L'amore non esiste

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La settimana era appena iniziata e Lord Voldemort sentiva già di essere circondato da inetti. Aveva trascorso la sera a Knockturn Alley insieme ad alcuni dei Mangiamorte di lunga data e la serata non era propriamente terminata nel migliore dei modi. Quel disadattato di Mulciber aveva finito per fare a botte con un venditore di artefatti oscuri. Voldemort non poteva crederci, loro dovevano discutere di questioni importanti e Mulciber si era ubriacato tanto da finire alle mani con un venditore ambulante. Aveva perso la testa, si era tanto infuriato da non aver per poco fatto saltare il locale per aria. Era stato Dolohov a cercare di calmarlo un poco, ricevendo una cruciatus in pieno petto. Voldemort se n'era andato subito dopo, era certo che se fosse rimasto con quegli idioti avrebbe ammazzato qualcuno e quegli inetti gli servivano per quanto potesse risultare assurdo. La voglia di tornare in viaggio, a studiare la magia in solitudine, fu forte la sera prima, ma all'alba il desiderio del dominio aveva soffocato l'esasperazione. Quegli idioti erano stati inventati affinché quelli come lui, anzi no, affinché lui potesse dominarli.

Essere circondato da inetti era un pedaggio che Voldemort tutto sommato era disposto a pagare per riscrivere il mondo secondo le sue regole, quindi l'unica cosa da fare era tirare avanti e farsi passare la rabbia. La cosa positiva era che molti accordi erano stati stretti quell'estate, tanti purosangue avevano offerto fondi ingenti affinché lui portasse avanti la loro causa e molti giovani rampolli si erano offerti per servire lui. In fin dei conti avere a che fare con gli inetti non era sempre così male. Certo era noioso, ma a scacciare la sua noia c'erano soggetti come Albus Silente, peccato che oltre a scacciare la noia fossero anche tanto molesti. Silente gli stava ancora addosso, Voldemort ne era stato certo sin dal loro colloquio, quando gli aveva detto di preciso chi lo attendesse al pub. Maledetto vecchio. L'aveva sempre odiato, questa era la verità, sin dal loro primo incontro in orfanotrofio. Tutto a causa della Cole.

Voldemort si ritrovò a sbuffare. Decisamente ricordare l'orfanotrofio non l'avrebbe messo di buon umore. No, piuttosto si augurava che dei suoi quattro più fedeli compagni almeno due si presentassero dopo quello che era capitato la sera precedente. Mulciber e Nott erano il braccio esecutivo d'azione, quelli che si occupavano solitamente di improntare gli attacchi, mentre Dolohov e Rosier erano il braccio operativo al Ministero. Gli esperti di politica per così dire. La tetrarchia, i compagni che l'avevano aspettato e che Silente conosceva, quelli che a Hogwarts avevano condiviso il dormitorio con lui. Mulciber probabilmente non sarebbe venuto, con ogni probabilità era ancora sballato dal vino o se l'avevano fatto riprendere doveva aver saputo della reazione di Voldemort e probabilmente non avrebbe avuto il coraggio di farsi vedere per almeno un paio di giorni. Rosier era alle prese col matrimonio della figlia maggiore, quindi era improbabile ma non impossibile che si facesse vivo. Nott probabilmente sarebbe venuto e anche Dolohov. Lo conosceva, aveva sicuramente capito che la cruciatus non significava pericolo e che si era trattato di un raptus di rabbia.

Richiudendo il libro e abbandonando il tè Voldemort si alzò dalla scrivania per avvicinarsi alla libreria. La coppa di Tassorosso era ancora lì, senza un nascondiglio, e il medaglione ancora intatto. Un moto di rabbia lo pervase. Era trascorso quasi un anno dalla creazione del suo ultimo horcux e lui era costretto a rimandare ancora. E per cosa? Il suo dannato aspetto. Ma era necessario aspettare o le pozioni sarebbero state inutili. Era al quarto horcrux e il suo corpo iniziava a cadere a pezzi. Quando si era recato al colloquio da Silente, appena due settimane dopo la creazione dell'horcrux del diadema, le pozioni erano state inutili. Il volto era rimasto sfocato, gli occhi iniettati di sangue. No, aveva dovuto mettere in pausa la creazione di altri horcrux o le pozioni non avrebbero funzionato, il suo aspetto sarebbe inevitabilmente mutato e tutti avrebbero provato troppo timore per stringere accordi con lui. Dunque doveva sopportare l'immagine riflessa di suo padre ancora. Una vera tortura. Una condanna ancora peggiore se pensava a quanto quell'aspetto gli fosse stato utile. Sentiva il bisogno di liberarsi definitivamente di suo padre e sapeva per certo che finché avesse continuato a vederne il riflesso nello specchio avrebbe continuato il suo turbamento. Gli era rimasto attaccato addosso come un parassita, impresso in ogni centimetro del suo volto. Gli horcrux erano una vera rinascita, un simbolo di forza. Se Tom Riddle era stato un povero orfano senza genitori che lo volessero, Lord Voldemort era fatto da sé.

Darkness (nuova edizione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora