Parte 11

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Ci misi parecchio ad arrivare perché la festa era in un terreno in mezzo ad un bosco sopra una collina fuori città, quindi fu facile perdersi. Dopo varie imprecazioni e troppi litri di benzina utilizzati, raggiunsi quella che mi sembrava il sentiero che mi avrebbe portato dove dovevo arrivare. Il terreno non era fatto per essere percorso in scooter, quindi parcheggiai e proseguii a piedi. Avevo proseguito dritto per il sentiero fino al punto che mi indicava il navigatore, ma non ero ancora arrivato. Mi trovavo da solo in mezzo ad un bosco di notte ed ero spaventato. Decisi di mantenere la calma e provare ad andare più avanti, dovevo per forza essere nella direzione giusta. Ad un certo punto vidi un gruppo di persone armate di torcia venirmi in contro. Erano delle mie compagne di classe e tra loro c'era anche S., che era leggermente ubriaca. Appena mi riconobbe mi abbracciò con un affetto che non poté non riportarmi indietro nel tempo. La strinsi meglio che potevo, consapevole del fatto che fu un caso isolato e fortuito. L'ultima volta che l'avevo anche solo toccata era stata molti mesi prima, forse a febbraio. Probabilmente quell'abbraccio fu uno scherzo del karma che voleva farmela pagare per aver fatto soffrire S., facendomi rivivere il passato. Un passato di cui avevo nostalgia e per cui provavo un forte rimorso dal momento in cui la nostra storia finì.

Uscito dal mondo etereo e magico che si era creato al nostro contatto, S. mi assicurò che qualche metro più avanti c'era la mia destinazione, avrei dovuto semplicemente proseguire dritto. Lei e le altre se ne andarono dalla parte opposto, da dov'ero arrivato, chissà per quale ragione. Andando avanti cominciai a sentire della musica, il che mi fece sentire un po' più al sicuro.

Entrai da un cancello e vidi un pezzo di terra apparentemente sconfinato quasi completamente in ombra, fatta eccezione per un piccolo pezzo di luce nel quale si trovavano quasi tutti. Mi incamminai verso il tavolo degli alcolici e nel tragitto salutai chi conoscevo, snobbando momentaneamente chi voleva trattenermi utilizzando la scusa del "ho bisogno di bere". Alcuni capirono, altri mi accompagnarono e fu con quest'ultimi che mi intrattenni inizialmente. Il festeggiato lo incrociai poco dopo il primo drink, lo chiamai a me e gli feci gli auguri dandogli un abbraccio fraterno. Parlammo un po', ma non molto, conversai principalmente con altri miei amici e nel frattempo bevevo, in attesa del ritorno di S. Sul momento mi aveva scosso l'abbraccio, ma ora ne volevo un altro.

Mentre stavo con i miei amici lei stava da sola su una panchina. Guardava il vuoto e aveva un'espressione assorta. Decisi che era arrivato il momento giusto per parlarle, così mi sedetti davanti a lei. Ci raccontammo come avevamo passato le vacanze, dei viaggi, delle feste, di cosa avevamo fatto in generale. Continuammo su questa linea per qualche minuto, poi entrammo nei particolari, andando sempre più nel profondo. Le dissi che nonostante fossi sempre stato in compagnia, mi sentivo molto solo. Le confessai che mi mancava e le accennai dei miei rimorsi e che ero cambiato. Anche lei si confidò: aveva passato un'estate noiosa e vuota.

Avevamo creato una bolla che ci isolava dal mondo, una bolla in cui esistevamo solo noi, ma non come due individui separati, bensì come un'unica entità completa. Mi sentivo in pace per la prima volta dopo parecchi mesi. Dopo quell'inferno che passai all'inizio dell'anno, quel periodo buio di cui vi ho parlato in precedenza, gradualmente avevo ricominciato a vivere, a stare meno male. Però non ero stato realmente sereno, se non per brevi istanti (molte volte causati da alcolici), c'era sempre del rumore nella mia testa. C'era sempre inquietudine in me, in qualsiasi momento. In quella bolla, però, tutto sparì per magia. E io, soprattutto il giorno successivo, tornato solo, mi sentivo estremamente in bisogno di tornare in quello stato estatico. Uno stato in cui mi sentivo pieno di energie, completo e in pace. Insomma, S. era la mia droga e quella sera mi feci una dosa dopo mesi di astinenza. Era questo il problema della nostra relazione, anzi, il mio problema nell'approccio alla relazione: tutto nasceva dal mio bisogno di sentirmi amato. Io mi avvicinai a lei per l'affetto che mi aveva dato, quella volta al pigiama party come quella sera alla festa. Non mi ero mai avvicinato a lei per la sua persona. L'origine del nostro rapporto, dalla mia prospettiva, è sempre stato il mio bisogno di essere amato. E' attorno a questo che girava la nostra storia. Io ne ero sempre stato mezzo consapevole, per questo avevo avuto dei dubbi riguardo i miei sentimenti per lei. Questo non vuol dire che non l'amavo, io l'amavo eccome. Il fatto è che il mio bisogno e il mio amore mi legavano ad una persona che era troppo diversa da me. Io l'avevo sempre saputo ma avevo paura di non sentirmi più amato e di non riuscire ad amare più. Quindi ci ricascavo sempre, come ci ricascava sempre anche lei. L'essenza del nostro rapporto era questa, per questi motivi ci sono sempre stati problemi. Ma io quella sera non ero ancora del tutto consapevole, quindi accettai di farmi ancora una volta di quella droga. Non ho rimpianti per questa scelta, perché comprendo che fu importante ai fini del cammino della mia vita. Non pensate però che passammo solo momenti negativi, perchè non fu così. I primi mesi erano sempre magnifici, ma più stavamo insieme più spuntavano fuori le problematiche. Una volta soddisfatto il mio bisogno, vedevo le cose chiaramente, con una forza impetuosa le differenze tra noi e la realtà delle cose mi investivano, e da lì le crepe tra noi. Ci furono numerosi punti di rottura nel corso della nostra storia e le prime volte ci lasciavamo, successivamente imparai a nascondere le crepe. Dopo quella sera ci rimettemmo insieme e stettimo insieme fino a dopo la maturità e in questa nuovo capitolo della nostra relazione, tutto sembrava perfetto, soprattutto a lei.

