-CAP 31

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Dopo una nottata riposante e una corsa alle prime luci dell'alba, sono al Maniero, già operativo di primo mattino. Prima di iniziare a lavorare, tuttavia, ho due cose di cui occuparmi. Chiamo il fioraio e ordino due mazzi di fiori. Uno tutto colorato, allegro. Perché perdonare una sbraitata che quella povera ragazza alla reception non meritava. Accompagnato da un biglietto di scuse, ma divertente.

"La prego di accettare le mie scuse. Quell'uomo mi fa diventare matto".

E uno, invece, semplicemente ed elegantemente raffinato. Calle. Pura eleganza. Proprio come lui. Con un altro biglietto.

"Sei quello che aspettavo da tanto...Un bacio. H"

Quando ho sistemato le consegne per la ragazza dell'ufficio e Louis, chiamo la mia concessionaria d'auto preferita. E ordino uno stravagante, ma nuovissimo e sicurissimo furgone rosa acceso per Perrie. Non voglio più ritrovarmi Louis con i lividi dappertutto per la sconsideratezza della sua amica. E mi premuro di dirglielo con un bigliettino.

"Basta sederi ammaccati, grazie".

Poi mi tuffo a capofitto nel lavoro. Non chiamo Louis, perché ho notato che quando gli sto con il fiato sul collo lui tende a scappare da me. Dunque gli lascio spazio. Molto spazio. E per farlo sono costretto a immergermi a capofitto nel lavoro, perché altrimenti mi alzo da questa cazzo di scrivania e corro da lui. Passò tutta la mattina e il pranzo al Maniero.

Verso le tre esco dal mio ufficio, solo per andare in una clinica specializzata di inseminazione. Appena arrivato nella clinica privata ed elegante, vengo subito accolto e scortato nell'ufficio della Dottoressa Davies. Parliamo per più di due ora, gli consegno la boccetta che mi darà un figlio. Mi assicuro personalmente che la mia madre surrogata sia una persona affidabile e di bella presenza. Voglio solo il meglio per mio figlio. Esco dalla clinica con un sorriso da stronzo sulle labbra, mi sono appena assicurato che Louis rimanga per sempre al mio fianco.

Quando sono certo che abbia finito il suo turno al lavoro, mi dirigo da lui. Durante il tragitto provo a chiamarlo, ma non risponde. Riprovo, ancora e ancora, mentre il panico torna a far da padrone. Arrivo davanti casa sua e scendo, provando a chiamarlo ancora. Faccio avanti e indietro nel vialetto, cercando di recuperare il buon senso. Fare il 'cazzone irragionevole' non mi aiuterà. Poi digito nuovamente il suo numero. Questa volta risponde.

«Pronto?» dice calmo e controllato.

«Dove cazzo sei?» sbraito, senza riuscirmi a contenere. Mi mando mentalmente a fanculo e cerco di calmarmi.

«Tu dove sei?» replica stizzito.

Mi passo una mano nei capelli, sospirando. Poi mi avvicino al portico e mi appoggio al muro. Sono esausto. «Fuori casa di Perrie a buttare giù la porta a calci» sbotto incazzato. «È troppo chiederti di rispondere al telefono al primo tentativo?»

«Avevo da fare. Perché non mi hai chiamato per tutto il giorno?» chiede altezzoso.

E il suo tono mi manda in bestie. «Perché, Louis, non voglio farti sentire braccato!» urlo, fuori di me.

«Però mi stai ancora urlando addosso» replica, ammonendomi.

Per un attimo resto in silenzio. «È vero» ammetto alla fine. «Mi fai ammattire. Dove sei?» chiedo in un sussurro, lasciandomi scivolare lungo il muro, senza più forze, chinando la testa sulle mie ginocchia piegate.

La porta si apre piano all'improvviso.

«Qui» lo sento sussurrare.

Sollevo lo sguardo e mi ritrovo fiondato in quelle due pozze chiare che sono i suoi occhi. Sospiro di sollievo e Louis esce di casa, vestito solo con un asciugamano, e scivola lungo la parete opposta me. Scosto il cellulare dall'orecchio e lo chiudo, mentre lui fa lo stesso. Le nostre gambe si toccano e lui mi guarda a metà tra il preoccupato e il divertito. Allungo la mano e la poggio sul suo ginocchio nudo.

The Lord. [Larry Stylinson]Where stories live. Discover now