Anche quel giorno era in ritardo.

Ma non era colpa sua: la macchina non aveva voluto saperne di partire, il bus era arrivato tardi e pioveva come la terra.

Portarsi dietro una tastiera come la Korg, tra l'altro, non era facile. E il fondo dei jeans si era sporcato e infradiciato.

Per fortuna il cappuccio del maglione le aveva riparato il capo, almeno si sarebbe risparmiata una bella influenza.

Fuori dal finestrino del mezzo pubblico, la pioggia imperversava prepotente. Le strade erano piene d'acqua, il traffico impazzito, e gettò uno sguardo sull'orologio, constatando che aveva appena un quarto d'ora di ritardo.

Pensava peggio, così si rilassò appoggiandosi sul sedile. Allargò le gambe lasciando ciondolare le mani dalle cosce, ipnotizzata da un piccolo tamponamento che rallentava la corsia contraria alla sua.

Tamburellò sulla guancia con un paio di dita al ritmo di The logical song dei Supertramp, sparata negli auricolari a tenerle compagnia in quel percorso che le sembrò più lungo del solito. Si voltò, allungò il collo nel corridoio e si alzò, aggrappandosi a un sedile con la mano libera.

Le porte si aprirono, la pioggia ancora scrosciava ma balzò giù e si diresse a grandi falcate verso la saletta, spalancando la porta col fiatone.

S'infilò nella stanza numero 2, quella che affittavano sempre tutti e quattro, finché il suono di una chitarra di troppo non la fermò.

Pensò di aver sbagliato giorno, ma proseguì dopo un attimo di esitazione. Si affacciò sulla porta, lasciando che nel suo campo visivo entrassero tutti gli altri.

Di spalle però c'era un tizio che non aveva mai visto, con dei fiammanti capelli rossi che ricadevano ben oltre le spalle.

«Cass, era ora!»

Jean l'aveva accolta con la sua solita indiscrezione. La ragazza fece due passi all'interno della stanza, «Mi è partita la macchina, è stata un'odissea arrivare.»

«Non è un problema, stiamo testando il nuovo chitarrista.»

Rovesciò appena gli occhi al cielo: non amava avere a che fare con gente nuova, e poi avevano bisogno di un bassista, non di un chitarrista.

Con la volontà di rimproverarla, guardò male Ashley, e la bionda alzò le mani a mezz'aria, «Non posso fare tutto da sola.»

«Comunque, questa ritardataria è la nostra tastierista, Cassandra», Nereo fece le presentazioni per smorzare un'eventuale discussione, «Cass, lui è Leon.»

Quando quello si voltò, e il fiato le si mozzò in gola lasciandola senza parole.

Lo trovò bello come non era mai successo in vita sua, e la cosa la irritò. Sentì la maschera crollare, si calò il cappuccio sulle spalle per pura cortesia.

«Ciao.»

La voce del ragazzo era calda, piena, e fu solo un elemento che le confermò di essere vittima di un colpo di fulmine. Non poteva accettarlo. Doveva fare qualcosa per opporsi a se stessa.

«Ciao. Tutto quel ferro in faccia... è proprio necessario?»

 è proprio necessario?»

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
CreepDove le storie prendono vita. Scoprilo ora