Capitolo 12

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Pov Marco

Porca Puttana.

Avevo le mani dietro la nuca, il respiro accelerato ed un fottuto senso di ansia mi stava attanagliando lo stomaco, provocandomi una leggera tachicardia, mentre il mio sguardo era fisso sul soffitto bianco da ormai parecchio tempo.

C'era il silenzio tombale nella stanza; un inquietantissimo silenzio, spezzato esclusivamente dal ticchettio dell'orologio e dal suono di un respiro regolare.

Voltai il capo verso sinistra e diedi un'occhiata all'orario: erano le 5 e 45.

Avevo trascorso la notte in bianco, ripensando costantemente a quello che era successo.

Chiusi gli occhi e mi mordicchiai il labbro.

- Cazzo...- imprecai tra i denti.

Sperai con tutto il cuore che non fosse successo sul serio, sperai di voltarmi verso destra e trovare il letto vuoto, perché qualora ciò non accadesse, sarebbe stato un bel casino.

Con molta titubanza aprii gli occhi.

Diedi prima uno sguardo a me stesso e constatai che indossavo solo il pantalone della tuta, mentre il mio petto era nudo.

E poi feci l'errore di voltarmi alla mia destra e di vederla.

Dormiva profondamente; i capelli erano totalmente alla rinfusa, spalmati un po' sul viso ed un po' sul cuscino, le labbra erano socchiuse ed i lineamenti del volto erano rilassati in un'espressione di beatitudine.

Sembrava...felice.

Passai in rassegna ogni dettaglio, a metà tra l'ipnotizzato ed il terrorizzato, visionando così i segni della notte trascorsa insieme, quei segni che se ne stavano lì, prepotenti e pronti a sbattermi in faccia la cruda realtà e le prove della mia colpevolezza.

Continuavo a fissarla sconvolto, mentre la mia mente ripercorreva le scene e la passione che ci aveva travolti quella notte, perché per quanto sbagliato, quella era stata la notte più bella degli ultimi quattro mesi.

La sua pelle, il suo odore, il suo sapore...porca miseria il suo sapore, i suoi ansimi, il suono dolce e musicale dei suoi gemiti, mi avevano finalmente fatto riprovare quel calore che ogni persona dovrebbe provare nell'atto dell'unirsi con un'altra, facendo finalmente sciogliere il mio cuore ormai coperto da una patina di ghiaccio.

C'era solo un problema; tutto questo era avvenuto con la persona sbagliata.

Perché per quanto bello, per quanto unico, io rimanevo sempre il suo assistente e lei rimaneva sempre la mia studentessa, ma soprattutto, io rimanevo Marco Ferraro ed in quanto tale, tenevo troppo alla mia etica professionale e volevo ritenermi un professionista a tutti gli effetti, non solo per le mie doti di avvocato.

E poi, andiamo, che tipo di rapporto potevo instaurare con lei?

Lei era una ragazzina; bellissima, sveglia, divertente, intrigante, intelligente, inconsapevolmente eccitante, ma pur sempre una ragazzina.

Una ragazzina con un'evidente cotta per il suo assistente e con cui era andata a letto, facendosi chissà quale aspettativa.

Perché sì, la ritenevo una libertina e soprattutto molto istintiva, ma era una ragazza intelligente che dava peso a quello che faceva.

Ero un coglione.

La mia mente sfornava pensieri a ripetizione, pensieri sconnessi e privi di una qualsiasi logica, mentre i miei occhi non si staccavano neanche un secondo dal suo corpo coperto solo da un insulso lenzuolo e mentre continuavo a ripetermi che avevo fatto una cazzata, i miei sensi non poterono non reagire alla vista di quella pelle nuda, o almeno, non dopo quello che era successo.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt