Capitolo 9

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Quel sabato decisi di scendere con le mie amiche ed i rispettivi ragazzi che ormai erano diventati parte integrante del nostro gruppo.
Mark e Laura mi sembravano parecchio affiatati ed ero fortemente convinta che la mia amica avesse già dimenticato quello che lui le aveva fatto ma avevo preso la ferrea deliberazione di non intromettermi per non creare ulteriori discussioni, avrei dovuto rispettare la sua decisione. Coloro che mi sembrarono strani erano Cole ed Ashley per il loro attaccamento morboso da poco sviluppato, non avevo avuto modo di chiedere alla mia amica in che legame si trovassero quei due ma l'avrei fatto.
Avevamo stabilito la data dell'intervento della piccola Lucy ed io ero particolarmente agitata da non far altro che pensare a lei e a sua madre che nel frattempo si erano trasferite in ospedale.
« Che succede? » Ashley mi strinse il braccio facendomi sobbalzare dalla poltrona in stoffa sulla quale ero seduta. Per quel sabato avevamo scelto un locale non molto distante dal centro di Chicago, era carino ma non vi prestai molta attenzione per gli innumerevoli pensieri che attanagliavano la mia mente.
Scossi la testa. « Niente, va tutto bene. » le sorrisi rapidamente per farle capire che non c'era niente che non andasse.
Ashley storse il naso. « Eri soprappensiero, ti capita solo quando sei preoccupata per qualcosa. »
Una risata fragorosa mi fece distogliere dalla mia amica e spostai lo sguardo su Mark che rideva a voce alta con Cole, istintivamente posai gli occhi sul loro amico che teneva gli occhi fissi sulla sottoscritta.
Girai subito il volto verso la mia amica sentendo le gote incendiarsi. « Sì, stavo pensando ad una cosa. »
Perché mi sta guardando? mi chiesi agitata sentendomi una ragazzina di sedici anni che si interfacciava con il mondo maschile per la prima volta.
Non capivo proprio perché quell'uomo avesse così tanto potere su di me, l'avevo incontrato poche volte e gli avevo parlato mezza volta ma sentivo un inspiegabile legame a lui.
Forse perché è il figlio della donna di zio giustificai così quell'inspiegabile legame che sentivo verso di lui.
« Che cosa? » Ashley non colse il mio turbamento per l'uomo difronte a me e questo mi fece rilassare. « Oh aspetta... »  ecco che il mio rilassamento si tramutò in ansia.
« Riguarda il lavoro, vero? » sospirai dentro di me ed annuì sapendo che non avrebbe chiesto altro per la mia politica sulla riservatezza lavorativa, a stento ne parlavo con mio zio e non ne avrei mai parlato con le mie amiche per quanto volessi bene loro.
« Cerca di staccare un po' anche se so che è difficile ma adesso sei qui con noi. » sentivo ancora lo sguardo di Mason addosso mentre la mia amica mi parlava. Non avevo il coraggio di voltarmi verso di lui per la mia incapacità nel mantenere un contatto visivo, non ce la facevo proprio a resistere sotto i suoi occhi così magnetici e particolari.
Mi alzai. « Vado a prendere qualcosa da bere. » mi allontanai da loro e mi aggiustai il tubino bianco che era salito un po' sulle gambe.
Mi immersi nella folla che ballava ed arricciai le labbra dipinte da un rosso scuro quando sentì la puzza di sudore che un corpo emanò.
« Un mojito analcolico. » chiesi al barman ignorando il sorriso malizioso che sfoggiò nei miei riguardi.
« Quindi tu sei la figlia di Mr.Noah. » mi girai verso la voce proveniente dalla mia sinistra e inarcai le sopracciglia quando mi ritrovai affianco il dipendente di mio zio che avevo visto l'ultima volta nella sua officina.
Ricordai facilmente il suo nome: Adam.
« Tu saresti? » lo guardai con sufficienza cercando di fargli capire quanto mi stesse infastidendo il suo sguardo fisso sulle mie labbra carnose.
I suoi occhi azzurri si scontrarono con i miei e intravidi una malizia non indifferente che mi infastidì atrocemente.
