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Da quel giorno Erica riprende ad andare a scuola con il cappuccio sulla testa e le nuvole dentro, sentendosi ancora una volta profondamente fuori posto. 

Dopo una settimana nominano la nuova docente di italiano, è una cinquantenne bassa e astiosa, che sbaglia i congiuntivi e che lei non sopporta perché gli fa leggere soltanto libri idioti degli antichi programmi ministeriali e non ha nessuna passione per l'insegnamento, sembra neppure nessun interesse per gli studenti, che riprende e mortifica con eccessivo zelo. 

Riesce a prendere il primo 5 in italiano della sua vita, perché secondo la docente lei è uscita fuori tema nello scrivere un testo sulla seconda guerra mondiale. 

"È una deficiente" si lamenta con Silvia e Matteo, mentre li aggiorna sul brutto voto. Hanno continuato a vedersi, anche se il corso si scrittura è stato sospeso. Hanno fondato un club di lettura, ogni mese comprano un libro uguale e poi ne discutono insieme davanti a una cioccolata calda nel bar centrale. 

"Ti fa sempre incazzare..." nota Matteo.

"Sì, non gliene frega niente di insegnare, però ci prende gusto a piazzare brutti voti..."

"Nessuno sarà mai come lei..." dice Silvia malinconica.

Sono orfani di Marta Ferrari, la miglior insegnante che quella scuola abbia mai visto. Giusta, moderna, con tantissima voglia di insegnare e conoscere i ragazzi. 

"Ho sentito che ha avuto un esaurimento..." dice Matteo.

"Ma smettila! Non è la tipa. Sarà rimasta incinta..." ipotizza Silvia.

Erica rimane in silenzio, con un dolore sordo che l'attraversa come sempre, quando parlano di lei. 

I pochi mesi prima della fine della scuola passano velocemente ed Erica riesce a strappare un 6 in italiano e una magra sufficienza anche nelle altre materie. Va a scuola perché deve, altrimenti sarebbe già scappata a fare qualsiasi altra cosa. 

Sua madre è rimasta delusissima per la sua pagella, non le ha rivolto la parola per un mese, le ha intimato di passare l'estate a studiare, che se fosse uscita con qui voti anche l'anno prossimo, al termine del quinto anno, sarebbe stato difficilissimo iscriversi all'università in leggi. Ma lei l'ha trascorsa in spiaggia con gli amici, perché non le importava nulla dell'università, meno che mai la facoltà di leggi, che aveva deciso sua madre, non lei. Voleva solamente stringere i denti sino alla maggiore età, prendere il diploma e scappare il più lontano possibile. Ora più che mai. 

Il ricordo di Marta la tormenta, ma lentamente si convince di essersi inventata tutto. Di essersi presa una stupida cotta non ricambiata. Pensa che la professoressa avrà avuto un qualche problema in famiglia, o abbia deciso che l'insegnamento era una distrazione dai suoi veri progetti ed era andata via, pensando a sé stessa. Certo non a dare a lei una spiegazione. 

Durante l'estate esce spesso con Silvia e Matteo. Si siedono sui muretti del centro storico a scrivere racconti, se li passano e li continuano a vicenda, sognano una scuola di scrittura.

Bevono birre ghiacciate in costume al tramonto, vanno a qualche festa. Erica respinge tutti i ragazzi che le si avvicinano, si guarda intorno con circospezione, cercando invano qualcuno che la faccia emozionare come con Marta. Ma è impossibile. Si rassegna ad essere quella burbera del gruppo, innamorata dei libri e della sua bici da corsa verde. 

Quando arriva settembre lei è più magra che mai, abbronzatissima, sempre incazzata con il mondo, ma convinta di dover mettersi d'impegno a studiare. Perché ora un'obiettivo ce l'aveva: la scuola di scrittura. Lei e Silvia avevano già fatto domanda per una borsa di studio alla scuola Holden, la più importante in Italia e aspettavano trepidanti una risposta. 

Doveva fare in modo che le cose fossero diverse, si doveva concentrare sui suoi obiettivi, la doveva smettere di lottare contro gli altri e cercare di fare qualcosa di produttivo per sé stessa.


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