Prologo

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Alle Outer Banks c'era una regola silenziosa che vigeva per le strade. Giudicava dall'alto della sua importanza– o inettitudine– avrebbero detto alcuni, e prometteva di esporre a tutti gli abitanti la tua importanza nella scala della piramide sociale.

I pogue erano gli avventori di occasioni mancate. Sognatori che ambivano, con i sacrifici ottenuti dal loro duro lavoro, a passare nella parte ricca dell'isola. Mentre ai Kook restava la convinzione di credere che ogni oggetto, persona o possibilità fosse loro dovuta.

Ma c'era una cosa che agli occhi curiosi dei passanti era più degradante di lavorare come cameriere, o rifornire le pescherie dal proprio peschereccio: regredire nel Sistema consumistico dell'isola equivaleva ad essere considerato un reietto.

La condizione era ben diversa dal senso di non appartenenza che alleggiava spensierato tra i Touron che popolavano le spiagge nella stagione estiva. Retrocedere di ceto era un'esperienza che segnava e contaminava ogni ambito della propria esistenza.

Afferrai il bicchiere rosso in plastica e seguii la fila. JJ Maybank e John B Routledge distribuivano la scadente birra alla spina che avevano portato per animare la festa, versandola a ogni Touron che desiderava un po' di divertimento. Era affidabile? Sperai che non ci fosse dentro qualche droga.

"Che fai, bevi?" JJ indicò la tazza che tenevo in mano appena la ragazza davanti a me virò a destra, verso il falò.

Annuii e tesi il bicchiere. La birra scivolò all'interno vaporizzandosi in schiuma biancastra che traboccò dal bordo. Portai l'alcolico alle labbra e mi spostai dalla folla. John B mi rivolse un cenno con la mano e un lieve sorriso. Non lo avevo più visto al corso di storia e dubitavo avesse accumulato i crediti necessari per passare a quello dell'anno successivo.

Ricambiai il saluto e mi allontanai. Oltre il chioschetto in legno che di giorno serviva da bere e la sedia da regista del bagnino, Topper Thornton e Sarah Cameron camminavano con disinvoltura verso il falò.

Sospirai e bevvi un altro sorso. La musica era alta mentre risuonava dalle casse, facendo tremare il cuore e ovattare le orecchie.

Non avevo mai sentito di appartenere alle feste dei Pogues. In mezzo ai gruppi di ragazzi ubriachi e allegri, io ero come un'ombra invisibile che si aggirava tra le fiamme. Ogni festa era diventata monotona e banale da quando papà aveva perso l'azienda.

Raccolsi i sandali e camminai sul bagnasciuga. L'acqua che lambiva i piedi era calda e il riflesso della Luna illuminava parzialmente quello che la luce del fuoco non poteva coprire. La sabbia umida attecchì alle gambe scoperte, sporcando i pantaloncini quando mi sedetti dietro gli scogli, al riparo da occhi indiscreti.

L'odore del mare e il suono delle onde che si infrangevano sulla spiaggia avevano sempre avuto un effetto calmifero. Appoggiai il bicchiere a terra ed estrassi il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni. Anche il fumo aveva un effetto calmifero.

Avevo cominciato a rifugiarmi in quel vizio da quando papà aveva dichiarato bancarotta e a scuola ero diventata meno di niente. Forse era iniziato quando il mio ragazzo– ex ragazzo– mi aveva trascinata in una spirale di vizi e perdizione.

Inspirai di nuovo, lasciai cadere la cenere nel bicchiere vuoto. Le feste erano diventate decisamente noiose da quando avevo perso quel prestigio che la posizione privilegiata di Kook mi garantiva. Ma la noia era di gran lunga più lusinghiera, se anteposta ai problemi che avevano il suono delle grida di mia madre. A casa non erano solo le stanze spartane ad essere diventate soffocanti.

Spensi il mozzicone nel bicchiere di carta ed espirai l'ultima boccata di fumo. Fuori si gelava. Sollevai il polso per guardare l'orologio accanto al bracciale di perle, uno dei pochi beni che avevo deciso tenere.

The treasure of Outer Banks || Rafe Cameron X ReaderWhere stories live. Discover now