Prologo

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Se non fosse per teRivelazioni

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Se non fosse per te
Rivelazioni


un racconto

di

Carla Volturi

Carla Volturi

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Un anno dopo. Tradita dal compagno Giulio e ferita dal vecchio amore, suo cugino Michele, Gioia si stabilisce a Milano, grazie all'aiuto della cara amica Jessica. Si rimette in discussione, lavora sodo su se stessa, segue le sue passioni. Ma un invito inaspettato e carico di amore la scuote a tal punto da indurla a fare ritorno in Costiera Amalfitana. Ad accoglierla ci saranno amici, parenti, una passione mai archiviata e segreti nascosti, più profondi e tremendi di quanto lei stessa pensi.
Gioia verrà nuovamente scossa, nuovamente turbata, nuovamente usata da chi più dovrebbe proteggerla.


QUESTO ROMANZO
FA SEGUITO A
"SE NON FOSSE PER TE-BUGIE"

QUESTO ROMANZOFA SEGUITO A "SE NON FOSSE PER TE-BUGIE"

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Prologo

Un anno dopo

Dita che scorrono sul corpo. Dita calde, affusolate, vellutate. Pelle liscia, al profumo di lime, leggermente oleosa. Un unguento biancastro, ciò che resta di un po' di crema, biologica, sul collo. Movimenti circolari per stenderla.

E dita carezzevoli, incedono piano sul seno piccolo e rotondo. Si inoltrano sul ventre piatto e sui fianchi dolcemente ammorbiditi. Qualche chilo in più. Un nuovo peso, una nuova storia.

Basso ventre, si intravede qualche ciuffo di peli scuri. Il pube, non depilato a perfezione, sigillato da minuscoli baffetti neri, il cancello naturale di ogni donna.

Cosce sode, gambe esili. Piedi da trentasette scarso. Braccia lunghe, unghie smaltate.

Cosa si mormorava dodici mesi fa? Che le mani non ordinate fossero l'anticamera di una vita di merda? Ho anche le sopracciglia di tutto punto e mascara abbondante. Ne ho comprato uno dopo averne selezionati una ventina. Le unghie, quindi, non sono più un lusso, semmai una consuetudine.

Non entra più nessuno in questo corpo. Nessuno che lo possegga, nessuno che vi goda dentro e fuori. Nessuno che lo esplori, lasciandoci su una cicatrice.

Il dolore è come l'oro, ha un peso e un prezzo. Il dolore si staglia nel cuore, in principio assume le sembianze di una lieve ferita. Che sarà mai? Un po' di acqua ossigenata e un cerotto per sanare tutto e via.

Ma il dolore è una crepa. Una scheggia che aumenta le sue dimensioni. Non c'è alcuna lama, alcun coltello. Nessun oggetto acuminato al quale imputare lo scatafascio. Nulla da impugnare e gettare altrove per evitare che tagli in profondità.

Come render noto prima di tutto a noi stessi che i sentimenti talvolta danno sollievo, altre supplizio?

E il dolore diviene tormento. Ostruisce vene ed arterie, impedisce il normale defluire del sangue. Che fare? Morire o rinascere? Forse meglio il kintsugi*!

Oro colato e i cocci di una vita. Si riempiono le spaccature, si curano le rotture. Si cicatrizza il male patito. E una nuova donna ha origine, dalla cenere e dai frammenti.

Negli usi comuni, se qualcosa si disintegra, viene buttato. Riposto nel cestino dei rifiuti, poiché privo di valore. Come se dall'imperfezione di una ferita non possa nascere nulla di buono.

In un mondo dove la bellezza e l'esteriorità contano più di un qualsiasi mero valore, io mi sono conservata. Mi sono preservata ed amata. Finalmente. Non ho consentito ad altrui di sfiorarmi, di spezzarmi. Di accantonarmi in un angolo come si fa con ciò che è inutile.

Mi sono ricomposta in una forma nuova, più completa, tendendo le braccia all'armonia degli opposti nel mondo.

Lasciando che il dolore si trasformasse in qualcosa di unico e raro.

Ho individuato nuove vie, nuove strade. Ho scoperto la meraviglia della conoscenza, la stupefacenza dell'altro. La magia dell'ignoto e della rottura, che quotidianamente ha un'accezione negativa, di vergogna, senso di colpa e fallimento.

Ogni storia, anche la più travagliata, è origine di bellezza e ogni cicatrice deve esser mostrata orgogliosamente come la cosa più preziosa che si ha.

E mi espongo alla luce del sole, mi presento ed esibisco tutta. A nudo, senza occultare, celare. Con fierezza, con consapevolezza.

I miei sfregi, i miei segni sono luminosi, scintillano a contatto con la realtà esterna. Mi rendono riconoscibile nella folla omologata.

Sono un vaso kintsugi, riparato e dal valore inestimabile. Cammino tra la gente e racconto una storia di cui essere orgogliosa, perché negli errori della sensibilità non c'è colpa, semmai tenerezza.

Una storia vera, autentica, vissuta dal primo all'ultimo istante. La mia, quella di Gioia Autieri.


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Fine prologo




*Il kintsugi (金継ぎ), o kintsukuroi (金繕い), letteralmente "riparare con l'oro", è una pratica giapponese che consiste nell'utilizzo di oro o argento liquido o lacca con polvere d'oro per la riparazione di oggetti in ceramica (in genere vasellame), usando il prezioso metallo per saldare assieme i frammenti.
(Fonte: Wikipedia)

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