III - A Zeno

37 4 4
                                    

Lunedì 2 ottobre '23

Lungomare Harmine

Caro Zeno,

tu non sei una malattia. Credo che il mondo, in genere, tenda ad isolare e mantenere una certa distanza di facciata da chi sente veramente ciò che lo attraversa e lo manifesta in tutte le sfaccettature che conosce. Il mondo ha paura di queste teste perché la verità fa paura. Semplice.

Il tempo qui sembra fermarsi dopo la frenesia estiva. Lo si può notare dalle piccole cose. Non c'è più la fila all'edicolante e le rughe severe di espressione di Colombo sono improvvisamente sparite. Al mattino presto si può fare colazione con un suo sorriso e sentire la sua voce finalmente chiamarti per nome e non borbottare saluti. Le facce che incontro iniziano ad esser sepre le stesse. Tra non molto chiuderemo il Lido per la pausa invernale. Un po mi fa paura starmene con le mani in mano, dall'altra non vedo l'ora di concedermi un attimo per respirare.

Farò finta che tu sia veramente qui fianco a me e il tuo sguardo sia ancora quello del bambino a cui leggevo il Piccolo Principe. Quindi ascoltami bene.

Per un periodo ho lasciato che tutto prendesse il sopravvento. Il silenzio, me stessa, gli avvenimenti, le immagini e il proliferare inutile delle non chiacchiere che intorno a me facevano. Tutto mi buttava a terra. Schiacciava i pensieri e mi impediva anche di respirare.

Credo che in quel frangente di vita io abbia avuto bisogno di abituarmi al mio nuovo percepire questo mondo, a ciò che mi aveva tolto e quello che aveva lasciato.

Tu sai cosa ti ha tolto? Sei in grado di accettare quello che ha lasciato?

Per essere in grado di ricevere abbracci bisogna prima imparare ad abbracciarsi da soli, Zeno. E no non è una cosa brutta. Riflettici. Tu lo sai fare.

Cerca di sorridere e non rifugiarti, esci, siamo sotto lo stesso cielo e questa sera c'è una luna spettacolare.

Lidia

L'allegria purissima di sbagliareWhere stories live. Discover now