La settimana dopo la festa andai in vacanza con la mia famiglia e ricevetti un segnale che non riconobbi. Da un'intuizione scrissi...

Dal diario...

Nel momento esatto in cui sto digitando queste parole mi trovo circondato dal blu. Lo è il cielo e il mare, che si confondono nell'orizzonte, creando un'immagine vaga ed immensamente bella. Il pianeta mi sta mostrando sfumature di questo colore che non ho mai avuto l'onore di contemplare prima d'ora. Vuole che sia partecipe di un'espressione della sua bellezza, lasciandomi percepire una bellezza superiore, al di là delle rappresentazioni, pura, immensa e infinita. Tutto attorno a me è puro e semplice e sono connesso a questo ambiente. Sono in silenzio e sento solo il mio respiro e il suono delle onde, sia quelle naturali sia quelle create dalla nave, che muovendosi rompe il mare. Un imperfezione a livello sonoro che migliora la mia esperienza, o forse mi tiene con i piedi per terra. Cosa simile è quella a livello visivo: quell'isola laggiù e quella nave di là. Tutto interessante e stupendo.

Nella contemplazione di ciò che percepisco provo piacere. Non capisco se sia un appagamento dei sensi o una pace spirituale.

Sono connesso al mondo e annullo la mia identità in esso, momentaneamente.

Ora capisco.

Non ho né problemi né pensieri, sono in pace. Medito. Mi guardo dentro dopo aver guardato fuori e visto oltre, al di là di me e di tutto ciò che è sensibile. Contemplo il mio essere e capisco chi sono o, meglio, percepisco la parte più profonda di me. Essa è uno spirito libero curioso che vuole amare. Non vuole che io viva ancora nell'angoscia, nell'insicurezza, nell'inquietudine e a braccetto con il nichilismo, ma che io trovi benessere, me stesso ed il motivo per cui vivo. Che io comprenda, nell'interezza della mia persona, che ho bisogno e voglio essere libero. Che voglio poter seguire i miei sogni senza preoccupazioni. Che voglio viaggiare, conoscere il mondo e vivere pienamente. Che voglio poter studiare ciò che mi interessa e non ciò che mi viene imposto. Che voglio essere lontano da dogmi, pregiudizi, odio e schemi pre-impostati. Io sono questo.

La fetta del mio essere più recondita e caratteristica mi ha indicato qual è il mio scopo, la mia leggenda personale: è scrivere qualcosa che possa accarezzare gli animi degli uomini e l'anima del mondo, donando la mia interiorità sotto forma di parole, che nel loro insieme sono belle, sono arte. So che se lo desidero ardentemente posso realizzarmi.

È passata una settimana da quando ho messo il pensiero precedente su carta e già è cambiato tutto. Sarebbe bello, è vero, fare una vita colma di avventure, viaggi e alla ricerca di raggiungere il mio obiettivo di diventare un grande scrittore, però ho ritrovato qualcosa che vale più di me stesso e dei miei sogni; o meglio qualcuno.

Sono stato con una ragazza per quasi un anno e ho sempre saputo che fosse la mia "anima gemella", ma io stavo male con me stesso e non riuscivo proprio ad apprezzare quello che avevo, a trattarla bene, ad accettare di amarla. Non sapevo chi ero e nemmeno come amare. In sintesi avevo trovato la persona giusta nel momento sbagliato e questa sfortuna (o fortuna) ci ha fatti soffrire entrambi. Con questo non voglio scaricare la colpa del dolore che ho causato al caso, sono stato io a farla stare male perchè non ero pronto per avere tutto ciò di cui avevo bisogno tra le mani. Lei poteva essere tutto il mio mondo e solo quando l'ho persa mi sono reso conto quanto fosse importante e speciale per me.

Ora sono maturato e pronto per amarla e prendermi cura di lei. È solo questo che voglio, il mio scopo: darle il mio amore, soddisfarle tutti i bisogni e i desideri, non farle mancare nulla, donarle me stesso nella mia più pura totalità.

Sento che se ne avesse bisogno le regalerei la mia anima.

Voglio stare con lei per sempre.

Tutto il resto non conta.

Se dovessi perderla di nuovo non so come farei a sopravvivere. Mi impegnerò al massimo affinché lei possa essere felice con me.

Un'aspirante qualcunoWhere stories live. Discover now