« Mi chiamo Adam, dolcezza. » il nomignolo che mi aveva affiliato mi fece storcere le labbra in una smorfia.
« Con chi credi di star parlando, ragazzino? Quanti anni hai? Diciotto? » di solito non ero così altezzosa, mi capitava di esserlo solo con le persone che mi infastidivano.
Lui scoppiò a ridere. « Ne ho ventidue. »
Lo guardai dall'alto fino al basso. « Sloggia. » sperai che se ne andasse e mentre il barman mi serviva il cocktail lo sentì sogghignare.
« Tuo zio non è stronzo come te. »
Assaggiai il cocktail e poi mormorai: « Beh con te dovrebbe esserlo. »
D'un tratto mi sentì inadeguata nel mio vestito stretto ma per niente volgare, i maschi che si comportavano da viscidi avevano il potere di farmi sentire inadeguata, arrivavo sempre alla conclusione che non sarebbero mai cambiati e che noi donne non ci saremmo mai sentite sicure ed intoccabili finché persone come lui ci fossero state.
Mi girai verso il bancone decisa ad ignorarlo in tutti i modi.
« Allora, so che sei un med- » Adam si bloccò subito ed io sospirai sollevata senza pensare al perché.
« Grazie a Dio hai chiuso quel becco che ti ritrovi. » mormorai posando il cocktail sul bancone e quando mi girai di nuovo verso di lui mi mancò il fiato.
Mason era dietro di me con lo sguardo freddo ed impassibile verso il suo collega di lavoro. Il volto dell'uomo che tanto mi incuriosiva era inespressivo ma gli occhi avrebbero potuto congelare qualsiasi persona, le vene delle braccia sembravano in procinto di scoppiare, il pomo d'Adamo che non avevo mai trovato affascinante in quel momento mi parve sensuale come poche cose mentre le labbra carnose se ne stavano strette in una linea severa.
« Mason. » mormorò Adam bianco in volto.
« Adam vai via se vuoi presentarti a lavoro con tutte le parti del corpo. » mormorò con un tono di voce così serio ed autoritario da farmi rabbrividire come se quella che si stesse prendendo il rimprovero fossi io.
Quando si girò verso di me mi guardò negli occhi. « Sta bene? » la mia schiena si riempì di brividi mentre ringraziai il cielo di essere seduta dato che le mie gambe presero a tremarmi.
Nei suoi occhi così particolari potei leggere il profondo rispetto che nutriva nei confronti di mio zio, motivo per il quale aveva mandato via quel ragazzo. Mentre continuai a guardarlo capì per quale motivo mio zio si fidasse così tanto di lui : Mason gli era leale come se si trattasse di suo padre o di un familiare e non potei fare altro che restare completamente sorpresa da ciò che avevo appreso.
« Allison. » era la prima volta che mi chiamava per nome.
Mi chiesi se lui sapesse di mio zio e di sua mamma ma non indagai oltre per non toccare tasti che non mi interessavano.
« Sì sto bene, grazie. » gli sorrisi leggermente mentre mi girai verso il bancone per stemperare l'imbarazzo che provavo sotto i suoi occhi.
Sorseggiai il cocktail aspettandomi di restare di nuovo sola ma mi sorprese quando prese posto al mio fianco per ordinare da bere.
« Un Old Fashioned. »
Il barman nel vedere Mason al mio fianco decise di smettere di sorridere, probabilmente si sentì intimorito pensando fosse il mio fidanzato.
« È alcolico. » constatai.
Lui sogghignò mentre io non osai alzare lo sguardo dal mio mojito. « Non sapevo che lei si intendesse di cocktail. »
Alzai gli occhi al cielo. « Perché mi sta dando del lei? Abbiamo pochissimi anni di differenza. »
« E lei come fa a saperlo? » spalancai gli occhi sentendo il suo sguardo insistente su di me.
« Intuito. »
Sentì i suo occhi bruciare la mia pelle. « Anche lei mi ha dato il lei. »
« Sì, se mi parla in modo formale lo faccio anche io per non infastidirla, solo perché lo faccio non vuol dire che lo approvi. »
Presi coraggio e mi girai verso di lui inchiodando i miei occhi grigi nei suoi che scesero per un breve secondo sulle mie labbra, fu così breve che pensai di averlo immaginato.
