LA GRANDE NEMICA DI DIO

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XIII

C'era un tempo in cui temevo di ritrovarmi sotto un cielo privo di stelle, di navigare in mari privi di acqua, di camminare tra alberi spogliati delle loro foglie. Uno scenario del genere poteva sembrare banale, perché si trattava del dono più prezioso che Dio aveva concesso agli esseri umani: il Libero Arbitrio. E con esso, la consapevolezza che ogni scelta poteva influire sul destino del mondo.

Quando si coltivano pensieri di tale natura, quando l'ansia di vedere scomparire la vegetazione e la fauna si faceva strada, si manifestava un timore ancora più grande: quello dell'annientamento dell'umanità stessa.

Nel mio ruolo di giudice delle anime, avrei potuto accogliere con un certo compiacimento la prospettiva di un mondo senza uomini; sarei stata guidata dall'istinto e avrei raccolto il coraggio necessario per desiderare la cancellazione di ogni traccia umana.

Ma, nel mio ruolo di essere umano, i sentimenti erano ambivalenti, le prospettive si alternavano, la vita assumeva sfumature complesse.

Ogni giorno era un crocevia di scelte, un labirinto di possibilità dove ogni strada poteva condurre a conseguenze inimmaginabili. La responsabilità del Libero Arbitrio pesava sulle spalle come un mantello troppo grande, troppo pesante, ma impossibile da togliere.

Guardavo il mondo con occhi diversi, vedendo non solo la bellezza ma anche le cicatrici. Eppure, malgrado tutto, c'era un'opportunità per me, che non avevo mai visto prima.

Forse, in fondo, ciò che desideravo non era la fine dell'umanità, ma piuttosto un risveglio, una rinascita che potesse portare a un'esistenza più equilibrata. Forse, ciò che desideravo davvero era una seconda possibilità, un nuovo capitolo dove ogni anima avrebbe potuto trovare la redenzione e la fede.

Il letto era un campo di battaglia per il comfort, ogni molla sembrava un nemico deciso a conquistare la mia schiena. La notte si trasformò in un susseguirsi di posizioni contorte, una danza disperata alla ricerca del sonno perduto.

Un pensiero persistente mi tormentava, una sensazione negativa che avevo giurato di seppellire, ma che ora, come un fantasma, rifiutava di rimanere nascosta.

Incrociai un braccio sotto il cuscino, un sospiro di resa sfuggì dalle mie labbra mentre cercavo invano un angolo di pace nel caos di lenzuola e coperte. La posizione supina, con le caviglie intrecciate, divenne l'unico rifugio in una notte senza tregua.

Girando la testa, intravidi il volto di Lucifero, un'opera d'arte segnata dal sonno, le sue palpebre erano sigilli che custodivano i sogni di un demone tentatore che non avrei mai immaginato così vicino. In quel momento, il mondo sembrava ridursi alle dimensioni di quella stanza, un universo racchiuso tra quattro mura dove ogni respiro sincronizzato sembrava un destino condiviso.

«Ti hanno mai detto che è da maleducati fissare, bambina?» La sua voce, profonda e vibrante, mi penetrò fino al midollo, costringendomi a stringere le cosce e scaldando le mie guance fino a farle arrossare. Sorpresa in flagrante, osservai mentre lui apriva lentamente un occhio e poi l'altro, posando su di me uno sguardo intriso di un ghigno divertito e compiaciuto.

DEATH IS A WOMVNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora