𝗳𝗼𝘂𝗿・𝘶𝘯 𝘱𝘰𝘻𝘻𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘣𝘶𝘵𝘵𝘢𝘳𝘮𝘪

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non sai più vivere se non a pugni e denti stretti. se ci pensi, questa parte della tua storia è ignota a tutti.
la tua vita è un esercito, e sei sul punto di disertare quando inizia questo capitolo, un c'era una volta scritto col sangue che gli hai fatto versare.

sei un cecchino, un vigliacco, che pianta pugnali nella schiena ben più profondi di quello con cui lui ti ha salvato la vita, quello con cui avete giocato, quello che ti ha lasciato.

ci hai aperto la busta con quello, ti tremavano le mani.

non sai che ti è preso, non sai che ti sei preso. sai solo che ne erano tante, piccole e bianche come le sue, e che non pronuncerai il suo nome ma ti aspetti di sbattere la testa e continuare a sognarlo fino alla fine dei tempi. dovresti sapere dove sei, ma sei uomo e se pensi a lui non c'è spazio per nient'altro; sei in questa cazzo di piazza abbandonata per pura memoria muscolare.

potevano essere petali di rose ma sono siringhe, e ci rideresti su se ci stessi capendo qualcosa, se avessi conservati le tue facoltà mentali insieme all'orgoglio, che è l'unica cosa che ti resta.

piangi perché pensi proprio che volevi amarlo, ma sei tu.

dovresti solo correre, sperare di non ferirti calpestando i vetri a terra.
cadi in ginocchio e nemmeno lo senti.

sai che se qualcuno ti vedesse vorrebbe confortarti, e nella nebbia delle pillole pensi che dovresti scriverti un biglietto da visita sulla pelle, tatuarti in fronte la tua colpevolezza, mettere in loop il rumore della porta che gli hai sbattuto in faccia.

hai compiuto il peccato più grande in nome di una mancanza che ti aveva già perdonato, ma tu non puoi concepirlo perché hai fatto vent'anni tre settimane fa ma ne hai ancora quindici, e speri che queste pillole ti uccidano come volevi che lo facessero quelle di tua madre. che senso ha, se basterà trovare un briciolo di coraggio e laverai tutte le macchie che hai lasciato con l'acqua di quel fiume che ti ha trattenuto l'anima tra petto e gola. te l'ha toccata con la lama del pugnale, con labbra che erano sempre più dolci delle sue mani che prendevano e prendevano.

smetti di piangere, non senti più niente. andandotene l'hai ucciso, chissà se il tuo battaglione ha subito la stessa sorte, chissà se tuo padre lo sa. pensi che non c'è limite al peggio, perché non c'è limite a te.

dovresti seppellirti insieme alle rose che avresti sparso sul pavimento al vostro matrimonio, perché ora ti odia e vorrebbe che lo trafiggessi con la mano gentile che lo ha medicato. diceva che gli piaceva, la tua gentilezza, ma non sei un uomo gentile. non sai se sei nemmeno un uomo.

vedi un gatto nero che mangia un grillo e ti identifichi in entrambi.

non hai nemmeno pensato al tuo nome una volta, il suo invece è fra ogni riga, nello spazio vuoto tra ogni costola, nelle campagne che suonano adesso perché c'è ancora qualcuno che crede che Dio esista.

Dio è morto, e l'hai ucciso tu. se avessi fatto l'avvocato, sapresti a quale tribunale rivolgerti.

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𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿・𝘳𝘢𝘤𝘤𝘰𝘭𝘵𝘢Where stories live. Discover now