21. Mostra E Racconta

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Perché tutto è bianco e neroTogliamoci il pensiero

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Perché tutto è bianco e nero
Togliamoci il pensiero

Presente

Quando Iliana riaprì gli occhi, le sembrava di aver fatto un sogno lungo cent'anni. Nel primo istante dal suo risveglio, ricordò tutto con vivida chiarezza, tanto da riuscire ancora a sentire il palmo liscio di Victor sotto i polpastrelli, le sue dita sottili che si chiudevano attorno alla sua mano e la stringevano a sé.

Serrò le palpebre e si girò di lato, affondando il viso nel cuscino e desiderando riprendere il sogno da dove lo aveva interrotto. Sapeva già cosa sarebbe successo dopo, perché quel viaggio onirico altro non era che un viaggio nei suoi ricordi.

Victor l'avrebbe portata a casa sua, le avrebbe curato le ferite, le avrebbe...

Riaprì gli occhi di scatto, consapevole d'un tratto di quale fosse la sua realtà e di come non avesse tempo di rimanere a crogiolarsi in quelle memorie dolci amare, che tanto le facevano bene al cuore e allo stesso tempo glielo riducevano in brandelli.

Si tirò su, riprendendo i contatti col mondo reale: era ancora in camera di Alastor, eppure lui non c'era. Il buco sul muro era sparito e adesso appariva in tutto e per tutto come una normale stanza dall'arredo discutibile.

Doveva trattarsi davvero di un portale, allora.

Ricordò la foresta buia che aveva visto oltre di essa, le fronde spoglie, il terreno paludoso, immerso in una penombra inquietante.

Chissà dove si trova davvero quel posto. È sempre qui all'Inferno?

Scosse il capo, perché non le interessava davvero. Alastor non era in vista e lei aveva bisogno di uscire da quella camera, di respirare un po' di aria nuova, di vedere Adamo e assicurarsi che stesse ancora bene...

Tirò via le coperte e si mise in piedi. Il suo corpo era ancora debole e lei si sentì vacillare su gambe malferme, mentre un brivido dietro la nuca le faceva venire le vertigini. Si poggiò al muro, ma rifiutò di tornare a sedersi e ingoiò la nausea che le aveva attanagliato la bocca dello stomaco con respiri più profondi. Quando fu sicura di riuscire a camminare, senza finire faccia a terra come uno zerbino malconcio, allora fece i primi passi. Cercò un bagno o uno specchio in cui potersi sincerare delle sue condizioni, ma non trovò né l'uno né l'altro. Non c'erano nemmeno finestre in cui potersi affacciare, quindi non aveva idea di che momento del giorno fosse, se il sole vermiglio dell'Inferno era già alto nel cielo o ancora dormiva, relegandolo alle tenebre.

Si sentiva confusa, spossata e accaldata, ma contemporaneamente i brividi di freddo non volevano saperne di lasciarla in pace; però di una cosa era certa: aveva bisogno di uscire e capire cos'era successo nei giorni in cui era rimasta allettata a causa di quella stupida febbre. Così, afferrò una coperta che era sistemata ai piedi del letto, se la avvolse attorno alla camicia da notte che indossava – senza domandarsi davvero se Alastor l'avesse stretta tra le braccia, o cosa avesse indossato lui nel frattempo... non riusciva proprio a immaginarlo in pigiama, o peggio, nudo – e si diresse verso l'uscita.

𝐒𝐄𝐑𝐄𝐍𝐃𝐈𝐏𝐈𝐓𝐘 | 𝐇𝐀𝐙𝐁𝐈𝐍 𝐇𝐎𝐓𝐄𝐋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora