Capitolo 20

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I giorni successivi furono una giostra per me. Alternavo la monotonia della luce del giorno alle scampagnate notturne con Francia, gli sguardi fuggiaschi sotto il sole cocente di Luglio ai lunghi contatti fisici delle sere in salotto. I miei amici iniziarono a chiedersi qualcosa e a interrogare pure me sulla faccenda. Il più insistente era sicuramente Finlandia, a cui non avevo più fatto concretamente sapere come fosse andato il mio incontro con Francia. Tuttavia ero un po' restio dal dire in giro quel che io e quella ragazza facevamo ogni notte, per quanto avessi piena fiducia in loro: semplicemente avevo timore che rivelare quel nostro segreto avrebbe distrutto la magia di quegli incontri oscuri. Inoltre adoravo come la chimica tra me e Francia fosse nata da una scusa non detta ma comunque sempre implicita per la serata del ballo. Eppure la mia gelosia cresceva ogni giorno di più, quando mi ricordavo che quella ragazza passava la maggior parte del suo tempo con Regno Unito, anche se non potevo far altro che essere grato di questa cosa, poiché ciò significava che i suoi amici non sospettavano nulla riguardo a noi due. Ma poi un pomeriggio questo equilibrio si ruppe.

Eravamo quasi tutti, esclusi Unione Sovietica e Turchia, seduti sotto il portico della villa. Nonostante avessi attorno Italia, Finlandia, Austria ed Ungheria, la mia mente era rivolta alle persone sedute a degli altri tavoli poco distanti. Ivi infatti sedevano Weimar, Israele, Belgio, ma soprattutto Regno Unito e Francia, la quale era appoggiata sulle ginocchia dell'inglese. Italia, che nel frattempo si era avvicinato a me, probabilmente avendo notato che ero assente, mi disse.

I:" Cosa stai guardando?"

R:" Nulla, sono solo pensieroso"

I:" Strano, perché mi sembra che tu stessi guardando proprio in direzione di Francia e Regno Unito, come mai? L'inglese ti ha detto qualcosa?"

R:" Nulla più del solito, si limita a sparlare di noi come sempre; non potete capire quanto mi dia fastidio il suo sorrisino, è quasi più viscido di quello di Weimar"

A:" Hai ragione, per non parlare della sua ragazza. Solo la sua risata mi fa accapponare la pelle, è falsa come poche".

In quel momento guardai mia sorella con uno sguardo nuovo, vidi in lei quella scintilla che poche altre volte le avevo visto nel corpo. Tuttavia le sue parole mi ferivano, avrei voluto raccontarle tutto, ma ciò sarebbe andato in contraddizione con le mie scelte precedenti, pertanto mi adeguai alla sua visione delle cose.

Con nostra grande sorpresa la cena ci venne servita lì, su quei tavolini, poiché dentro faceva fin troppo caldo in quella serata estiva. Mentre mangiavamo Finlandia prese la parola.

FIN:" Ragazzi, che ne dite se poi ci facessimo un giro nel bosco, quando cala il buio?"

U:" Che bella idea!"

A:" Allora facciamolo"

R:" Va bene, ci vediamo stasera allora".

Finimmo di mangiare in silenzio, tutti avevamo già negli occhi l'emozione per l'avventura di quella notte. Tuttavia, essendo io l'ultimo ad alzarmi dal nostro tavolo, vidi che Francia mi faceva dei segni con le mani, chiedendomi di aspettarla. Evidentemente aveva qualcosa da dirmi. Pertanto decisi di rimanere ancora un po' lì, attendendo che anche lei rimanesse da sola. Quando ciò accadde mi avvicinai a lei con cautela. Lei, con voce suadente, mi disse.

F:" Credi che non abbia notato i tuoi sguardi gelosi, Reich? Ma lo sai che dovrai aspettare ancora qualche ora per il nostro incontro"

R:" Ecco, in verità i miei amici mi avrebbero invitato a fare un giro nel bosco al buio, e per non destare alcun sospetto vorrei seguirli"

F:" Oh, capisco, vorrà dire che verremo anche noi, se non è un problema, non resisterei una sera senza un tuo sguardo, lo sai bene".

