24. Richiamo

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Da sempre sono stato una persona molto controllata... Non mi lasciavo mai trasportare dalle prese in giro o dalle parole degli altri, ho sempre incassato...

Sempre...

Debolezza?

No, non credo...

Forse per una paura di fare del male...

Perché dovevo rischiare di ferire la persona di fronte a me, nonostante essa non si piegasse a questo pensiero nei miei confronti?

Quindi, come detto... Ho sempre incassato.

Ma c'è un momento in cui si smette di resistere, di trattenersi, di rimanere calmi. Giusto?

E quel momento per me era decisamente arrivato.

Perché non era stato predetto che con un mio tocco, con la mia vicinanza Katsuki avrebbe risposto, era solamente una semplice... Prova? Un tentativo?

Eppure era successo.

E non era stato prestabilito che io sarei dovuto uscire, per mettere in moto i medici...

Quindi, con le poche forze che mi erano rimaste, io lottai.
Urlai con tutta la mia voce, mi aggrappai a quel letto per non essere portato via, e riuscii a colpire addirittura dei medici, con i miei pugni ossuti e senza muscoli per sferrare attacchi potenti...

Eppure lo avevo fatto.

Ed era stato... Incredibile!

E quello lo presi come un atto di... Forse di possibile amore... O forse affetto, o qualsiasi cosa facesse battere il cuore in quella maniera!

E cosa si dice...? L'amore vince su tutto?

Beh... Sì... Nelle fiabe...

Poi arriva un armadio fatto di muscoli d'acciaio e ossa di dinosauro che, come se io fossi stato fatto di piume, mi aveva sollevato con così tanta facilità da rendermi destabilizzato per qualche attimo, giusto il tempo nel quale mi resi conto che avevo perso...

Di nuovo...

"Cazzo! Mollami! Lasciami andare!". I miei pugni colpirono con ferocia quella schiena, e sembrava sul serio di colpire un muro di cemento armato, mentre i miei occhi si riempirono di lacrime nel vedere quella porta allontanarsi di nuovo da me...

Con gli occhi di Mitsuki totalmente sgranati che mi fissavano incredula, con quel pianto disperato bloccato nel tempo, e Masaru crollato sulle ginocchia, con la fronte poggiata contro il ventre della sua amata.

E fu straziante per me... Perché io non c'ero, di nuovo... E nella mia mente non era stata ripetuta nessun'altra frase.

"FAMMI TORNARE DA LUI! LASCIAMI!". Le mie unghie si arpionarono a quel camice, tentando in ogni modo di bloccare quel percorso che quell'uomo mi stava facendo fare.

Come diavolo facevo a fermare Godzilla?!

"Ti prego! Ti prego, giuro che farò il bravo! Lasciami andare o-".

Il pavimento toccò i miei piedi, la mia figura tornò ad essere eretta, leggermente sbilanciata da quell'improvviso ritorno coi piedi per terra.

"...o?".

Sfarfallai le palpebre, confuso e destabilizzato, osservando la macchinetta del caffè al mio fianco, con le luci a neon ad illuminarla.
I miei occhi si sollevarono, incrociando due nubi cariche di pioggia che sembravano celare una prepotente tempesta, minacciosa e devastante.

Il respiro si bloccò nella mia gola, mentre quel volto, rigido e tirato dai tendini si sollevò appena, serio come se non avesse conosciuto mai un sorriso.

Rescue MeDonde viven las historias. Descúbrelo ahora