48

4.1K 433 96
                                    

"Eren è morto. Si è spento durante il viaggio verso Napoli, per i maltrattamenti subiti"
La prima reazione di Levi fu pensare: cosa?
Eren era morto.
Eren non era più su questa terra.
Non lo avrebbe rivisto mai più.
"Mi dispiace davvero, Levi"
Chi gli aveva appena parlato? Non aveva visto il suo viso. Non vedeva più nulla, per la verità.
Chiunque fosse stato, era dispiaciuto. Certo che lo era. Naturale.
"Naturale" ripeté il moro, sussurrando, come in trans.
È naturale che Eren sia morto...
L'aria in quella stanza divenne improvvisamente irrespirabile per lui. Doveva uscire, doveva stare dasolo.
Si avviò verso l'interno della villa,passando tra i suoi confratelli con andatura barcollante e lo sguardo perso nel vuoto.
Una stanza. Gli serviva una stanza dove stare solo.
E naturale che Eren sia morto.
Continuò a camminare.
Era un debole.
Avanzò ancora.
Non sapeva difendersi da nulla.
Varcò la soglia di una stanza da letto.
Vide un ombra correre avanti a lui. Quando l'ombra si voltò, Levi vide il viso di Eren, i suoi bellissimi occhi di giada, il suo corpo sottile e snello.
Allora non era morto!
Eren rise, gli girò intorno continuando a correre, poi gli fu di nuovo davanti.
"Vieni a prendermi Levi!"
"Sì. Sì, sto arrivando"
E accelerò il passo, per tenere dietro al ragazzo.
"Dai!" lo incitò lui, e rise ancora.
"Arrivo. Arrivo"
Tese una mano in avanti, Levi, verso quella che il ragazzo gli porgeva.
Ecco. Ancora qualche millimetro. Ancora poco e lo avrebbe dinuovo stretto a sé.
Le sue dita si richiusero su loro stesse, afferrando l'aria.
Eren era sparito.
Perché non è mai stato qui, comprese Levi.
Perché Eren è morto. Perché io non l'ho protetto.
Si sentì chiamare dinuovo: "Levi!"
Urlò, tirando un pugno alla parte che aveva difronte a sé.
Il respiro gli si fece mozzo e gli occhi presero a lacrime.
Diede un altro pugno al muro e urlò ancora, ma non per il dolore alle nocche, poi lo fece ancora e ancora, con maggior forza ad ogni colpo, con i suoi stessi singhiozzi disperati in sottofondo.
Ad un certo punto smise di dare pugni al muro, reggendosi la mano dalle nocche ormai spaccate e sanguinanti, e allora prese a dare spallate nello stesso punto, dove il muro ormai era crepato, e intanto piangeva, pingeva e piangeva. Singhiozzava e gridava continuando a farsi del male, fino a che anche la spalla cedette, e lui non si ritrovò a terra, rannicchiato in quell'angolo, contro quel muro freddo, abbracciandosi da solo, sapendo che non sarebbe più stato stretto in quel modo da nessun altro, e intanto ripeteva quell'unica parola, come fosse un mantra, rivolto a chi ormai non poteva più ascoltarlo: "Perdonami. Perdonami. Perdonami!"
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Levi trascorse altri tre giorni in quello stato pietoso, sempre raggomitolato in quel piccolo angolo di muro, a piangere e a lasciarsi divorare dai sensi di colpa ogni volta che pensava a come doveva essere morto Eren: in un sudicio carro per schiavi, stuprato e picchiato ogni giorno. E lui non aveva potuto evitare che accadesse, anche se innumerevoli volte in passato aveva giurato al giovane che lo avrebbe protetto.
Tanto si sentiva distrutto, Levi, che non mangiava più, e non dormiva nemmeno, perché sognare il volto di Eren e ricordare ad ogni risveglio che lui ormai era morto era una tortura che il suo cuore già disintegrato non riusciva a reggere.
La vita intanto gli scorreva davanti, il mondo intero continuava a camminare ma lui quasi non se ne accorgeva, restando sempre fermo in quel limbo di dolore: tutti gli uomini e le donne fuggiti dalla villa di Batiato si spostarono in quella stessa villa, che per quanto fosse grossa risultava comunque stretta per tutti loro, e quindi proseguivano le ricerche di un posto più idoneo. Un paio di volte Spartacus aveva anche provato a coinvolgerlo, ma presto si era accorto che ora come ora Levi non aveva la lucidità mentale necessaria per dirigere un bel niente, e aveva preferito lasciarlo perdere, cosa di cui il moro gli era molto grato.
Poi, la sera del terso giorno, Nasir gli si avvicinò, e per quanto fosse ancora stordito dal dolore, Levi si rese subito conto che qualcosa non andava, visto l'incedere esitante del ragazzo.
"Levi... ascolta" cominciò, e la voce gli tremava "riguardo la morte di Eren... bhe, non è reale"
Levi sussultò, improvvisamente dinuovo vigile e attento, e fissò il giovane siriano con gli occhi sbarrati, aspettando che continuasse a parlare.
"Lo schiavista... lui ci ha detto dove l'ha portato"
Levi scattò in piedi, ritrovando di colpo la forza che per tre giorni gli era mancata, ed artigliò il collo di Nasir, sbattendolo al muro. Gli tremava la voce e gli occhi erano liquidi di lacrime di speranza e disperazione insieme: "Se davvero è vivo perché me lo dici solo ora?!"
"I-io volevo dirtelo, solo che Agron mi ha consigliato di non farlo! Diceva che andarlo a salvare dalla casa di quel senatore è un suicidio, e che tu ci avresti trascinati tutti là appena lo avessi saputo, quindi ha preferito non-"
"Dov'è ora Agron?!"
"Nel giardino con gli altri"
Levi scattò in quella direzione, guidato da una rabbia che aveva quasi qualcosa di demoniaco.

Siete contenti dite la verità! 😆
Voglio tanti biscotti per aver aggiornato già sta mattina!
💜

Schiavi di RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora