Capitolo 36

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«Perché?»
«Perché cosa?» chiese lui confuso. Dopo essere usciti dal parcheggio del locale, io e Arthur avevamo deciso di camminare verso il centro della città, già vista la settimana prima, non molto distante. In quel momento eravamo seduti sulla stessa panchina in un parco sulla quale Arthur mi aveva confessato che Archie non era un bravo ragazzo. Forse avrei dovuto dargli retta, anzi senza il "forse". Avrei dovuto dargli retta. Avrei dovuto mantenere le distanze e non mettermi insieme a lui. Ma ci speravo veramente, speravo che Arthur stesse dicendo solo cazzate e che in realtà ci potesse essere un futuro con Archie.
«Perché dopo che ci siamo baciati mi hai trattato come una merda?». Avevo bisogno di saperlo. Esitò per così tanto tempo che a me sembrò l'eternità. Continuava a muoversi sulla panchina portando spesso le mani sulle ginocchia. «Io... onestamente non lo so...»
« È stato per il commento di Eddy?»
«No, assolutamente. So che non ti toccherebbe mai con un dito». Si girò verso di me, mi prese le mani e mi guardò Negli occhi. «Quando ti ho baciato mi sono sentito felice, vivo. In quel momento volevo così tanto quel bacio da non pensare che avrei potuto rovinare la nostra amicizia... Ma, se devo essere sincero, non me ne pento. Manderei tutto e tutti a quel paese pur di baciarti ancora...».

Si avvicinò per darmi un bacio sul collo. «...ancora...».

Mi diede un bacio sul l'angolo della bocca. «e ancora». Mi diede un bacio, di quelli veri e sinceri. Anch'io volevo solo baciarlo. E, anche se non era la prima volta, era diverso come se piano piano ad ogni bacio stessi scoprendo le carte. Questo in particolare mi aveva rivelato che lui desiderava me quanto io desideravo lui.
«Non hai rovinato la nostra amicizia» dissi a pochi millimetri dalle sue labbra ancora rosse come immaginavo fossero anche le mie.
«Mad...». Si allontanò da me e si alzò dalla panchina camminando avanti e indietro. Era nervoso, quasi in panicato. Riconoscevo quella sensazione, troppe emozioni tutte insieme e complicate, se non impossibili, da gestire.
«Arthur, calmati...». Mi alzai anch'io e feci la stessa cosa che lui aveva fatto per calmare me, ovvero gli misi le mani sui suoi fianchi per impedirgli di continuare a spostarsi da una parte all'altra. Mi guardò e io gli sorrisi per farmi capire che qualunque cosa l'avrei affrontata con lui.

«Sei spietata » disse capendo perfettamente il mio obbiettivo.

«Uso i suoi stessi giochetti, sir»

«Mi piace».

I baci che ci eravamo dati mi avevano fatto capire che non potevo farne a meno. Non potevo fare a meno di lui nella mia vita. Certo, eravamo amici e avevo la sua amicizia a tenermi compagnia ogni giorno, ma non mi bastava. Avevo bisogno della sensazione di libertà che mi facevano provare i suoi baci.
«È complicato...»
«Prova a renderlo semplice». Mi sorrise come per dirmi che non era così facile.
«Potrei incasinarti la vita, Maddie...»
«Incasinamela» dissi guardandolo. Lo volevo. Anche a costo di perdere tutto. Era una strana sensazione, forse stavo diventando dipendente. Ma non gli avrei permesso di privarmi di lui senza opporre resistenza.
«E se te la incasinassi troppo da non poter più tornare indietro?»
«Mi salverai, come hai sempre fatto». Mi baciò con così tanto trasporto che non riuscii più a tenermi in piedi. Lui se ne accorse e mi prese in braccio tenendomi stretta come se anche lui avesse paura di perdermi. Mi fece sedere su un corrimano posto nel parco per delimitare il confine di un laghetto e si mise tra le mie gambe.
«Mi farai impazzire. Vero, Madison Charlotte Hill?»
«Dipende dai punti di vista. Pazzo o innamorato?»
«Pazzamente innamorato». Come potevo non cadere sotto l'effetto Raynard. Lui era troppo. Ogni cosa di lui mi mandava fuori di testa: i suoi sguardi abbaglianti, il suo corpo atletico e i suoi sorrisi rassicuranti.
«Mi dispiace per prima. Era solo che... io... ti voglio da quando avevamo tredici anni, Mad. Forse anche da prima ma ero troppo piccolo per capirlo e dopo che ti ho baciato credevo di aver fatto una cazzata per questo ti ho trattato male». Era innamorato di me da quando avevamo tredici anni? Ero confusa, perché si era allontanato? Forse era quello che tutte le volte cercava di dirmi. A South Dorset, al ballo o dopo il pigiama party.

Quello che non ti ho mai dettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora