35. ...but you can't let me go (2)

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POV KIA

Mi guardo intorno, confusa dall'ambiente circostante.

Prima ero a scuola mentre ora mi trovo in un luogo che non ha niente se non bianco, è tutto bianco, davanti a me, al mio fianco, dietro.

Non trovo corridoi, armadietti, neppure strade, né alcun tipo di oggetto.

Bianco totale.

Mi guardo il corpo, ho ancora la divisa scolastica addosso.

All'improvviso mi ricordo del dolore alla tempia, alzo la mano e con i polpastrelli la tocco, mi rendo conto ben presto che non fa più male e che è tutto a posto.

Strano, credevo di avere sbattuto.

Almeno le voci sono scomparse.

Riprendo a guardare l'ambiente, giro in tondo, cercando di captare anche soltanto qualcosa, finché il mio sguardo viene catturato da una figura lontana da me di qualche metro.

Prima non c'era.

Assottiglio le palpebre, mettendola pian piano a fuoco, rendendomi conto che assomiglia tanto a... me.

Sono io.

Mi stropiccio gli occhi, come se così facendo la Kia davanti a me potesse sparire, ma ciò non accade, rimane.

Sto impazzendo, non c'è altra spiegazione.

Forse sono in paradiso.

«Tu sei me?» domando in un sussurro, rimanendo ferma come un palo.

Le sue labbra si incurvano in un sorriso dolce, mentre i suoi occhi neri si illuminano, noto che non sono uguali ai miei, no.

I suoi sono molto vivaci, il nero all'interno non sembra cupo quanto il mio, anzi, all'interno ci sono delle chiazze bianche.

«Ciao Kia, e si, sono te.»

Spalanco la bocca. «Com'è possibile?»

Sembra alquanto divertita da questa situazione. «Sono una parte della tua mente, quella razionale, che credevi rinchiusa in una prigionia. Beh, non lo sono davvero. Sono sempre rimasta qui -indica la mia testa- semplicemente non mi hai mai permesso di intervenire. O almeno, quasi mai.» si avvicina lentamente, fermandosi a un passo da me. «È arrivato il mio momento, o per meglio dire, il nostro, una volta per tutte.»

«Sono in paradiso, per caso?» chiedo, incredula da tutto ciò.

Nega con il capo e alza una mano, toccandomi la guancia. Il suo tocco è caloroso, dolce e assomiglia a... casa.

È questa la sensazione che mi da.

«Sei semplicemente nella tua stessa testa. Che, come puoi vedere, non è oscura come credevi. Mi correggo, non lo è più. Non del tutto, almeno.» il suo sguardo scatta di lato e si rattrista. «Perché c'è ancora una buona parte molto... oscura.»

Sposto lo sguardo anche io, scoprendo che in lontananza, in realtà, non c'è solo bianco ma c'è una grande parte nera, di un nero così scuro e intenso che credo sarebbe impossibile non perdersi là dentro.

Tuttavia, una cosa la vedo.

Una sagoma, raggomitolata su sé stessa che si abbraccia le gambe.

Non riesco a capire bene cosa sia ma mi appare molto familiare, e il mio cuore, nel vederla, si restringe e fa male, come a venire stretto in una presa salda e dolorosa.

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