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Black

«Signore, siamo arrivati» disse l'autista.
Mi avevano invitato a cena i signori Laurent per l'aiuto che avevo offerto a loro in questi anni. Avrei voluto rifiutare ma siccome era un uomo importante, non potevo.
Sperai che quella serata finisse il prima possibile e che me ne andassi a casa tranquillo.
Quando aprirono la porta d'ingresso, più grande di una casa normale, mi trovai il signor Laurent davanti, con un sorriso a trentadue denti. Era un uomo calmo e pulito nei suoi affare per questo avevo mantenuto i contatti con loro in questi anni.
Sapevo poco della sua famiglia, a parte che aveva una figlia viziata e una moglie a dir poco egocentrica.

«Benvenuto Black! È un piacere averti qui stasera.» disse stringendomi la mano per poi farmi entrare.
Dopo pochi minuti arrivò anche la moglie che come immaginavo lodava se stessa e la sua famiglia più volte che poteva.
Eravamo tutti seduti a tavola quando la signora Laurent disee: «Caro, sai per caso dov'è nostra figlia?»
«Si stara ancora preparando, non saprei.» fece spallucce lui.
«Figlia mia? Potresti scendere per favore?» inizio ad urlare.
«Santo cielo madre, arrivo!» disse una voce.
Sentii il rumore dei tacchi. All'inizio riuscii a vedere solo quelle game mozzafiato e man mano che scendeva mi mancava il respiro.
«Allora, dov'è il nostro caro ospite?» disse raggiungendoci.
Rimasi a guardarla affascinato. Era splendida e avrei voluto assaggiare ogni centimetro di lei. Occhi felini, che con quel eye-liner le faceva risaltare l'occhio ancor di più. Le ciglia lunghe e curve che la facevano apparire irresistibile.
Si incamminò verso di me e mi porse la mano.
«Piacere, io sono Rose e tu devi essere l'amico di mio padre.» disse sorridendo, facendo risaltare i suoi zigomi alti e le sue fossette. Anche se non molto visibili.
Mi alzai e le strinsi la mano. La sua mano in confronto alla mia era minuscola. Aveva una pelle morbidissima e riuscivo a sentire il suo profumo da qui. Lavanda e vaniglia.
«Piacere, Rose.» feci scivolare quelle quattro lettere del suo nome come miele. «Io sono Black, lieto di conoscerti.» incurvai le mie labbra in un sorriso.
Lei era di fonte a me e ai lati avevo i suoi genitori. Era impeccabile, una ragazza tutt'unica del suo genere. Elegante e sensuale, e questo la rendeva attraente ai miei occhi.
«Allora signor Black. Cosa può raccontarmi di lei.» chiese Rose alzando lo sguardo dal suo piatto per poi penetrarmi con quegli occhi.
«Non molto. Se non che mi sveglio la mattina, compiaccio me stesso e vado a dormire.»
«Accidenti, un uomo come lei dovrebbe avere una vita più movimenta, non crede?» disse arricciando il naso.
«Con "compiaccio me stesso" intendo cose molto più complicate per una ragazza della tua età.» dissi bevendo un po' del vino rosso che mi avevano consigliato di testare.
«E io intendevo proprio quello, tutti si svegliano la mattina  e poi vanno a dormire e onestamente a nessuno interessa quello che un uomo come lei mangia la mattina o se ascolta la musica prima di addormentarsi. Le persone vogliono le parti succulenti.» disse facendomi l'occhiolino.
«Rose!» disse suo padre. «Andiamo papà, devo pur sapere chi entra in casa nostra, no?»
Le rivolse uno sguardo di avvertimento e lei sbuffo.
«Le chiedo scusa signor Black ma Rose tende ad essere molto... ehm... molto confidente a volte, per non mostrare debolezze.» disse sua madre per poi avvicinarsi e sussurrare. «È il suo modo di difesa»
«Mamma guarda che ti sento e se non ti dispiace, preferirei che le smettessi di raccontare qualcosa sul mio conto a meno che non sia io a chiedertelo.» disse tagliente. Sua madre mise una mano sulla bocca sorprendendosi di sua figlia.
«Rose, vai a calmarti in camera tua.» disse suo padre. «Ma papà!»
«Fai come ti ho detto. Adesso.» le disse lui.
Lei la guardo, fulminandolo. Si alzo e fu come se ogni parte di lei avesse perso emozioni. «Chiamatemi quando avrete deciso di togliermi dal castigo, padre.» disse per poi fare una smorfia. Ci diete le spalle e iniziò a salire le scale.
Era come una tigre infuriata che emana fuoco da tutti i pori.