Non sapevo bene se apprezzare le sue parole o se prenderle come una lusinga inutile. Comunque accettai la sua proposta, ma le chiesi di venire staccati dal nostro gruppo, in modo tale da non destare sospetti. Fatto ciò mi diressi in camera e mi preparai per la serata che si andava profilando. Qualche ora dopo ero tornato all'esterno, dove trovai tutti gli altri già pronti. 

A:" Il Sole dovrebbe tramontare a momenti, siamo quasi pronti per partire"

U:" Perfetto, allora aspettiamo".

Non appena mia sorella ebbe finito di parlare spuntarono gli altri, guidati proprio da Francia in persona, la quale portava i capelli raccolti in un'adorabile coda simile a quella che avevo visto tante volte sulla testa di mia madre; sul suo viso le apparve un sorriso immenso quando mi vide in tenuta da montagna, ma immediatamente si rivolse ai suoi compagni.

A:" Non ci posso credere, ci hanno rubato l'idea! Che facciamo ragazzi?"

R:" Io propongo di andare lo stesso"

FIN:" Bravo Reich, ben detto; dopotutto cosa ce ne frega se vengono anche loro".

Non tutti erano convinti della nostra posizione ma iniziammo a camminare lo stesso, poco distante da noi anche l'altro gruppo si mosse.
Gli alberi ci accolsero con una cappa di umidità estiva parecchio pesante. In mezzo a quel groviglio vegetale le nostre ombre spuntavano e sparivano, sempre più lunghe man mano che il Sole scendeva. Poi, d'improvviso, sopraggiunse il buio e tutti diventammo figure indefinite. Faticavamo a riconoscerci e a seguire un percorso comune soprattutto con l'infittirsi della vegetazione attorno a noi. Mentre vagavamo nell'oscurità un rumore forte e animalesco ci colse di sorpresa, rompendo del tutto la nostra formazione già disordinata e gettando la situazione in preda al panico. Guardandomi attorno mi orientavo a stento e cercavo di seguire la luce che fievole proveniva da una delle finestre della villa. Nel frattempo speravo di rincontrare qualcuno del gruppo. Ed ecco che dopo qualche minuto di rotta di collo finii contro una delle figure oscure, che tuttavia sembrava stranamente ferma. Quando rialzai gli occhi per vederla meglio, scoprii che si trattava della stessa figura che avevo visto nello specchio qualche mese prima: la stessa espressione fredda e mostruosa, gli occhi iniettati di sangue, la bocca aperta in un sorriso malvagio. A quel punto il panico lasciò spazio al terrore e mi congelai sul posto. Per mia fortuna il soggetto si dileguò nel momento in cui qualcuno mi toccò la spalla destra; mi voltai: era Francia, proprio lei.

F:" Hey Reich, avete sentito qualcosa anche voi?"

R:" Si, gli altri sono scappati e io mi sono ritrovato qua da solo"

F:" Secondo te cos'era?"

R:" Qualche sorta di animale, non ne ho idea"

F:" Come mai hai quest'aria strana? Ti guardi attorno tutto spaventato. Che succede?"

R:" Nulla di importante, cercavo solo di capire dove siamo".

Sentii il suo corpo farsi più vicino al mio, accovacciarsi accanto al punto in cui ero caduto a causa del mio primo scontro e accocolarsi alla mia figura. Era piacevole la sua presenza.

F:" Sai, non è poi così male qui. Potremmo rimanere un altro po''

R:" Come vuoi".

La mia attenzione venne catturata dal luccichio dei suoi occhi e rimasi incantato, tanto da dissolvere ogni traccia delle paure precedenti. Rimanemmo in quella posizione per attimi magici, per poi scioglierci nell'unione più pura che due esseri umani possono provare: l'abbraccio. Esso è completo poiché avvolge le due figure in una danza di protezione, le spalle sono offerte alle mani del compagno con fiducia estrema; proprio di questa fiducia si riempì quella radura dove ci trovavamo, ed era bellissimo.

Eredità di un mostro - CountryhumansWhere stories live. Discover now