Prologo

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Aprile 2010Casa Itadori, Città di Sendai

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Aprile 2010
Casa Itadori, Città di Sendai

«Oh no, sorellona, l'ho tagliata...» sospirò il bambino osservando il gambo del fiore ormai reciso con il suo rastrello giocattolo, mentre grossi lacrimoni minacciavano di uscire dagli occhi color nocciola.

«Devi fare attenzione, Yūji - risposi avvicinandomi a lui per constatare il misfatto - le orchidee sono fiori estremamente delicati. Pazienza, imparerai.» sospirai, prendendo istintivamente il bocciolo tra le mani.

Era una calda giornata di aprile, una di quelle giornate in cui il sole è talmente forte da farti desiderare di startene in spiaggia a sguazzare nell'acqua. Adoravo l'acqua: mi piaceva nuotare, provare la sensazione di muovermi senza sottostare al peso della gravità, ma più di tutto amavo starmene sott'acqua e non sentire nient'altro che il rumore del mare. Era come se fossi in una bolla, lontana dal caos del mondo esterno. Non per vantarmi, ma ho anche una spiccata capacità di apnea riuscendo a trattenere il respiro per più di cinque minuti.

Quel giorno non avevo scuola e allora decisi di fare un po' di giardinaggio, seguita a ruota da mio fratello minore, Yuji, che aveva 8 anni e la capacità di annoiarsi facilmente. Per lui il giardinaggio era come il luna park in quel momento e io cercai d'insegnargli quante più cose possibili. Me la cavavo piuttosto bene.

Persa tra i miei pensieri chiusi gli occhi per un secondo, continuando a stringere il bocciolo nella mia mano.

«Bambini, sta calando la sera, rientrate prima di che prendiate troppo freddo!» fu la voce della nonna a riportarmi alla realtà.

«Arriviamo!» le risposi di rimando, alzandomi per sistemare l'innaffiatoio e gli altri strumenti nell'apposito ripostiglio.

Io e mio fratello avevamo perso i genitori qualche anno fa, quando lui aveva solo 3 anni. Io e lui ci passiamo due anni, di conseguenza nessuno dei due aveva ricordi vividi di Kaori e Jin Itadori.

Siamo stati cresciuti dai nonni paterni, che non ci hanno mai fatto mancare nulla, tantomeno l'amore che non ci hanno potuto dare i nostri genitori. Eravamo felici.

Prima di rientrare, guardai mio fratello con un'espressione di disappunto: aveva tutto il viso sporco di terriccio, evidentemente con l'intento di asciugarsi le lacrime aveva fatto peggio.

«Dai basta, lasciami!» si lamentava lui, dimenandosi dalla mia stretta mentre gli passavo con forza le dita bagnate di saliva sulle guance.

«Sta' fermo, ci vuole un minuto» risposi, soddisfatta della mia opera.

Fu mentre ci voltammo per dirigerci dentro l'abitazione che la vocina di mio fratello attirò la mia attenzione, facendomi voltare verso l'aiuola dov'erano piantate le orchidee.

«Sakura, guarda! - esclamò stupido - l'orchidea, è fiorita! Come hai fatto, sorellona? L'hai tenuta nelle tue mani ed è fiorita! Sei magica!»

Iniziò a saltellare felice, correndo verso la nonna per informarla dell'incredibile accaduto.
Beh, di incredibile per me, c'era ben poco.

Era da quando avevo memoria, infatti, che vedevo sbocciare fiori o germogliare piante: pietra, sabbia, neve, acqua, bastava volerlo.

Così come pioveva quando mi sentivo triste, oppure come tirava il vento quando ero arrabbiata. Ancora, come splendeva il sole quando mi sentivo al massimo della gioia.

Ma di queste cose, nessuno sapeva niente.
E nessuno doveva saperlo.

Fortunatamente, Yuji era troppo piccolo per ricordarsi di quanto accaduto quella calda giornata d'aprile di sette anni fa.

Fortunatamente, Yuji era troppo piccolo per ricordarsi di quanto accaduto quella calda giornata d'aprile di sette anni fa

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Sakura Fubuki • Toge InumakiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora