Non sapevo di preciso quando Jacopo avesse raggiunto nei Kobra lo stesso grado che mio fratello aveva negli Skull and Roses, forse anche prima di lui, ma dopo quella confessione di Dante, che era tutto quello che mi aveva detto sulla gang a cui aveva scelto di unirsi oltre al nome del capo, avevo avuto un'occasione per vedere mio fratello in mezzo agli uomini che comandava. Qualche settimana dopo avevo riconosciuto la stessa obbedienza nei Kobra che seguivano Jacopo.Non sapevo nemmeno come si chiamasse allora o che sapesse che io e Giulia esistessimo. Quando passava in branco con gli altri membri della stessa gang non mi degnava di uno sguardo. Era stato solo due mesi prima che avevo capito che non solo conosceva il mio nome, ma anche sapeva perfettamente che Dante era mio fratello e non solo per il fatto che noi due ci assomigliassimo. Era stata la prima volta che lo avevo visto girare da solo, come sembrava aver preso l'abitudine di fare.
Era stata una delle poche volte che stavo tornando a casa da sola perché Giulia era uscita prima di me. Quando avevo sentito la moto che mi stava raggiungendo da dietro, mi ero girata speranzosa anche se il rumore del motore non era lo stesso. Non ero riuscita a nascondere la delusione quando avevo notato che la motocicletta era rossa e non nera. Non c'era stata alcuna possibilità che potesse essere Dante il motociclista che mi aveva superato e poi si era fermato.
Ancora adesso a volte mi chiedevo se lo aveva fatto apposta, se aveva voluto essere sicuro che potessi vedere il serpente rosso in posizione d'attacco sulla schiena della sua giacca prima di scendere, parcheggiare la moto e voltarsi verso di me.
Si era tolto il casco integrale e lo aveva agganciato al manubrio come avevo visto fare a mio fratello, prima di osservarmi. Non si era tolto i guanti e il giubbotto era abbottonato fin sotto il mento.
Mi ero fermata e lo avevo osservato a mia volta. Gli avrei dato all'incirca la stessa età di Dante, anche l'altezza e il fisico erano simili solo che lui aveva colori scuri dove mio fratello li aveva dorati. Zigomi alti e labbra piene che non aveva ancora iniziato ad atteggiare in un sorriso derisorio che coinvolgeva anche le iridi d'ossidiana.
«Che cosa vuoi, Kobra?» gli avevo chiesto stanca di sentirmi sotto esame.
«Jacopo, veramente.» mi aveva corretto e mi ero resa conto che avevo già sentito la sua voce, anche se le altre volte che lo avevo intravisto non si era mai tolto il casco. «E tu devi essere Sara.»
«Cosa vuole da me un Kobra qualunque?» avevo domandato di nuovo.
«Non qualunque, si può dire che condivido lo stesso grado con qualcuno che conosci.» aveva sorriso. «Solo vedere di persona da chi mi è stato ordinato di stare lontano. Valutare se vale il rischio.»
Non avevo avuto problemi a capire chi avrebbe potuto ordinargli di stare lontano da me.
«Se te lo stai chiedendo, comincio a pensare di sì.» aveva continuato facendo un passo avanti e ridacchiato quando io ne avevo fatto uno indietro d'istinto. «Chiamalo, se vuoi. Aspetto.» mi aveva suggerito.
Avevo raddrizzato le spalle e gli avevo lanciato un'occhiata di sfida. «Non mi nascondo dietro a mio fratello.» avevo affermato con sicurezza. Non avrei chiamato Dante, se era proprio quello che voleva da me.
Mi ero aspettata una qualche reazione violenta, che si arrabbiasse invece negli occhi scuri che mi fissavano era comparso dell'interesse, come se da quel momento non mi vedesse solo come la sorella del vice degli Skull and Roses da colpire per ottenere la sua attenzione.
Un'altra moto rossa era comparsa alle sue spalle. Il suo guidatore si era limitato a fermarsi in attesa poco distante da noi, non l'aveva spenta né era sceso.
«Ti servono rinforzi per parlare con me?» lo avevo preso in giro con un'aria spavalda che non ero sicura di provare davvero.
Lui aveva sorriso senza rispondere. «Saluta tuo fratello da parte mia e digli che accetto la sua sfida, Cappuccetto Rosso.» aveva detto alludendo alla sciarpa rossa che avevo alzato come una sorta di cappuccio perché mi ero dimenticata il berretto, prima di tornare alla sua moto. «Ci si vede in giro.»
Ancora non sapevo quanto l'ultima frase non era stata di circostanza. Mi ero guardata bene dal raccontare di quell'incontro a Dante perché era fin troppo ovvio che Jacopo voleva che lo facessi. Non sapevo quale fosse il motivo che lo spingeva, ma non lo avrei assecondato. Dopo quel primo incontro, anche se sempre e solo a parole, non aveva preso di mira solo me ma anche Giulia. Aveva iniziato a farsi trovare sulla strada che facevamo per andare e tornare da scuola e dubitavo che fosse un caso. Era sempre da solo e sempre come se sperasse di incrociare mio fratello con noi o che io lo chiamassi.
In quei due mesi non li avevo mai incrociati entrambi nello stesso momento e, dopo come avevano reagito davanti al supermercato, ero felice di aver tenuto la bocca chiusa sul mio primo incontro con Jacopo. Non sapevo perché volesse usarmi per attirare l'attenzione di Dante su di sé o perché continuasse a importunare me e Giulia, doveva aver capito ormai che non avrei chiamato mio fratello in sua presenza, anzi, avrei fatto del mio meglio per tenerli lontani l'uno dall'altro.
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Don't kiss the Villain
عاطفيةSara ha una vita fatta di quasi: una quasi camera, una vista quasi cielo, una quasi sorella e un fratello quasi perfetto. È cresciuta in uno dei quartieri di Milano che la stampa definirebbe difficile ma per lei è solo casa, cercando di tenersi alla...