34. Desideri contrastanti

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Mese della Bilancia


Dopo quel primo incontro, Chanti si trasferisce alle serre, e Shadee fa carte false per restare con lei ed evitare ogni ulteriore contatto con il re. Sotto la luce dei suoi sorrisi esagerati riesce a non pensare a Jaja, si illude di non doverlo uccidere come ordinato dalla casata. È solo una finzione, un brandello di felicità destinato ad appassire, ma per il momento vuole chiudere gli occhi e pensare che tutto si risolverà al meglio.

Le mani di Chanti sono nate per guarire. Curano le preoccupazioni che lo tormentano, coccolano i fiori che crescono tra le voliere di rame e si arrotolano ai pilastri sotto il soffitto di vetro temperato. Anche Shadee contribuisce a quel processo di rinascita. Con l'acqua di Dagan genera ruscelli per irrorare le piante e donare agli aranci la magia che ha ereditato da sua madre.

"Vedi" gli dicono in silenzio i fiori e l'erba novella. "Tu sei questo. Non sei l'assassino di Isedu, non sei il giocattolo di tuo padre. Tu sei buono e meriti l'amore. Devi avere il coraggio di diventare chi vuoi."

Sarebbe semplice vivere sempre così, protetto in quel regno di quiete dove non ci sono obblighi e doveri, ma è un sogno destinato a infrangersi, e Shadee lo capisce qualche settimana dopo quando suo padre lo convoca nuovamente a rapporto. Questa volta lo studio è spoglio. Le ancelle hanno ammassato ogni avere, arma e indumento in alcuni bauli di mogano lustro che emanano l'aria di un'imminente partenza.

Seduto davanti a una scrivania sgombera, se non per i sigilli e una missiva abbozzata, il re lo fissa con la solita aria solenne che non accetta proteste. «Fra tredici giorni torneremo a Reggia Blu. Dopo che tuo fratello ha disertato, sono stato costretto a spedirti qui per non destare sospetti con il popolo, ma l'attentato ai Mille Soli darà credibilità al tuo rientro nella capitale.»

La saliva diventa piombo incandescente. È quello che ha sempre voluto, no? Tornare tra le mura di Reggia Blu, poter visitare di nuovo il simulacro di sua madre, ma in quell'istante Shadee si sente annaspare perché non è pronto a venire sradicato da Sabbiafine, perché è come se partire generasse sul suo corpo un atto di violenza impossibile da contenere. «Penseranno che sono debole se scappo.»

Suo padre scuote la testa. «Ti ho fatto uccidere Isedu per rafforzarti. Nessuno, né qui né nella casata metterà più in dubbio il tuo ruolo, soprattutto ora che hai accettato di uccidere Jaja.» Il nome di Isedu è ancora un nervo scoperto che trasmette un senso di indolenzimento e uno strano formicolio in tutto il corpo, quello di Jaja una folgore che disintegra ogni traccia di respiro. «È naturale che l'erede al trono resti a palazzo in vista della successione.»

«Non diventerò un sovrano presto. Siete giovane, mio re.» La verità è che non vuole tornare a Reggia Blu, non vuole distruggere il mondo che ha creato, rinchiudersi in un posto in cui non può esistere. Poteva farlo prima quando credeva di dover sottostare a una regola e alla forza di un'abitudine, ma adesso? Vivere è un vizio bellissimo. Serve una grande forza di volontà per rinunciarvi e costringersi a retrocedere nell'ombra.

Ma come al solito la sua opinione non conta. Il re chiude i sigilli in una scatoletta rivestita da ghirigori dorati. «Nessuno deve sapere della nostra partenza. Daremo la notizia con una sola ora d'anticipo anche agli altri Spilli. Non una parola con Chenzira.»

Shadee annuisce, sebbene non comprenda la necessità di tanta segretezza.

«E nemmeno a Bulbun» si raccomanda suo padre.

Non sarà difficile. Shadee è sempre stato attento a non sbottonarsi troppo in sua presenza. «Posso andare adesso?» Deve uscire da lì una volta per tutte, prima di crollare. L'aria della stanza è satura di incenso. Le scie di vapore che si arricciano in controluce gli danno la nausea.

Una storia di ali e spilliWhere stories live. Discover now