18. Tempo di addii

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Le parole di Sinister furono seguite da un pesante silenzio, l'eco della sua voce che ancora risuonava nella nave.

"È stata colpa mia. Tutto questo è avvenuto unicamente per colpa mia."

Sinister teneva la testa china, il volto nascosto dai lunghi capelli d'ebano. Le sue mani erano strette a pugno lungo i fianchi, con così tanta forza da lasciarle probabilmente i segni suoi palmi.
Kyros ancora si ripeteva quelle parole nella testa, cercando di trovarvi un senso.
Camilla.
Morta.

Camilla.

Morta.
No... non poteva essere. Non poteva essere quello il futuro a cui era destinato, a cui tutti loro erano destinati.

A infrangere l'immobilità della nave fu una mano che si posò con gentilezza sulla spalla di Sinister, stringendo appena. La ragazza non sollevò il capo, non ce ne fu bisogno: conosceva quel tocco come se fosse inciso a fuoco nella sua anima.

«Eri solo una bambina, Evangeline», affermò Ravi, con la sua voce così calda e rassicurante, sempre priva di giudizio. «Solo una bambina. Non avevi il controllo, non potevi averlo. E né io né Sol ti abbiamo mai incolpata per ciò che è successo.»

Delle braccia esili ma stranamente energiche la sorpresero alle spalle, stritolandola con forza. «Ho una sorella davvero stupida», borbottò Sol da dietro la sua schiena. «Ora smettila di sparare cazzate o la moto te la rigo sul serio.»
Sinister si morse un labbro, cercando di reprimere un singhiozzo che aveva iniziato a montarle in gola. Da quanto tempo non piangeva? Anni?

Un altro tocco altrettanto familiare la raggiunse, prendendole il mento e costringendola a sollevare il capo: Sinister si ritrovò a immergersi negli occhi di Layerte, che poi erano anche i suoi. Gli occhi della loro mamma.

Lui non le disse niente: da sempre il loro linguaggio andava al di là delle parole. Si limitò a cingerle la base del collo con la mano e a poggiare le labbra sulla sua fronte, riflettendo, senza poterlo sapere, un gesto d'affetto che loro padre riservava sempre a entrambi quando erano piccoli.
Layerte. Il suo stupido fratellino idiota che la faceva andare fuori di testa, ma che non avrebbe mai e poi mai smesso di proteggere.
E quello fu il punto di rottura. La diga dentro di lei s'infranse, le sue labbra serrate lasciarono emergere un singhiozzo, e Sinister scoppiò in lacrime addosso al fratello, serrando le dita intorno ai suoi vestiti come aveva fatto tanti anni prima quando li aveva scaraventati per sbaglio nel portale.

«Non voglio che accada di nuovo...» supplicò tra i singhiozzi, la voce ovattata dalla maglietta di Layerte. «Non voglio farvi del male... Non posso...»

«Ti aiuteremo noi.»

Sinister alzò il capo e si ritrovò davanti Kyros e J. Quest'ultimo piegò la testa di lato e le sorrise. «Non ti preoccupare, ti guiderò io. Ho una certa esperienza in viaggi attraverso il multiverso.»

Kyros le prese la mano, ingoiando un boccone amaro. «Siete stati via anche troppo a lungo. È ora di tornare a casa.»

«Casa...»

Quella parola riverberò nei cuori di tutti e quattro i ragazzi, come un vecchio richiamo che, nonostante gli anni, non avevano mai dimenticato. Ravi cercò d'istinto la mano della sorella, il respiro corto.
Gli occhi di tutti i presenti erano posati su Sinister, in attesa.
La ragazza deglutì e si asciugò bruscamente le lacrime dal viso, quasi vergognandosi del pianto disperato di poco prima. La paura era evidente nei suoi occhi, negli occhi di tutti loro: erano stati via così a lungo che ormai la speranza di un ritorno si rivelava un'arma a doppio taglio.

Sinister fece un passo verso Kyros e J, ma prima di stringere le mani che le tendevano si voltò verso la sua famiglia. «Voi... voi siete d'accordo? Potrebbe essere molto pericoloso. Volete che ci provi?»

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