II - A Lidia

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Mercoledì 27 settembre '23

Milano,

nel cuore guasto di un hinterland piangente

Mia cara ragazza,

A noi il proverbio: il faut qu'une porte soit ouverte ou fermée. Una spiaggia che si svuota dei suoi inquilini, allegoria della Festa appena conclusa - ma sarà tutto più bello quando farò ritorno, te lo prometto. Questi sono stati, per non tacere nulla, giorni di cerimoniosa letargia, fuochi d'artificio e spettacoli di niente. Come mi sento? Non oso avanzare fino alla risoluzione del labirinto, poiché possiedo la ferma sicurezza che una potenziale via d'uscita non mi condurrebbe, in ogni caso, a mete più auspicabili. Una storia senza fine e il cuore rabbrividisce. Però, Lidia, sappi che è con estrema dolcezza che io mi esprimo in questi termini. Sono anestetizzato. Ce lo siamo già detti, io l'ho già detto: la melanconia è la mia più intima tendenza. Io sono una malattia. Ricordi? Come un mestierante del malumore, Zeno rimane rinchiuso nel suo lazzaretto invalicabile, a rifocillarsi di junk food, pagine di Playboy e b-movie americani. Dovrei guardarmi con riprovazione, farmi schifo, ma poi la trama diventa tachicardica, Billy Loomis affila il coltello e, prontamente, sono dimentico di me e della vita stessa. Ma tu, adesso, dimmi una cosa sincera. Getta via i vestiti, i connotati, i ritratti. Dimmi una cosa sincera, Lidia. Domandami. Se tu fossi qua, ecco cosa farei: mi siederei vicino a te, in silenzio, con l'orecchio teso in direzione della tua voce, in allerta di un tuo messaggio. Fai in modo che il mio interrogare non sprofondi nel nulla. Sei ancora in tempo per esserci. Abbracciami.

Un delizioso saluto -

L'amore sempre,

Zen.

L'allegria purissima di sbagliareWhere stories live. Discover now