La vita continua.

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Passano settimane, mesi. È un'alba autunnale con un vento sferzante che spazza via le foglie cadute dagli ippocastani. Il cielo è una trapunta grigia e sbiadita, una pioggia insistente batte sui tetti delle case.

Tutto precipita in pochi istanti.

E nulla sarà più come prima.

Mario non ha riposato bene. Ha passato una notte terribile. Da alcuni giorni accusa una stanchezza strana accompagnata da problemi di digestione. Apre lentamente gli occhi, la stanza è avvolta nel buio. Si puntella sul materasso, ma un capogiro lo coglie impreparato. Ricade sul cuscino con un gemito. Avverte un formicolio al braccio sinistro.

Dormo sempre da questo lato, è normale che il braccio sia indolenzito, si dice mentre cerca di mantenere la calma. Rimane immobile, in attesa che la vertigine passi.

Non ha coscienza del tempo, la mente è confusa, si sente stanco e privo di forze. Mette giù i piedi lentamente, si siede sul bordo del letto, si aggrappa alla spalliera con una mano, l'altra mano cerca la peretta della luce, soffoca un colpo di tosse. Il rumore della pioggia sui battenti si fa sempre più intenso. Vorrebbe arrivare alla finestra e aprire le imposte.

L'uomo si rende conto che la spossatezza che lo affligge da tempo non è normale. Ha la sensazione che qualche cosa di grave stia per accadergli.

Non può stare male, ha un matrimonio da organizzare. Tra due settimane Giovanna si sposa. Alla fine hanno vinto loro. Ha vinto l'amore. 

Quel pensiero lo fa sorridere, un sorriso che si trasforma in una smorfia di dolore. Si massaggia il petto, sente lo stomaco contrarsi fino allo spasmo. Un conato di vomito lo inchioda a quel letto dal quale non riesce a staccarsi.

Inspira profondamente. Si aggrappa alla pediera, sto bene, si dice mentre cerca di mettersi in piedi per raggiungere la finestra. Ha bisogno di prendere aria, di respirare. Un altro colpo di tosse lo fa barcollare.

Il vomito è giallo e schiumoso. L'uomo si sente male.

La fitta allo sterno scoppia all'improvviso, gli toglie il respiro, la vista si annebbia. I battiti sono a mille, come se il suo cuore stesse per esplodere.

Invoca il nome di Giovanna, ma è un suono muto quello che esce dalle labbra schiumose. Avverte il peso del corpo piombare sul pavimento, la mente spegnersi. Tutto sprofonda in un buio letale.

Giovanna si sveglia di soprassalto. Il tonfo è un suono sordo e improvviso, ha fatto vibrare i vecchi listoni di legno.

Rimane per qualche istante in ascolto.

Probabilmente è stato il vento, mormora, mentre si raggomitola sotto le coperte. Ma il sonno non ritorna. Pensa a suo padre. Sono giorni che lo vede diverso dal solito; lui che è sempre il primo a scendere nella cucina del suo ristorante per controllare che tutto proceda nel migliore dei modi. E sempre lui, si reca tutti i giorni dal suo amico Sandro, el bechér, per acquistare la carne migliore, ultimamente manda la cuoca o qualche inserviente.

 Suo padre non sta bene. Giovanna ha un presentimento, balza fuori dal letto. La stanza di Mario è proprio di fronte alla sua. Bussa alla porta.

- Papà, tutto bene?
Appoggia l'orecchio sul legno ruvido, ma non avverte nessun suono. Lentamente apre la porta, accende la luce. E lo vede a terra. La ragazza si porta le mani sul volto. Soffoca un grido.
- Papà! Mio Dio...

Si avvicina al corpo esanime, subito viene avvolta dall'odore acidulo del vomito. Crolla sulle ginocchia, accanto al padre. Non sa esattamente cosa fare. Deglutisce un grumo di saliva e paura. Con mani tremanti sbottona la camicia da notte. Mario è cereo, il respiro un rantolo, apre gli occhi e incrocia quelli della figlia china su di lui. Con le ultime forze le sfiora una guancia.

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