VI

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Yuki

Mi afferrò il polso facendomi voltare verso di lui.
«Devi prima disinfettarti le mani» mi ordinò.

Sbuffai, mi divincolai dalla sua prese e tentai di uscire nuovamente. Ma lui si incatenò di nuovo al mio polso, mi trascinò all'interno della palestra e chiuse la porta a chiave.

«Dovrebbe esserci del disinfettante da qualche parte, siediti e togliti quei cosi» indicò i miei guanti, poi prese la chiave e andò in un luogo sperduto della palestra.

Passai in rassegna i guanti di pelle e mi osservai le mani distrutte. Non era la prima volta che mi capitava di farmi male prendendo a pugni il sacco senza guantoni, ma era assolutamente la prima volta che qualcuno se ne preoccupava.

Ne approfittai per afferrare una sigaretta dalla tasca del cappotto e per accendermela.

Quando Bakugo arrivò con il kit del pronto soccorso ero a metà della mia fumata.
Si inginocchiò davanti a me, afferrò la sigaretta dalle mie labbra e la gettò a terra.
Afferrò le mie mani e -senza proferire parola- iniziò a curarmi le ferite.

«Non ce n'era bisogno» sussurrai mentre mi fasciava le nocche, il mio tono era freddo e indifferente. Dentro non ero grata del gesto del biondo, però provavo una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

Una sensazione per niente indifferente.

«Io dico di sì» disse alzandosi, afferrò le nostre cartelle e poi mi lanciò una felpa «Vatti a cambiare» mi ordinò.

Alzai gli occhi al cielo e mi avviai verso gli spogliatoi. Ammucchiai la camicia su una panca e mi infilai la felpa rossa di Bakugo.

Mi osservai allo specchio dietro i lavandini e mi ispezionai, gli occhi verdi erano spenti, come se non avessero mai provato felicità, i capelli neri ricadevano lunghi sulle mie spalle, in testa era posizionato il capello, le lentiggini macchiavano il mio viso pallido.

Non ero male, non ero eccezionale, ma nemmeno un obbrobrio.
Peccato le le multeplici cicatrici sotto le sopracciglia e all'altezza della labbra.

«Hai finito? Non ho tutta la giornata» disse Bakugo entrando e poggiando un braccio sulla porta occupando tutto lo spazio per passare.

«Andiamo» mormorai, passai sotto il suo braccio, non mi abbassai abbastanza e il mio cappello cadde. Lo afferrò e me lo posò in testa, entrambi impassibili ci guardammo negli occhi.

«Rocky Balboa» disse ad un certo punto, non capii e lo guardai confusa «Tu hai una fissa con Rocky Balboa, non è vero?»

Avevo dodici anni la prima volta che vidi Rocky I, fu in quel momento che iniziai ad indossare il mio cappello ed il mio cappotto senza avere imbarazzo. Fu in quel momento che mi avvicinai agli incontri di boxe. Di solito mi abbandonavo al sacco, ma non c'era migliore adrenalina di quando si picchia il viso di qualcuno.

E si, mi consideravo la fan numero uno di Rocky, Rambo, Linck Hawks e qualunque altro personaggio interpretato da Sylvester Stallone. Tuttavia non comprendevo come quel biondino ci fosse arrivato e perché.

«Che te ne importa?» biascicai senza guardarlo, mi accesi l'ennesima sigaretta dettata dall'ansia che stava salendo, non capii neanche perché: insomma c'era davvero tanto peccato nell'adorare un personaggio con un grande valore? Che avrebbe fatto di tutto per la sua Adriana? Non c'era niente di male, assolutamente nulla.

«Ascolta» mi afferrò nuovamente per il polso, mi schiantò contro il muro, mi bloccò con il suo corpo e mi guardò con i suoi occhi color rubino che erano furiosi «Non ti ho mai dato il permesso di prenderti certe confidenze» afferrò la sigaretta intrappolata fra le mie labbra e la lanciò a terra «Quella roba non ti fa bene, e se vuoi essere un'eroina devi smettere, ed infine, ho i miei motivi per voler sapere se ti piace Rocky Balboa»

Sbuffai «Va bene, mi piace Sylvester Stallone ed in particolare Rocky, qualcosa non va? Pensi sia una patologia?»

Guardai la sigaretta schiacciata a terra e rimpiansi il momento in cui era tra le mi labbra piene e rosee. Mi morsi il labbro e la fissai.

Sentii il pollice di Bakugo passarmi sul labbro inferiore e mi strinsi contro il muro, guardandolo nella sua possenza.

Non è umano, non si può essere così alti per natura.

«Ti sanguina» sussurrò con voce fiebile, probabilmente nell'incontro della sera precedente il mio avversario mi aveva tagliato il labbro e mordendomelo mi ero riaperta la ferita.

Un applauso, un'autolesionista che neanche lo sa. Mi meriterei una medaglia...

Abbassai lo sguardo, mi fissai le scarpe, e i suoi piedi che puntavano su di me.

Non so dove, ma mi ricordai che in una serie TV avevano detto che gli uomini puntano con i piedi tutto quello che vogliono.

Una stupida cazzata da telefilm americano, Yuki, nulla di importante.

«Perché sei tanto frustrata?» alzai immediatamente lo sguardo, mi stampai un ghigno sul viso che mi fece assumere un'espressione forte e assolutamente poco intimidita, capovolgendo così la situazione.

«Perché mi state togliendo tutto quello di cui ho bisogno, mi avete tolto gli incontri clandestini chiudendomi... in questa specie di manicomio, poi ci sei tu che mi segui ovunque io vada e se non sapessi che sei un futuro hero ti avrei già denunciato per stalking, ed ora mi hai tolto anche le sigarette. Comprendo che vogliate rimettemi in riga, ma state solo cercando di reprimermi»

Sembrò incazzarsi ancora di più, mi schiacciò ancora di più contro il muro e non sembrò importagli quanto i nostri visi fossero vicini.

«A me non importa un cazzo di te, voglio solo mettere un talento sulla strada che ha perso. Ma se vuoi combattere allora fatti sotto» il suo respiro era caldo e forte sul mio collo.

C'era una strana tensione fra noi due, forse qualcosa di sessuale, o magari semplicemente odio. So semplicemente che in quel momento avrei solo voluto correre via e fare una maratona di Rocky per dimenticarmi che il mondo fuori mi odiava come se fossi stata Hitler resuscitato.

«Voglio vedere come mi picchi, se hai il coraggio. Io ti pesto, Bakugo, ti faccio sputare sangue. Non sfidarmi, fidati»

Qualcuno (Bakugo x Oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora