Capitolo 10

287 13 0
                                    

Un nuovo giorno è iniziato, con l'umore sotto le scarpe e la voglia di intraprendere una nuova giornata pari allo 0.
L'odore di cibo mi sveglia da qualsiasi ricordo della sera prima e mi alzo per controllare cosa stia preparando mia nonna in cucina.
Il profumo di ragù che bolle in pentola vaga per tutta la casa, rallegrandomi un minimo la giornata.
«Buongiorno, come stai?» mi chiede mia nonna con fare materno appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Un po' meglio » dico per non farla preoccupare.
Accendo la macchinetta del caffè quando il solito trambusto sotto il mio balcone mi distrae.
Mio zio, che quasi non mi guarda negli occhi, esce fuori per annunciare la fine del pericolo di guerra.
Aggiunge che il merito è il mio, che ho mantenuto la parola data.
Non ascolto neanche il discorso che fa ma esco comunque in balcone a fumare.
Ho appena aperto gli occhi, dopo una lunga notte passata male e l'ultima cosa che desideravo era vedere quelle brutte facce sotto al mio balcone pronte a esultare sulla morte di un uomo che innocente non era, ma era pur sempre un uomo.
Mio zio mi guarda fiero, ma non lo degno di uno sguardo e rientro in casa.
Mi siedo in cucina e con il telefono inizio a guardare qualche annuncio di case in affitto, fin quando mi saltano all'occhio una serie di garage di un palazzo nel quartiere accanto, sempre sotto il comando di mio zio.
Li ebbi un illuminazione.
Vado in camera mia a cambiarmi velocemente per poi scendere di corsa.
Alcuni uomini erano rimasti sotto casa ad aspettare chissà cosa.
Metto in moto sotto i loro sguardi attenti e vado all'indirizzo in cui ho visto i garage in vendita.
Erano tutti confinanti, uno attaccato all'altro. Erano più o meno 6 ed erano venduti singolarmente.
Davanti a uno di questi vi è un ragazzo che non appena mi guarda in faccia e mi riconosce cala subito il capo per salutarmi con rispetto come usano loro.
«Ciao» gli dico cercando di non sembrare triste, depressa o in piena crisi d'identità.
«Salve signorina Neri, le serve qualcosa?» avrà avuto vent'anni e mi dava del lei, cosa che mi mise al quanto a disagio. Era alto, di carnagione olivastra e con i capelli e gli occhi scuri, di un colore più simile possibile al nero.
«Non darmi del lei, sei anche più grande di me... Come ti chiami?» domando porgendogli la mano.
«Salvo, piacere» mi dice sorridendomi e guardandomi negli occhi, cosa che ormai non fa più nessuno da un po' di tempo.
«Leila» dico stringendo la mano a mia volta.
«Cosa ti porta qui? Posso esserti d'aiuto?» mi chiede gentile.
«Non so se puoi essermi d'aiuto, ho visto l'annuncio dei garage e potrei esserne interessata, sai di chi sono?» dico sempre sorridendogli. I suoi occhi trasmettono tutta la gentilezza e l'educazione di questo ragazzo, cosa che mi mette particolarmente a mio agio con lui.
«Certo, sono della mia famiglia» mi dice contento e fiero.
«Ottimo, hai una piantina con tutto segnato?» affermo con occhi sognanti, vedendo già il risultato finito nella mia testa.
«Ovvio, potrei portartela nel pomeriggio se non è un problema, la devo cercare ma sono abbastanza sicuro di sapere dove sia» dice grattandosi la testa con fare un po' imbranato, come a volerci pensare.
«Certo tranquillo non c'è problema, anzi, grazie mille» gli dico sorridendo.
«Un onore aiutare l'erede» mi sorride e fa il gesto del baciamano prima di salire in casa.
Torno a casa con l'umore un po' più alto rispetto a stamattina.
Pranzo con mia nonna e mio zio, fin quando non suona il citofono.
Mi alzo di scatto per andare a rispondere sapendo già chi è.
Apro il portoncino e gli do le indicazioni per trovare la porta di casa.
Quando entra mi porge subito la piantina.
«Grazie salvo, vieni entra accomodati » lo faccio entrare e lo conduco nell'ufficio di mio zio che avevo ordinato poco prima. Mi siedo nella poltrona e lo faccio accomodare di fronte a me, dall'altro lato della scrivania.
«Volevo sapere se è possibile buttare a terra un paio di muri e crearne di nuovi» chiedo con un pensiero in testa che vuole realizzarsi.
«Dipende quali muri, alcuni sono portanti e non possono essere distrutti» mi dice prima di continuare
«Potrei sapere quali restrutturazioni vuoi fare? Così ti dico se è possibile» mi domanda con curiosità.
In risposta prendo carta e penna e inizio a disegnare una piantina degli spazi dei garage gestiti in modo differente.
«Vorrei che i garage venissero tutti divisi a metà in lunghezza, così da rimpicciolirli e avere uno spazio nascosto nel mezzo.
Alcuni vorrei eliminarli totalmente, creare degli stanzini, insomma... » cerco di spiegare al meglio ciò che ho in testa anche se credo non mi abbia capita a pieno.
«Ok, credo che alcune cose si potrebbero fare. Ma a che serve?» chiede curioso.
«Mio zio ha lavorato a modo suo, in uno stanzino in casa, io voglio lavorare a modo mio circondata da persone fidate e condividendo uno spazio comune.» affermo autoritaria.
«Capisco, si può fare » annuisce contento di questo mio modo di ragionare.
«Salvo dovrei chiederti solo un ultimo piccolo favore» dico sperando di non creargli troppo disturbo.
«Dimmi tutto capo, ogni tuo desiderio verrà realizzato» dice teatrale facendomi ridere.
«Va bene va bene, vorrei che una volta fatto l'acquisto e terminata la ristrutturazione chiamassi i ragazzi di cui ti fidi di più, la nuova generazione diciamo.
Mio zio ha avuto i suoi fidati e sono sicura che sia una cosa fondamentale avere delle persone fidate in questo ambito.» dico.
Annuisce, prima di salutarmi con il solito baciamano e andare via.
Resto nello studio sistemando i documenti da preparare per l'acquisto che Salvo mi aveva portato insieme alla piantina, quando mio zio fa il suo ingresso nello studio.
«Che stai organizzando piccola peste?» mi chiede in tono amorevole mentre osserva i documenti sulla sua scrivania.
«Tu hai creato il tuo impero, io sto creando le fondamenta del mio».

Il Segreto Di FamigliaWhere stories live. Discover now