Rosa

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Il medico arriva nelle prime ore del pomeriggio. La febbre è salita. Rosa è peggiorata.

Angelo Visentin è un uomo di circa trent'anni. È alto e snello, con i capelli scuri e gli occhi castani. È arrivato in paese un paio d'anni fa, ha preso il posto di Sandro Pietrobon ormai troppo anziano per raggiungere i suoi pazienti a ogni ora del giorno e della notte, affrontando muri di nebbia, o sfidando il caldo di estati infinite.

Anselmo è immobile ai piedi del letto, ha le braccia abbandonate lungo i fianchi. È terrorizzato. Ha paura di tutto, ora. Vorrebbe capire, chiedere cosa sta succedendo a Rosa ma non sa quali domande fare.

Il dolore, e la sensazione d'impotenza che sta provando lo riportano indietro nel tempo, a quella mattina in cui ha scoperto di avere accanto a sé il cadavere di Agnese.

Non può accettare un'altra tragedia. Dopo Agnese. Dopo Alessandro. Si sente solo. Si sente come fosse l'unico al mondo a provare dolori così grandi.

Il dottore sorride alla bambina, la tratta con delicatezza, ne ausculta il cuore poggiando l'orecchio sul torace. Prende dalla borsa uno stetoscopio in ebano. Si volta appena.

- Vostra figlia, signor Carniato, è molto debilitata.

Commenta cupo, e guarda Anselmo, livido in volto.

- Per favore, mi aiuti a sollevare la camicia da notte della bambina, le voglio sentire bene i polmoni.

Teresina è seduta in un angolo della stanza, le mani congiunte sul grembo, e negli occhi una pena infinita.

Anselmo si gira verso la donna.

- Teresina, aiutalo tu, io vado a cercare Antonio, era qui con Rosa prima che arrivasse il medico. Torno subito...

La sua è palesemente una scusa per fuggire via, per cancellare dalla mente i ricordi che fanno ancora male. Il volto sofferente di Rosa è troppo simile a quello di Agnese sul letto di morte. Non riesce a sopportarlo. No, non può succedere ancora, si dice con la disperazione che gli trapassa la gola, lasciandolo senza respiro.

Il dottor Visentin annuisce appena. Quella ragazzina lo sta preoccupando non poco. È giovane, non ha molta esperienza ma sa riconoscere la morte quando si avvicina al capezzale di una vita appena agli albori.

Rosa ha profonde occhiaie bluastre, l'azzurro dei suoi occhi sembra sbiadito, spento. Si lamenta, si agita nel letto, è sudata. Quando Teresina le si avvicina, la bambina allunga un braccio verso l'anziana.

- Mamma... - mormora in preda al delirio.

La donna afferra la piccola mano sospesa nell'aria. Scosta una ciocca di capelli dal volto madido di sudore. Le parla con voce calma e rassicurante.

- Rosa, sono Tina, stai tranquilla, la tua mamma ti guarda dal cielo e prega per farti guarire presto. Adesso fai la brava, aggrappati a me, il dottore ti deve sentire bene il respiro.

La bambina, con un gemito, si mette seduta. Avverte quella cosa fredda tra le scapole. Ha il viso paonazzo, la febbre altissima e respira male. All'improvviso, un forte tremore la sconquassa, è in preda alle convulsioni, si contorce, ansima, poi, di colpo si placa. Piega di lato la testa, il corpicino si affloscia tra le braccia di Teresina.

- Mariavergine! La se morta! La se morta! - urla la donna con le mani in testa.

Il medico stende su un fianco Rosa, cerca di rianimarla, le apre la bocca, tira fuori la lingua. Con la manica della camicia si tampona il sudore che gli cola dalla fronte. Si volta verso l'anziana.

- Mi serve subito una tinozza di acqua fredda. Dobbiamo immergere la bambina per fare scendere la febbre. Non è morta, è solo svenuta. Faccia presto!

Teresina si precipita giù dalle scale, urla, piange, si dispera. I piedi colpiscono i gradini, il suo respiro è affannoso.

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