08. Honeymoon Havan-ue.

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«Tesoro, non abbiamo tutto il giorno»

La ragazza continuò a tremare, terrorizzata. Una goccia di sudore le scese dall'attaccatura dei capelli, rigandole la guancia sinistra. Anche se avesse voluto parlare, la paura che aveva in corpo non le avrebbe permesso di pronunciare nemmeno una sillaba.

Sentì la punta della pistola sulla tempia, il metallo freddo dell'arma che contrastava con il caldo di Havana.

In quel momento come non mai, era convinta di morire.

«La tua vita sarebbe molto più facile se ci dicessi i nomi e cognomi di cui abbiamo bisogno» continuò Jae Won. «E dove si trova l'hard disk, ovviamente»

Lyssa continuò a tremare. Sapeva che ormai era giunta la sua ora.

Non era mai finita in una situazione simile. Come aveva raccontato una volta al Capitano, aveva passato la sua carriera in agenzia dietro ad un computer, al sicuro tra le quattro mura dell'ufficio.

Accettando di far parte di un team sul campo, sapeva a cosa sarebbe potuta andare incontro. Il problema era che non aveva mai saputo cosa si provasse ad essere in bilico tra la vita e la morte finché non c'era finita in mezzo. Come in quel momento.

Doveva compiere una scelta: rimanere leale al team, o cercare di salvarsi la pelle.

Lyssa, però, stupida non lo era mai stata. Non l'avrebbero mai lasciata uscire da quella villa da viva, nemmeno se avesse detto loro la password del wifi di Iron Man.

Ergo, era giunto il suo momento. Respirò profondamente e alzò lo sguardo verso Park, con gli occhi umidi di lacrime.

«Non ti dirò nulla» riuscì a dire, più ferma di quel che si aspettasse.

Jae Won annuì, come se fosse già stato a conoscenza della risposta. Tolse la pistola dalla testa di Lyssa, poi la incastrò tra la schiena e i pantaloni. Si allontanò da lei e si avvicinò a Jenny, seduta a pochi metri da Tarlov.

Indossava solo la vestaglia che aveva tenuto sotto l'abito da gala poche sere prima, sporca di polvere e strappata sui bordi. Sul suo viso si poteva leggere la disperazione di una persona denutrita e privata del sonno.

L'avevano legata ad una sedia, sia mani che piedi, e l'avevano tenuta in quelle condizioni per tutta la notte, sperando che crollasse. Avevano capito che era la più dura a spezzarsi, e avevano preso le dovute precauzioni.

Nonostante le condizioni indecenti e per sfortuna del miliardario, riusciva comunque a tenere testa a Jae Won.

«Lyssa, sei sicura della tua risposta?» domandò poi, con una calma inquietante. Lei non rispose, e lui lo interpretò come un no.

A quel punto, Jae Won tirò uno schiaffo a Jenny, un colpo talmente forte da farle girare la faccia. Lyssa sussultò quando vide del sangue colarle dalla bocca. A giudicare dalle sue condizioni, non era il primo che riceveva.

«Batard» sussurrò lei, quasi impercettibilmente.

Il secondo uomo nella stanza rise nel suo angolino. Stava dando le spalle a tutti, seduto su una poltrona di pelle marrone, troppo occupato a guardare il suo riflesso in uno specchio da viaggio. Da quel che stava sentendo, Jae Won le stava ancora trattando con l'acqua di rose.

«Cambiamo tattica, signorina Tarlov» continuò poi l'uomo. «Se non mi dici con chi lavori e dove posso trovare l'hard disk, ucciderò la tua amica senza pensarci due volte»

Lyssa si girò di scatto e guardò l'agente Brochu, ridotta ad un sacco da boxe.

«E non pensare ad una morte veloce e indolore. La torturerò personalmente finché non riuscirà più a respirare» aggiunse.

Mission Impersonatable (#3)Место, где живут истории. Откройте их для себя