« Mia madre e suo zio si frequentano, so che l'ha saputo. » mormorò senza nessuna emozione nella voce.
« Le dà fastidio? » il mio fu quasi un sussurro.
All'interno delle mura lavorative pretendevo torni formali ma all'infuori volevo il contrario, desideravo sentirmi una donna qualunque senza un lavoro difficile ed importante sulle spalle.
« Perché dovrebbe? Stimo molto suo zio. » il barman posò il suo alcolico sul bancone.
« Questo l'avevo capito. » mormorai leggermente mentre lo osservai togliere la cannuccia dal bicchiere per poi posare le labbra carnose su di esso. Osservai quel gesto ammaliata pensando che avesse una grazia ed eleganza che pochi uomini possedevano, forse pochissimi.
« Comunque... » volevo continuare a parlare, il silenzio con lui mi imbarazzava. Scostò le labbra dal bicchiere ma non alzò lo sguardo su di me. « Proprio perché ci conosciamo non dovrebbe smetterla di rivolgersi così a me? Mi fa sembrare una donna di sessant'anni se mi rivolge un tono formale, all'infuori dell'ambito lavorativo gradirei essere trattata come una donna normale. »
Sorseggiai le ultime gocce del mio cocktail mentre lui tornò con lo sguardo su di me, lo sentivo, sentivo premere sulla mia pelle come se volesse leggere qualcosa dentro di me, era una sensazione che avvertivo ogni volta che mi guardava.
« Mio zio non la licenzierà se mi chiamerà normalmente senza farmi sentire una sessantenne. » continuai decisa ad ottenere un tono informale da lui. Posai i miei occhi nei suoi ed aspettai che dicesse qualcosa.
Mise le mani nella tasca del pantalone nero di tessuto facendo flettere la camicia bianca che gli copriva il corpo tonico. « Allison. » mormorò il mio nome piano, sembrava quasi stesse parlando con se stesso quindi non gli risposi ma lo guardai solamente.
Prese il portafogli grigio dalla tasca e posò una banconota sul bancone. « Pago anche il suo mojito analcolico. » lo pronunciò quasi come se si stesse sbeffeggiando di me in modo velato, in un modo che solo io avrei potuto capire.
« Non capisco il motivo del tuo gesto. » con le dita gli passai la banconota con la quale avrei dovuto pagare il mio cocktail ma lui la respinse trascinandola verso di me.
Mi sorrise per la prima volta facendomi ammirare i suoi denti bianchi e perfetti mentre io non riuscì a capire se mi stesse prendendo per il culo o meno. « Ormai siamo di famiglia, non trovi? »
Non seppi cosa dire, mi aveva sorpreso. « Andiamo.» mi fece cenno con il capo di tornare dai ragazzi ed io eseguì l'ordine alzandomi dallo sgabello del piano bar.
Lo seguì tra la folla per non perdermi tra tutta quella gente e quando un tizio ubriaco stava per venirmi addosso Mason mi coprì spingendolo via con la mano.
« Dammi la mano » esclamò facendomi sbarrare gli occhi.
« Cosa? »
Decise di agire a modo suo e di intrappolare la mia mano minuta nella sua mano enorme che fece scomparire la mia, mi beai di quel contatto con il suo corpo e della sensazione nuova che provai.
« Che fine avevi fatto? » appena Ashley mi rivolse la parola Mason staccò la sua mano dalla mia ponendo fine alla sensazione di calore che avevo provato in quel frangente di tempo.
Lo osservai mentre decise di sedersi tra Mark e Cole che parlavano di qualcosa che sembrò non interessargli subito.
« Scusa è che il barman ci ha messo troppo. » mi accomodai vicino a lei mentre incrociai di nuovo lo sguardo di Mason che mi parve divertito senza un apparente motivo.
Quella sera, una volta messa nel letto, capì che quell'uomo in qualche assurdo modo mi avrebbe fatta impazzire.

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