«Ti chiedo scusa figliolo, in fin dei conti ha solo 19. Io devo lavorare e non posso starle dietro come vorrei per insegnare qualcosa dell'alta società. Deve ancora capire qual'è il suo posto.»
«Nessun problema Carl.» dissi
«In realtà, se non vi dispiace potrei aiutarla io in questo campo.» aggiunsi.
Si fidavano di me e infatti la loro risposta fu: «Oh, ma sarebbe perfetto!» disse lui.
«Signor Black lei ha un buon cuore, io l'ho sempre detto.» disse la madre commossa.

***

Passammo la serata in tranquillità e l'unica cosa che riuscii a pensare per tutto quel tempo fu lei con quel dannato vestito verde smeraldo che faceva risaltare i suoi occhi.

«Con il vostro permesso, vorrei un'attimo andare alla toilette.» dissi alzandomi.
«Ma certo! Un nostro domestico la accompagnerà su per mostrarle dove si trova.»

Un signore mi portò verso la porta e una volta raggiunta la toilette dissi di andarsene poiché non avevo più bisogno del suo aiuto.

Prima di entrare sentii una voce provenire da una delle stanze li vicine.
Mi avvicinai e sentii la sua voce con in sottofondo della musica, di preciso the Weekend.
«Non ci credo Stef! Vado ad ogni loro evento. Faccio sempre come mi dicono. Mi comporto in modo impeccabile. Sono praticamente la figlia modello. E loro cosa fanno? Decidono di umiliarmi davanti a un loro amico.» disse, e poi sentii tirare su col naso.
«Andiamo Rosanna, non te la prendere, probabilmente Black non ci starà manco pensando. Sei troppo paranoica» disse la sua amica dal telefono.
«Non è Black il problema, ma loro. Sto in una cazzo di casa gigante e con tutti questi cazzo di soldi avrei dovuto fare almeno una volta nella mia vita ciò che voglio. Almeno un piccolo viaggio. Un picnic da sola, per il semplice motivo di conoscere me stessa. Invece sono qui, sorvegliata da tutte le parti.»
«Hai disconnesso le telecamere in camera tua vero?»
«Si, non voglio che mi vedano in questo stato.»

Quindi le cose stavano così. Bene.
Bussai alla posta.

«E adesso chi cazzo è! Mi lasciate in pace?» sentii attaccare con la sua amica o chiunque fosse e la porta si aprì.
Aveva le guance rosse, il mascara leggermente colato e le labbra gonfie.
Rimase sorpresa nel trovarmi davanti alla sua camera da letto.
Si girò e mi diede la schiena.
«Che succede?» disse in tono duro.
«Girati» dissi.
«No.»
«Posso entrare un secondo?» chiesi
Nessuna risposta.
La presi per le spalle e la girai verso di me. Mi guardò con le lacrime agli occhi e si trattenne dal non piangere.
Il suo petto saliva e si abbassava velocemente.
Entrai nella sua camera e chiusi la porta.
«Che cosa vuoi? Mio padre di ha mandato perché io ti chieda scusa?» disse sedendosi sul letto.
«No, in realtà sa che io in questo momento sono alla toilette.» dissi facendo una piccola risata.
Non disse nulla così decisi di continuare.
«Ho chiesto il permesso ai tuoi genitori di aiutarti nell'alta società. Ci vedremo ogni giorno e sarò io a starti dietro.»
«Ma certo, si sono stufati di avere un cane non obbediente così hanno deciso di fami accudire da qualcun'altro.» disse sorridendo tristemente.
Mi avvicinai a lei e mi inginocchio prendendole le mani.
La guardai con intensità e desiderio. Le misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Non sono come tu credi che io sia, Rose. Vedi, voglio solo aiutarti.» dissi in tono calmo. «Aiutarti per conoscere te stessa» aggiunsi ripetendo le parole che aveva detto in quella telefonata.

«Quindi hai ascoltato la mi conversazione»
«In parte.» le sorrisi
«Perché sembra di conoscerti da una vita ma non so comunque nulla di te?» chiese guardandomi negli occhi.
«Quindi la senti anche tu questa connessione? Pensavo di essere diventato pazzo io.» feci scivolare una mano lungo la coscia scoperta e sentii il suo respiro approfondirsi di più.
«Ci vediamo domani. Faremo un picnic quindi assicurati di avere tutto con te.» le diedi un picchiettio sul naso. Lei fece una smorfia e la vidi sorridere per un secondo.

Uscii dalla sua stanza e mentre scendevo le scale pensai a come si era resa incredibile questa serata.

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