelli raccolti in una coda bassa e le sue labbra senza rossetto mi fanno capire che ha passato una mattinata davvero tremenda. Cazzo, bacerei quelle labbra ora. Baciarle è riduttivo; vorrei mangiare ogni singolo centimetro del suo corpo.

«Signor White, mi sta ascoltando?»

«Certo, Grace», mento, «ho bisogno che tu finisca il lavoro assegnatoti. Questa volta però, da sola. Senza interruzioni», concludo.

Alza lo sguardo nella mia direzione; è la prima volta che mi guarda da quando è tornata in azienda. È dannatamente bella e io sono dannatamente mortificato per aver sciupato tanta bellezza con i miei pessimi modi di fare. I suoi occhi saettano su di me; le sue labbra sono leggermente schiuse, il suo battito è accelerato. Lo noto dal suo seno che fa su e giù, come se fosse sulle montagne russe. Vorrebbe dire qualcosa ma contro ogni pronostico, sembra preferire il silenzio. E questa cosa non è da Grace.

«Hai sentito cosa ti ho detto? Dovrai fermarti qui oltre l'orario lavorativo», insisto, quasi come se volessi necessariamente ottenere una sua reazione a ciò.

Ho bisogno che lei reagisca per capire che è davvero tutto ok.

«Lei ordina, io ubbidisco. Vengo pagata per questo, signor White».

Nessuna emozione, solo tanta freddezza e distacco. È tutto ciò che ottengo. Stento a riconoscerla; serro la mascella e chiudo la mano in un pugno, arrabbiato e deluso. Non da lei, da me.

«Per oggi non ha altri incontri in agenda. Ha la serata libera e anche la signora Claire è libera», continua.

«Da quando segui gli impegni di Claire?», chiedo, incuriosito.

«Da ora», risponde velocemente, «non vorrei che la regina della White Enterprise continuasse con i suoi loschi giochetti per mettermi KO. Non ne ho bisogno», conclude acidula.

«Non ci sono regine qui», l'ammonisco.

«Ci sono solo stupidi Re su troni immaginari alle prese con reazioni esagerate e immotivate»

«Il motivo c'era. E non sono uno stupido»

«E non sei nemmeno un Re»

Afferra le sue cose e apre la porta, bloccandosi prima di uscire.

«Non sono una principessa che ha bisogno di essere salvata, Jason. Né da te, né da altri. Ti ho dato fiducia, ho provato ad aprirti il mio cuore e mi sono lasciata andare con te ma tu... tu... hai solo distrutto tutto. Da oggi sarò Grace Johnson per te, nient'altro».

Prima che io possa replicare, la vedo sbattere la porta dietro di sé. Le sue parole mi trafiggono il petto come lame affilate. Nessuna scazzottata mi ha mai steso così. Grace Johnson, non più Grace. No, non posso permetterlo. Non posso e non voglio perderla, non ora che l'ho trovata.

«Chiama il signor Mckenzie e fallo venire qui, ora», ordino alla receptionista.

Se è questo che vuole, lo farò. Quel verme non riuscirà a portarmi via l'unica persona davvero importante nella mia vita.

GRACE

L'indifferenza. L'indifferenza è l'arma giusta in questi casi. Non voglio permettere a Jason di andare oltre; è successo una volta e questo è stato il risultato: occhio nero e naso quasi rotto per uno sconosciuto. Sconosciuto per me, sconosciuto per Jason. Ne aveva il diritto? Assolutamente no. Non sono una sua proprietà e non lo sarò mai. Se pensava di potermi attirare maggiormente a sé, beh, ha sbagliato. Di grosso. Ma l'errore più grande è stato mio: vita privata e lavoro non possono combaciare. Non quando si tratta di uno degli uomini più in voga e in vista di tutta Chicago. Ma che stupida sono stata a pensare che Jason avrebbe potuto realmente interessarsi a me per quella che sono? Non ho nulla da dargli, a pensarci bene. Forse è meglio che io presenti le mie dimissioni una volta ritirata l'auto dal deposito. A proposito: come penso di arrivarci? Al deposito, intendo. Kelly non guida per lunghi tragitti, i miei non lo farebbero neanche per sbaglio. Ci sono!

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