Capitolo 26

10 9 8
                                    


Il Topo, finalmente, si sentiva in pace con sé stesso, di appartenere a una specie di famiglia e a un posto. Nonostante la sua amica e il Corvo fossero spesso via, non avvertiva più l'ombra oscura della solitudine che oscurava la sua anima come spesso, per non dire sempre, gli era capitato quando viveva con suo padre.

Quante volte aveva percepito il freddo abbraccio dell'isolamento, dell'abbandono, dell'emarginazione, tanto da fargli dubitare della necessità, della validità della sua esistenza.

Spesso la sua mente aveva tentennato accarezzando l'idea che forse, valendo così poco e non essendoci nessuno che tenesse a lui, sarebbe stato meglio fare spazio a questo mondo per qualcun altro, togliendosi dai piedi per sempre.

Era così strano, in fondo erano passate solo poche settimane e nonostante questo piccolo lasso di tempo sentiva che la sua vecchia vita faceva parte di un passato molto lontano.

Ora viveva in una casa tutta sua, una specie di dépendance del rifugio del Corvo che era a suo completo, libero, o quasi, usufrutto. Prima, spesso gli capitava di dover dormire su un vecchio materasso, sul pavimento, sotto il bancone del negozio di suo padre. Il padre lo chiamava Topo e come tale veniva trattato. Gregor, il cane di suo padre spesso gli ringhiava addosso.

Quel maledetto cagnaccio è sempre stato trattato meglio di me. Per mio padre il vero figlio è sempre stato quel sacco di pulci rognoso. Ha sempre mangiato meglio di me, dormito sopra a un letto, coccolato e premiato per ogni stupida cosa che faceva.

Il Topo amava gli animali, ma quel cane, che gli aveva lasciato su gambe e braccia le cicatrici dei suoi morsi, lo detestava con tutto sé stesso.

Il detto che diceva 'Tale padre, tale figlio' poteva essere applicato a suo padre e a quell'animale; 'Tale padrone tale cane'.

Ora non si svegliava più di soprassalto per un morso di Gregor o un calcio nelle costole del padre. Non doveva più rubare per procurarsi i soldi per comprare del cibo.

Suo padre a stento si ricordava di lasciargli qualcosa da mangiare e in verità lui sospettava che spesso gli aveva rifilato gli avanzi di quel maledetto cane.

Adesso mangiava da re ed era lui a cucinare, cosa che aveva sempre amato poter fare. Aveva a sua disposizione una cucina bella grande, anzi ne aveva due se contava anche il cucinino della dépendance.

Solo qualche giorno fa aveva pensato che la sua vita fosse arrivata al termine, all'ultima fermata di un viaggio che, in verità, fino a quando non aveva conosciuto Zoe, non era stato granché. Aveva deciso di seguire Zoe avventatamente e per ben due volte, quando aveva incontrato quello psicopatico di un Anomalo e poi quando era arrivato il Corvo, era stato sicuro che sarebbe morto.

Invece, ironia della sorte, era più vivo che mai.

Il Corvo si era dimostrato molto più generoso e comprensivo di chiunque avesse conosciuto, a parte Zoe naturalmente. All'inizio gli aveva fatto una paura matta, ma poi aveva capito che era severo, forse certe volte duro, ma non gliene poteva volere per questo, in fondo faceva un lavoro molto pericoloso e poi sospettava che anche l'infanzia di quell'uomo doveva essere stata un vero inferno.

Se penso a chi è suo padre credo proprio di aver passato sicuramente una vita serena rispetto alla sua, rifletté, mentre con un energico morso staccava un pezzo della mela che aveva addentato per colazione.

Il Topo gli era e gli sarebbe stato sempre grato per avergli concesso di rimanere con lui e Zoe e soprattutto per avergli dato la possibilità di dimostrare che poteva essere utile e affidabile.

<<Visto che si sono portati via anche Astrid mi rimane più tempo libero>> si disse ad alta voce, mentre finiva velocemente di vestirsi.

Aveva già terminato le riparazioni più urgenti in previsione dell'arrivo dell'inverno, aveva pulito, ordinato ed era persino andato a caccia di funghi commestibili per poter avere un contorno saporito con i piatti di carne.

Gli AnomaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora