2. KATE.

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SONO arrivata a casa quasi alle otto e mezza dopo che ho finito il turno. La mia fermata della metro è stata soppressa e ho dovuto aspettare la metro successiva. Meraviglioso. La mia vita è una continua sfida che mi ricorda che ogni giorno può essere peggiore del precedente. E, infatti, quando sono arrivata al monolocale ho trovato sulla porta un altro avviso di sfratto. Avevo capito con il primo, non c'è bisogno di sprecare così tanta carta. L'ho appallottolato e lanciato sopra la pila degli altri avvisi. Ho già detto che ho anche altre fatture di bollette da pagare in arretrato? Forse no, ma la vita va così quando a ventitré anni dopo un anno di gavetta a leccare culi, ottieni il posto in uno degli studi di avvocati più prestigiosi di New York e poi all'improvviso, tre anni dopo, ti ritrovi a doverti sobbarcare il costo dei funerali di tuo padre. Credo ci sia una sorta di maledizione che mi perseguita perché oltre ad aver perso l'uomo più importante della mia vita, ho dovuto pagare più di quindicimila dollari di spese funerarie e lasciare il lavoro e l'appartamento in cui abitavo. Non era sicuramente il Plaza Hotel, per intenderci, era un loft in un palazzo abbastanza rispettabile. Grande il doppio rispetto alla topaia dove sto ora, ma non potevo più permettermelo dopo il funerale e ho dovuto cercare un'alternativa molto più economica. Non potevo concedermi di meglio. E ora, a quanto pare, devo sloggiare entro una settimana.

La mia vita non fa che migliorare.

Ordino una pizza e dopo un po' mi metto a scrollare sulla pagina degli affitti che a vedere i prezzi, non potrei pagare neanche con due stipendi e cento ore di straordinario. Scoraggiata, decido che per oggi ne ho avuto abbastanza. Mollo il telefono sul divano e mi dirigo al bancone della cucina. É ufficialmente una serata da vino. Vino rosso, sì. É di quelli in scatola del supermercato perché non potevo spendere più di cinque dollari per un brick. Ne verso un calice e vado a sedermi su uno degli sgabelli del piccolo terrazzo esterno. Non c'è molto spazio, quindi ci sto io, una sedia e le uniche piante di prezzemolo e basilico che sono sopravvissute. 'Kate, Kate, Kate, potrebbe andare peggio di così?', ripeto ad alta voce tra sospiri e lunghi sorsi di vino. È vero, potrei chiedere a Chris di ospitarmi fino a quando non trovo un altro monolocale, ma il suo ragazzo mi odia quindi non posso contare su di lui. Forse non avrei dovuto convincerlo a fare quel giretto improvvisato ad Atlantic City. Joshua non l'aveva presa tanto bene e ora ogni volta che usciamo si inventa scuse per non venire. So che non viene perché ci sono io, ma Chris non mi fa pesare la cosa. Dice sempre cose come: 'no, era stanco' o 'oggi ha lavorato troppo, non ce la fa', ma so che lo fa solo per non farmi rimanere male. Sbuffo quando sento il trillo del telefono da dentro casa. Vediamo chi incanterà questa meravigliosa giornata di merda alle dieci di sera.

Mi rilasso quando vedo che è una foto di Jeremy con la moglie e le bambine. Due gemelle di dieci anni a cui ormai sono affezionata.

Jeremy: Le tue nipotine ti salutano.

Kate: Sono bellissime. Non capisco come facciano a essere tue figlie. Sono tutte Dana. ;)

Jeremy manda due faccine arrabbiate e un audio di Dana che mi saluta e mi invita a cena questo venerdì. Ricambio e accetto subito, se non altro mi distrarrò per una sera.

***

«Hai già trovato un nuovo appartamento?» Sto chiudendo la cassa, quando Jeremy mi raggiunge al bancone.

Sospiro, perché naturalmente gli ultimi due posti che l'agente immobiliare mi ha fatto vedere erano peggio di quello dove sto ora. Credo di aver visto anche un topo in uno dei due e nell'altro un'intera parete piena di muffa. A un certo punto si trattava di scegliere di che morte morire prima e, detto molto chiaramente ,non mi attraeva nessuna delle due.

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