42. We need to talk.

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Camminava dietro di lui, il quale lo guidava verso una stanza molto particolare, scendendo ai piani inferiori della villa. Verso lo scantinato. Girarono verso un corridoio sulla destra subito dopo l'ultimo scalino, varcando un corridoio poco illuminato e che portava un gelido presagio.

I loro passi rimbombavano sulle pareti, rendendo la cosa abbastanza inquietante di quanto già non fosse.

Ed Izuku era dannatamente nervoso e teso. Ma dietro quel fascio di nervi tremolante, era altrettanto dannatamente deciso.

Voleva risolvere quella questione una volta per tutte ed il prima possibile. Dal momento stesso in cui Katsuki gliene aveva parlato poco prima.

Entrambi i ragazzi si fermano davanti ad una pesante porta blindata in metallo. Katsuki è il primo a voltarsi, un'espressione seria e quasi mortale, mentre studia per un'ultima volta il volto del suo amato, cercandone la minima traccia di esitazione o ripensamento.

Ma non vide altro che determinazione.

Sospirò, portandosi una mano a scompigliarsi le ciocche bionde, apparendo esasperato dalla cocciutaggine del verdino. <Devo chiedertelo ancora una volta: ne sei certo? Assolutamente certo di volerlo fare?>

<E pere la ventiquattresima volta: si Kacchan, ne sono assolutamente certo. Voglio farlo.> 

Katsuki sospirò ancora una volta, prima di annuire più a sé stesso che al verdino. Lui non era molto contento della sua decisione, ma non glielo avrebbe impedito se quella era la sua volontà. Doveva fidarsi di lui. Ma gli aveva chiesto di essere prudente. Quello era l'accordo.

Anche se il suo istinto gli gridava di afferrarlo per le spalle e portarlo via di lì, fargli dimenticare quella storia e non pensarci più. Seppur lui stesso non riusciva a toglierselo dalla mente. Era un promemoria costante, un pallino tra i pensieri e non poteva vivere tranquillamente come se nulla fosse senza prima risolvere quella questione lasciandolo in eterno a patire laggiù.

Aveva commesso degli errori, si, ma era pur sempre Eijiro e per quanto il viscerale bisogno di riempirlo di botte e spaccargli la faccia, Katsuki non era così tanto crudele da ignorarne le sorti. 

In fondo, gli mancava...

Era il suo migliore amico, suo fratello, il suo braccio destro...

Ovviamente, Katsuki non avrebbe lasciato da solo Izuku. I suoi occhi non lo avrebbero perso di vista nemmeno per un istante. E vedere le sue dita strette i tesi e tremolanti pugni, tanto da rendere la pelle pallida per l'intensità della presa, gli fece desiderare ancora una volta di trascinarlo via. Ma si trattenne.

Finalmente si decise ad aprire, emettendo un altro debole sospiro e chiuse per un attimo gli occhi. Ne era personalmente l'artefice, ma vedere quelle iridi carminio socchiuse ed esauste, sofferenti, erano un dolore diverso al cuore di quello della paura provata di quando rischiò di perdere Izuku. 

Con la serratura elettronica, Katsuki aprì la pesante porta blindata. Il suo battito cardiaco gli rimbombava nelle orecchie. Lo stavano facendo davvero? Lo stava permettendo davvero?

Izuku fece in respiro profondo e si preparò mentalmente a qualunque cosa lo attendesse oltre. Rapidamente, Katsuki forzò la porta.

La luce proveniva da un led bianco sul soffitto, ma era sufficiente per vedere il corpo sul pavimento, malamente seduto contro la parete. Le ginocchia alzate e lievemente divaricate, poggiato ad esse con i gomiti per sorreggersi. La testa bassa e penzolante, i capelli unti di sangue, sporcizia e sudore, ormai di un opaco rosso da cui si poteva già intravedere una ricrescita nera alle radici, ricadevano sul viso pallido e livido.

𝑨𝒎 𝑰 𝒂 𝒔𝒍𝒂𝒗𝒆 𝒇𝒐𝒓 𝒚𝒐𝒖? {Bakudeku}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora