Capitolo 23 Il passato

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Narra Mirko

Stavo ancora pensando a Jessica, quando mia madre aprì la porta del salotto, sbattendola violentemente contro il muro. Nella mia testa scattò fulmineo l'allarme rosso, tanto che, da sdraiato, mi misi a sedere in un nano secondo, o forse anche meno. Quando mia madre era infuriata, perfino per Hulk era più conveniente darsela a gambe. Sapeva essere una vipera pronta ad avvelenarti o un leone pronto ad azzannarti, ma più solitamente anche entrambi contemporaneamente. Se avevo intrapreso la professione di attore, era solo colpa sua, perché io non avevo mai desiderato passare la mia vita vivendo di questo lavoro. A causa di questa ragione, parecchie volte, avrei voluto solo essere un ragazzo normale come tanti altri, con una casa fissa in cui tornare ogni sera, degli amici con cui confidarsi e con cui fare cazzate, avere una ragazza. Ma a me tutto ciò era vietato, tutto ciò era bandito dalla mia vita quotidiana. Mia madre mi aveva sempre ripetuto fin da
piccolo come una mantra quanto desiderasse che io diventassi famoso, un celebre attore invidiato da chiunque, dalle cui labbra pendevano i pezzi più importanti dell'alta società. Bramava per me un destino perfetto, ma non mi aveva mai chiesto cosa desiderassi io nella mia vita. Lei aveva preso la decisione, lei aveva fatto di tutto affinché si avverasse e sempre lei, quando il suo sogno aveva iniziato a diventare realtà, aveva gioito, bramando sempre di più, perché non era mai sazia, proprio come la lupa dell'inferno dantesco. Da piccolo pensavo che tutto ciò fosse solo un istinto materno, un desiderio naturale. Insomma, quale madre non desidererebbe il successo del proprio figlio? Credo nessuna. Ma, crescendo, avevo maturato un'idea più complicata e forse anche più attendibile rispetto al "semplice desiderio materno". Mio padre era morto a causa di un malessere improvviso quand'ero molto piccolo, avevo solo due anni e mezzo, e sapevo perfettamente quanto i miei genitori si amassero. Prima della morte di mio padre, mia madre non era così come lo era ora. Era più dolce, affettuosa, calda, materna. Mi ricordo vagamente quando mi cantava la ninna nanna nel lettino, prima di andare a dormire, quando preparavamo i biscotti tutti insieme in cucina, o addirittura quando mi insegnò a fare un massaggio rilassante che aveva imparato dalla nonna. Sono ormai tutti ricordi sbiaditi dal tempo, dalle ferite, dalle urla e dalle lacrime. La perdita di mio padre aveva cambiato per sempre mia madre, me e tutta la nostra famiglia, ed è ancora una ferita aperta per lei, non si è mai rimarginata. Se mi sforzo, riesco ancora a vedere quella scena raccapricciante: lei che piange sul letto, lo inonda con le lacrime, lei che mi strilla di andare a dormire, lei che mi assesta uno schiaffo perché l'avevo disubbidita, io che mi rannicchio in un angolo e assisto a quell'orrore, mia madre che scaraventa e distrugge ogni cosa le ricordi mio padre. Fu la notte peggiore della mia vita, una notte di terrore nero. Io tremavo nel buio e assistevo impotente, con le lacrime che mi rigavano il volto silenziose, ma che sembravano essere infinite e di fuoco. Fu un periodo di dolore, angoscia e sofferenza atroce per mia madre. Il pessimismo aleggiava intorno a lei e incombeva sulla nostra casa minaccioso, finché un giorno, a cinque anni, non trovai una lettera di mio padre. Era nascosta sotto una mattonella, ed io la presi subito e la portai a mia madre, non sapendo ancora leggere. Lei la lesse prima mentalmente, assumendo un'espressione che non riuscii a decifrare, poi, iniziò a parlare con voce mesta e dolce per la prima volta in tanti anni: « Piccolo mio, vuoi sapere tuo padre cosa ha scritto? Si? », io annuii con vigore. Cosa avrei mai potuto fare? Ero già stato intrappolato dalle grinfie del mio destino, un destino da cui non potevo di certo sfuggire, un destino prescelto dalla mente malata della donna che avevo di fronte, una donna che amavo nonostante tutto, perché sapevo che ciò che l'aveva resa un mostro era solo l'immenso dolore provocato dalla morte improvvisa del marito amatissimo. Non augurerei mai a nessuno una perdita del genere. Poi continuò, dicendo così: « Tuo padre ha rivelato, attraverso questa lettera, il suo più grande desiderio: quello di diventare un attore celeberrimo. Come sai, papà era un avvocato, un bravissimo avvocato, ma lui voleva fare l'attore, capisci cucciolo? », mi fece una carezza e gli occhi mi si riempirono di lacrime all'istante, perché non ero abituato alle coccole. Ero abituato solo alle urla nere, agli schiaffi che lasciavano i segni e graffiavano il cuore, alle paure che erano ospiti fissi nella nostra casa. Dopo, assunse un tono severo, un'espressione autoritaria, e mi disse semplicemente queste parole, parole che non dimenticherò mai più, parole che mi cambiarono la vita: « Tu, renderai onore alla memoria del tuo povero padre. Tu, diventerai un attore per lui, al suo posto. Non puoi opporti, è la sacrosantissima volontà di tuo padre ». Non era la sua volontà, non era il sogno che aveva rinchiuso nel cassetto per anni destinato a me, era un sogno che aveva scelto per lui, solo per lui, merda. Io non c'entravo un cazzo. Ma non mi opposi, non mi opposi per tutti gli anni seguenti, sopportando e cedendo ai ricatti di mia madre. Lei ordinava ed io eseguivo senza batter ciglio. Era l'unico genitore rimastomi e temevo che non assecondarla avrebbe portato anche alla sua perdita, ed io non volevo, non potevo permettermelo. Già avevo perso per sempre una guida, due sarebbe stato troppo. Da bambino credevo che mia madre desiderasse il mio successo perché mi voleva vedere realizzato e felice un giorno, poi, capii che il suo scopo era un altro, un bisogno: quello di identificare in me l'uomo che amava, ma che non sarebbe più potuto tornare da lei. Mi aveva cresciuto non come un figlio, ma come un rimpiazzo, con la differenza che al marito lo amava con tutta l'anima, mentre a me, non so nemmeno come completare la frase. E pensare che forse è stata solo colpa mia, ma non me ne sono mai reso conto, o mai ho voluto rendermene conto. Ed ora che ricostruisco ogni più doloroso ricordo dal principio, capisco che se non avessi mai trovato quella fottutissima lettera, ora non mi ritroverei qua.

Oltre la distanza-Cameron Dallas #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora