Capitolo 27 - Proposta

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Il mattino seguente Leila uscì di casa con grande anticipo. Si stava comportando come una codarda e ne era consapevole. Davanti al suo armadietto, l'attendeva Jude con un sorriso smagliante.

<<Buongiorno, come stai?>> le domandò.

<<Ciao. Bene, tu?>> rispose semplicemente lei.

<<Alla grande ora che ti vedo>> La rossa non potè far altro che arrossire e scuotere la testa, divertita.

<<Devo chiederti una cosa>> Il ragazzo diventò improvvisamente serio e nervoso.

<<Che c'è? Mi spaventi>> chiese lei preoccupata.

<<Ti andrebbe di venire al ballo con me?>> disse lui tutto d'un fiato. Lei sgranò gli occhi.

<<Scusa ma non ho idea di cosa tu stia parlando>> affermò lei titubante.

<<La settimana prima delle vacanze di Natale si svolge un ballo scolastico e io sono senza accompagnatrice. Mi piacerebbe che fossi tu>> balbettò Jude.

Leila non sapeva cosa rispondere. Guardò gli occhi speranzosi del giovane, poi il pavimento e il soffitto ed infine ancora quegli occhi verdi, che non erano minimamente paragonabili a quelli di Dylan. "Perchè ora mi metto a fare questi paragoni?" si chiese lei. Con tutti questi pensieri, si era dimenticata della presenza di Jude, che nel frattempo si era scoraggiato. Leila guardò dall'altra parte del corridoio: Dylan la stava fissando intensamente.

Il ragazzo di fronte a lei mormorò: <<Se non vuoi, non c'è pro..>> ma lei lo interruppe:<<Vengo>> Jude sembrò dapprima spaesato, ma poi si illuminò. Anche lei sorrise, contagiata dalla sua felicità. Le diede un bacio sulla guancia e le disse che la campanella sarebbe suonata a breve. La rossa annuì e buttò un'occhiata a Dylan, che si era avvicinato e, dall'espressione furiosa, aveva sentito ogni singola parola e visto il bacio. Strinse i pugni e se ne andò, probabilmente per non picchiare Jude. Un forte senso di colpa attanagliò lo stomaco della rossa. Perché? In fondo, Dylan non aveva alcun rispetto per lei, per i suoi sentimenti, per come lui la faceva sentire ogni volta che si avvicinava. Sì, perché nessun ragazzo l'aveva mai fatta sentire così desiderata, così libera di provare delle emozioni travolgenti, così... Leila. Era vero: con lui, usciva la sua indole ribelle, ma piena di colori caldi e vivaci; non era la solita Leila fredda, che chiudeva il cuore nella cassaforte. Quando Dylan azzerava la distanza tra loro, questo avrebbe voluto uscire dal suo petto, entrare in quello del ragazzo e unirsi all'organo vitale di quest'ultimo. E la rossa rimase lì, assorta a immaginare la piacevole sensazione di avere le labbra del giovane sulle proprie e il dolce suono dei loro cuori battere all'unisono. Quel sentimento l'aveva travolta, come un treno in corsa, come un uragano che spazza via tutto ciò che incontra sul suo cammino. Era anche difficile per lei accettarlo perché, dopo anni in cui il suo cuore era stato tenuto sotto chiave, ora sentiva il desiderio di liberarlo. E solo con Dylan poteva farlo. Lui aveva la chiave. Di questo, non ne era però consapevole. Pensava che solo con le sue forze sarebbe riuscita ad uscire dall'oscurità, ma così non era. Aveva l'estremo bisogno di qualcuno che districasse i fili dentro di lei, perché Leila era come un'enorme matassa, piena di fili intrecciati ed annodati fra loro. Dylan era il suo tessitore. Lei non l'avrebbe mai ammesso, ma quei due occhi verdi l'avevano stregata. Bramava per sentirseli addosso, perché la scrutassero. La faceva sentire protetta e, in qualche modo, a suo agio. Anche se era indescrivibile la sensazione che la rossa provava quando Dylan le toccava la mano o le sfiorava le labbra con le proprie: era la sua linfa vitale e non aveva intenzione di lasciarla andare. Ma doveva. Erano troppo diversi, si sarebbero distrutti a vicenda. Due caratteri forti che si scontravano non avevano mai prodotto nulla di buono. Non voleva immaginare se due Maghi dai caratteri forti si fossero scontrati, quali danni avrebbero provocato. Erano due facce della stessa medaglia. Lei: fredda, scontrosa e tenebrosa. Lui: vivace, manipolatore e sicuro di sé. No, era decisamente impossibile. Leila necessitava di qualcuno che sopportasse i suoi sbalzi d'umore, la sua riservatezza, il suo passato oscuro e che contrastasse in qualche modo la sua rabbia. Stare con lei era una grossa responsabilità. E si sa che le grosse responsabilità non piacciono a nessuno. Almeno questo lo riconosceva. Ma non voleva la pietà di nessuno. Era stata in piedi da sola così a lungo che si fidava solo di se stessa, anche se a Dylan aveva ammesso il contrario. Perché lo aveva fatto?

La campanella suonò, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Così si avviò a testa bassa verso l'aula.

Dark SoulWhere stories live. Discover now