Cap 1 - Iniziazione

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Se c'è una cosa che da ragazzo avevo sempre invidiato ai miei coetanei, era la grande tranquillità con cui trascorrevano le proprie esistenze. Tranquillità dovuta certamente al fatto di essere nati in un tempo in cui, ben diversamente da come accade oggi, ogni persona aveva la certezza di poter ricoprire un ruolo ben definito nella società. Ogni mestiere infatti veniva tramandato di generazione in generazione , da padre in figlio, ad ogni   primogenito maschio. Per quanto riguardava invece la vita che aspettava gli altri nati, si prospettavano varie  strade tra cui scegliere, come ad esempio  la carriera da soldato o quella da marinaio, quella da contadino o quella da mercante. Da questo sistema erano escluse sia le donne, che erano per lo più istruite nel ruolo di future madri e tutori della casa, che i cortigiani di palazzo. Quest'ultimi avevano un trattamento del  tutto diverso rispetto al resto della popolazione. Infatti  Il nostro re Quarto che era un uomo  lungimirante,  credeva che per governare un paese servissero le migliori menti; ecco perché nel tempo si era sempre circondato di persone provenienti da tutto il regno: strateghi, artisti, stregoni, indovini, sacerdoti, studiosi e scienziati. Chiunque eccellesse nel proprio campo era il ben voluto a corte ed ovviamente la vita a palazzo era ben diversa ed agiata rispetto a qualunque altra parte di Alberdan.

Smirne un giorno fu portata a palazzo e grazie a lei anch'io fui ammesso. 

All'epoca però non mi sentivo fortunato per tutto ciò. Certamente avrei avuto un avvenire migliore di quello  che mi sarebbe aspettato tra le fatiche della terra e i rischi delle guerre; eppure più crescevo, più il mio animo si incendiava. Il palazzo reale nonostante le sue mille stanze mi stava stretto, WingTown mi stava stretta. Invidiavo il modo in cui tutti sembravano così comodi nelle proprie vesti.

Tutti, io compreso, erano un tassello nel grande mosaico di Alberdan, dal quale però era impossibile muoversi. Invidiavo i soldati, che nonostante rischiassero la vita in guerra, per lo meno vivevano di forti emozioni, i marinai, che affrontavano le insidie del mare e persino i contadini, che vedevano nel raccolto il frutto tangibile del loro duro lavoro. Mi sembrava insomma di vivere in una bellissima gabbia d'orata.

Smirne aveva tre anni più di me. Il giorno del suo diciassettesimo compleanno fu anche quello della sua definitiva iniziazione al tempio delle sette lune. Da lì arrivano tutte le previsioni che il re utilizzava per interrogare gli antenati e carpire attraverso le adepte i segni degli dei.

Dopo l'iniziazione non l'avrei più vista. La regola del tempio parlava chiaro ed era ben noto a tutte le adepte :"Una volta iniziate al culto del tempio, le adepte  sono tenute a non avere contatti con la famiglia di provenienza. Questo si rende necessario poiché  esse rappresentano il volere divino e  in quanto tali assumono il ruolo di mera  espressione della volontà delle sette lune"

Non parlavamo mai del fatto che presto quel giorno sarebbe arrivato. Tutti sapevano la situazione, ed io per primo consideravo ormai il tutto  come inevitabile. Era  il volere divino, era l'ordine naturale delle cose. Eppure io stesso faticavo  solo  a immaginare di dover vivere senza di lei. 

Invece Smirne, avrei tanto voluto sapere cosa le passasse per la mente in quelle ore: parlava con la stessa benevolenza e calma di sempre , ed anzi, man mano che il giorno fatidico si avvicinava, pareva sempre più contenta  di compiere il proprio destino. Talvolta però il suo volto veniva tradito da un'espressione malinconica che tutt'oggi, a  distanza di dieci lustri, ricordo con chiarezza e grande nostalgia. La sera prima della sua iniziazione , mi ero ritirato prima del calar del sole in camera per riflettere. Per la prima volta, pensai, mi sarei ritrovato completamente solo in mezzo a tanti. Tutto ciò era inaccettabile, Smirne era molto più di una sorella per me, era la madre che non avevo mai avuto, era il motivo per cui ero stato strappato a una vita di stenti, era il mio unico punto di riferimento. A lei tutto questo io non l'avevo mai detto apertamente.

D'un tratto qualcuno bussò alla porta : « E' possibile vedere un'ultima volta mio fratello?» Subito mi affrettai ad aprire. Era Smirne col suo solito sorriso benevolo e calmo. Mi affrettai ad accoglierla : «Mia dolce sorella! mi riempie il cuore sapere che siete venuta a...salutarmi; ma vi prego, spostiamoci in balcone,c osì potremo parlare in tutta calma.»

Il balcone della mia camera era affacciato su un'enorme specchio d'acqua e quella sera la luna si rifletteva su di esso. Smirne indossava una tunica di color perla, che però grazie al chiarore lunare risplendeva di una luce che metteva ancor più in risalto i suoi occhi di ghiaccio e le sue lunghe trecce nere.

Guardavamo la luna e stavamo in silenzio. Il tempo pareva essersi fermato, e con esso il rumore della fontana e il vento che mormorava tra le fronde. Tutto sembrava aspettare un suo cenno, una sua parole, ed io con loro. Anche il cuore pareva aver smesso di battere. D'un tratto Smirne spostò lo sguardo dalla luna sul mio volto: « Ho una gran paura ,Teodoro».

Quelle parole mi scossero non poco,così tentai di replicare : «Ma cosa dite,dolce sorella! voi conoscete bene il futuro,non avete mai temuto alcunché. » 

Questa volta il viso di Smirne si fece più greve, mi prese la mano e disse con voce tremolante :

«Caro fratello....ecco vedete, gli Dei da qualche giorno non mi parlano più e adesso, proprio mentre mi accingo a lasciarvi per sempre, Il futuro sembra una grande incognita pure per me che ne ho sempre visto i particolari. Come dovrei interpretare il silenzio del cielo? Vedete, l'unica cosa che mi rattrista in effetti, è che non potremo più vederci. »

« Chi può dirlo!...  forse gli Dei hanno in programma di farci ricongiungere presto! » soggiunsi  in tono consolatorio. « Già...spero tanto sia così» concluse Smirne cercando di recuperare il suo solito modo di fare. Mi guardò ancora una volta: « Eppure questa notte è ancora nostra ,quindi vi prego di poter restare con voi ancora un po'» .

Passammo tutta la notte insieme, stringendoci semplicemente la mano e aspettammo il sole sorgere. 

La mattina seguente in camera mia entrarono sette damigelle  col capo coperto da dei cappucci che ne occultavano perfettamente i volti. Mi fu ordinato di uscire dalla stanza e di non tornare prima di due ore. Non feci nemmeno in tempo per darle un ultimo saluto. Al mio ritorno Smirne non c'era più,era ufficialmente un'iniziata, ed io ero ufficialmente solo.


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