03. Keys from Kiev

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Dodici ore dopo, quasi tutti gli agenti a bordo del jet erano già svegli e operativi.

Il team H.U.S.H. aveva fatto colazione insieme, ad eccezione degli Abascal-Bosco, che avevano dormito qualche ora in più.

Lyssa Tarlov si era svegliata prima di tutti, con alle spalle solo cinque ore di sonno.

Aveva piazzato quattro portatili in quasi ogni tavolino della sala comune, insieme a dei decriptatori e vari hard disk esterni, a volte appoggiati addirittura sul piano bar.

Una marea di cavi si stava districando sul pavimento, separati in file ordinate e legate in base alla loro funzione. Una piccola antenna satellitare era attaccata al bordo del tavolo.

A giudicare dall'abbigliamento - la gonna bianca del giorno prima e una felpa blu con la sigla del M.I.T. - Lyssa non sembrava intenzionata ad uscire da quel jet una volta atterrato.

Si piazzò di fronte al computer, si tirò indietro i capelli con una fascia nera e scrocchiò le dita delle mani, pronta a mettersi al lavoro... ma non prima di aver fatto partire l'ultimo album di Drake.

Non lo sapeva ancora, ma c'erano almeno quattro agenti pronti ad ammazzarla per molto meno.

Steve, che si era appena finito di cambiare e non aveva ancora avuto la sua prima tazza di caffè della giornata, mormorò qualcosa d'incomprensibile non appena sentì la cantilena provenire dalla sala comune. Dopo aver espresso il suo dolore, sbatté la testa ripetutamente sul muro della sua stanza.

Genevieve "Chiamami-pure-Jenny" e Natasha, che stavano discutendo con ammirabile entusiasmo delle loro armi preferite, quasi ignorarono il trambusto che proveniva dall'altra sezione.

Saskia, con una matita in mano e una incastrata sull'orecchio, stava parlando con Clint di possibili miglioramenti alle sue frecce esplosive e, nel contempo, stava traducendo la trascrizione di una recente telefonata effettuata da Wentworth Davies ad uno dei responsabili russi.

La situazione sul jet non era caotica, di più.

Bibiana entrò nella sala comune, già vestita con una tuta dello S.H.I.E.L.D., e si avvicinò a Steve, che guardava un punto fisso nel vuoto mentre reggeva una tazza di caffè fumante, appena rubata ad una Natasha troppo occupata a parlare per rendersene conto.

Controllò l'orologio, già cambiato sull'ora di Mosca.

«Tra un'ora entrate in gioco» convenne la donna, guardando Lyssa operare su quattro computer diversi quasi contemporaneamente.

Steve le lanciò un'occhiata, già più sveglio di prima.

«Non so ancora se preferisco rubare chiavette usb in Ucraina o sequestrare cargo prezioso in Malaysia» rispose onestamente. Lui era più da strategia - preparazione - attacco: le missioni di spionaggio le aveva sempre lasciate a Natasha.

Bibiana lo guardò, poi rise.

«La mia alternativa, probabilmente, sarebbe stata l'ennesima copertura da qualche mese»

«Dicono che tu e Massimo siate i migliori sul campo»

«Forse nella sede di New York. Scommetto che c'è qualcuno disposto a sprecare più anni di noi fingendo di essere qualcun altro» replicò.

Steve sorrise.

Forse la donna non lo sapeva, ma lì dentro tutti stavano già fingendo.

Bibiana lo fissò per un attimo, in silenzio, e decise di non cogliere più di ciò che Rogers mostrava. Come quando era sotto copertura, il distacco emozionale era meglio per tutti.

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