L'uomo rosso- parte 4

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Mi hanno mandato a casa presto stanotte. Sono le due del mattino. Una ragazza è entrata. Sanguinava dai polsi, che erano squarciati. Il sangue gocciolava sul pavimento, lasciando una traccia dietro di lei.

Continuava a cantilenare qualcosa in spagnolo che non riuscivo a capire. L'hanno assegnata a me, poiché lo psicologo di turno era bloccato nel traffico. Ho accettato il caso riluttante.

Quando ho tirato la tenda dietro di me, la donna ha sussultato e spinto il suo corpo lontano dal mio. Le sue grida crescevano di intensità, al punto che gli altri pazienti arrivavano per vedere cosa stesse succedendo. Ho richiesto un sedativo leggero, ma lei non mi lasciava avvicinare. "Demone!" gridava, con il sangue che continuava a gocciolare sulle coperte verde vomito, "Sei un demone! Te lo leggo dentro! Deja este mundo, demonio. Veo a través de su pielgruesa. Suelte a ese hombre." Continuava a gridare in spagnolo.

Ho cominciato a sentirmi a disagio. Il mio battito accelerava.

Sono entrato nella hall principale e ho preso uno Xanax - Qualcosa che non facevo da almeno tre anni.

Il mio supervisore mi ha visto, ha notato la pillola e chiesto spiegazioni. Gli ho detto la verità - sulla ragazza, cosa stava dicendo. Tutti sanno dell'incidente accaduto anni prima, così mi ha mandato a casa a riposare. Sono rimasto a giacere lì per ore cercando di decidere cosa fare, ed ho capito che non è finita.

Mentre ero in bagno, la figura apparve alla mia vista. L'adrenalina mi pompava nelle vene, ma ero incollato nell'angolo in cui stavo. Ian, devi combattere, il mio cervello stava urlando. Mi guardai intorno disperatamente in cerca di un arma, ma una voce familiare mi salutò dalla soglia.

"Stai bene? Ho provato a chiamare." Era Preston, il mio supervisore. Preston sapeva dove vivevo, e spesso era da me per una birra o qualche serata dedicata al football. Stava ancora indossando il suo camice bianco e i guanti. Ero ancora incapace di parlare bene. Lacrime fioccarono dai miei occhi. Ogni parte di me stava tremando. Mi sentivo come se tessi per svenire. Entrò nella stanza, con gli occhi puntati su di me, fino a quando non vide la massa tremante nella mia doccia. Il sangue scorreva fuori sul pavimento. Mi misi da parte per permettergli di guardare meglio.

"Non so cosa è successo - o chi sia..." fu tutto ciò che riuscii a blaterare. La mia voce si spezzò, le lacrime caddero, e Preston scrutò con una strana espressione la sua faccia. Freddo, rigido. Non era quel che mi aspettavo. Ebbi problem a respirare per un momento. Volevo piangere, pregarlo di non chiamare la polizia. "Qualcuno mi ha chiamato. Jane era con lui." Preston mi guardò, come se avesse dimenticato di stare nel bagno del mio appartamento. La massa di pelle mugolò nella doccia. Preston la raggiunse e si mise in ginocchio, strofinando le mani su e giù sul corpo mutilato. Guardavo in un muto orrore.

"Ian" disse Preston senza guardarmi "Pensavo avresti apprezzato il mio regalo ancora un po'. È una mancanza di rispetto." Si alzò in piedi, fronteggiandomi. Il sangue macchiava la sua mano e il suo camice. Ogni parte di me si intorpidì. Indietreggiai contro il muro, il cuore che batteva più forte di quanto una persona possa sopportare. Stava sorridendo. Gli occhi brillavano di una luce vendicativa puramente animalesca. E fu in quel momento che lo seppi. Preston era la persona all'altro capo del telefono.

Era colui che aveva fatto accadere tutto questo, ma ancora oggi non so come abbia fatto.

"Dov'è lei?" Sembravo ragionevolmente tranquillo, ma dentro ero a pezzi, la mia testa fluttuava. Preston rise, raggiungendomi con la sua mano coperta di sangue.Disegno un piccolo, sanguinolento cuore sulla mia faccia. Glielo feci fare, terrorizzato che se mi fossi mosso mi avrebbe colpito. Preston tirò fuori la lingua, ridendo come una iena ubriaca. Stridula e tormentata.

CreepypastaWhere stories live. Discover now