CAPITOLO 24

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Quando ormai mi convinco che non tornerà più a casa, mi alzo per sistemarmi decisa a richiamare gli altri. Non posso farli aspettare per un mio capriccio. Ed è proprio in quel momento che sento una chiave inserirsi nella serratura. Passi pesanti e confusi rimbombano nell'entrata e quando la mia immagine fa capolino nel corridoio un suono assordante di vetri infranti precede la sua voce <Sei qui> biascica. È fermo davanti all'ingresso. Indossa gli stessi vestiti di ieri sera, se non fosse che al braccio sinistro la camicia è priva di una manica e si intravede una fasciatura. Ha i capelli spettinati, gli occhi socchiusi, e a malapena si regge in piedi. Le schegge per terra confermano le mie ipotesi. Gin. È ubriaco. Rimango immobile nella penombra del corridoio, senza sapere cosa dire o cosa fare. Lui chiude goffamente la porta e oltrepassa il tappeto di vetri che scricchiola sotto le sue scarpe. È una scena già vista. Mantiene comunque le distanze, notando il mio sguardo impaurito <Sai che non ti farei del male> dice con le mani protese in avanti come una predatore che cerca di calmare la sua preda. Sul mio volto si dipinge un sorriso amaro <Ci sono tanti tipi di mali che possono essere inflitti a una persona. Quello fisico è solamente uno di questi> la mia voce è fredda e diretta a farlo soffrire, proprio come lui ha fatto con me. I suoi occhi si chiudono mentre prende un lungo respiro <Ho bisogno di una spiegazione Marco, niente di più. Poi sparirò dalla tua vita> le mie parole sembrano essere uscite da un copione, ma so di doverle dire per evitare che i miei sentimenti prendano il sopravvento. Il suo volto sembra confuso, e i suoi occhi color nocciola ritornano su di me <Non voglio che tu te ne vada> mormora come se avesse paura di farsi sentire. La rabbia che provo comincia a mischiarsi al dolore di dover fare i conti con il fatto che lo amo <Dovevi pensarci prima di lasciarmi così> sibilo a denti stretti. Affonda il viso tra le mani appoggiandosi alla parete. Non aggiunge altro e io lo sorpasso decisa a raccogliere i cocci di quello che simbolicamente è la nostra relazione. Segue la mia figura scomparire nella cucina e riemergere poco dopo con un sacchetto <Cerca di non tagliarti> è tutto quello che riesce a dire. Barcolla fino al divano dove si lascia ricadere continuando a fissarmi. Una volta sistemato il casino ritorno a posizionarmi di fronte a lui. I miei occhi non reggono la potenza delle sue iridi abbandonate e devo distogliere lo sguardo per cercare di non cedergli. La mia attenzione si posa sul braccio fasciato <Che hai fatto questa volta?> domando rassegnata. Scuote la testa come se la cosa più che preoccuparlo lo imbarazzasse <Se te lo dicessi ti arrabbieresti ancora di più> risponde cercando di sistemarsi <Ne dubito, e in ogni caso da qualche parte dovrai pure partire a raccontare, no?> la mia voce è esasperata. Sono stufa di implorarlo, stanca di rincorrerlo quando lui non vuole farsi inseguire <Puoi sederti vicino a me?> domanda ignorando la mia richiesta <Preferisco restare in piedi> per un attimo mi sembra di vedere un sorriso sul suo volto mentre cerca di alzarsi in piedi e portarsi a una distanza minima tale per cui io non sia costretta ad indietreggiare. Lo guardo esitante, finché lui posa una mano sulla fasciatura cominciando a scioglierla <Prima che tu lo veda devi sapere una cosa> dice fermandosi poco prima di scoprire del tutto il braccio. Torno a fissarlo in volto e questa volta abbozza davvero un sorriso <L'ho fatto per te. Voglio dire pensando a te. Oh cazzo non sono bravo in queste cose..> scuote ancora la testa mentre lascia cadere la fasciatura. La pelle livida è avvolta da una pellicola trasparente che lascia intravedere al di sotto tante piccole onde che si increspano sul suo avambraccio. Si è fatto un tatuaggio, ed è la copia esatta del mio, solo più grande. Sento gli occhi bagnarsi mentre dentro di me combattono la rabbia, l'odio, la sofferenza e l'amore per questo ragazzo così maledettamente stupido. Non riesco a toglierli gli occhi di dosso e non mi accorgo neanche che lui si è avvicinato ancora di più. Le sue dita si appoggiano sotto il mio mento costringendomi ad alzare il viso per guardarlo <Perché?> è tutto quello che riesco a dire. La sua immagine è offuscata sotto la pioggia che sta cadendo sul mio visto <Perché l'hai fatto> le sue abbraccia mi avvolgono e anche se so che dovrei scappare il mio istinto primario e quello di restare lì, al sicuro. È così brutto l'amore, ti rende martire di una battaglia che potresti vincere se solo decidessi di ritirarti. Riacquisto quel poco di lucidità che mi permette di scostarmi per guardarlo in viso. I suoi occhi sono lucidi anche se non sta piangendo. Mi chiedo se l'abbia mai fatto. Se anche lui una volta abbia smesso di respirare per il troppo male. Mi guarda e sa di dovermi ancora una spiegazione. Si discosta lasciandomi libera dalla sua presa. Posa una mano dietro la nuca cercando le parole giuste per evitare di ferirmi ancora <Ieri sera, stanotte..> comincia e come se avesse appena iniziato a sparare, chiudo gli occhi per evitare che i proiettili mi colpiscano davvero <Era tutto troppo, i biglietti, il tuo regalo, le promesse fatte. Avevo paura Ludo, non puoi immaginare. Ma non che fosse tutto vero, no. Ogni volta che ti stringo a me, che ti bacio, so che sei vera, che noi lo siamo. Io ho avuto paura di non riuscire ad essere all'altezza. Di non essere in grado di renderti felice, ogni giorno di questa mia inutile vita> le sue parole sono ancora più confuse e devo appoggiarmi al muro dietro di me per poter restare in piedi <Ho creduto che non ce l'avrei fatta a fare i conti con un sentimento così. E così ti ho ferita di nuovo, sono scappato perché la cosa che mi riesce meglio è fuggire. Ma una volta tornato a Milano ho capito che non mi importa se non sarò mai quello giusto per te, io voglio provarci e finché me lo permetterai cercherò di darti tutto l'amore di cui hai bisogno> Fa un passo in avanti prendendo il mio volto ormai inondato di lacrime fra le mani <Io ti amo Ludovica, ti amo probabilmente dal primo giorno che mi ha rivolto la parola, anche se ho sempre avuto paura di ammetterlo. Sono un gran codardo, un fottutissimo codardo. Ma ti amo, ti amo e voglio amarti come si deve> il suo labbro comincia a tremare e dopo questa confessione non resisterei al fatto di vederlo piangere. Scatto in avanti lasciando che si prenda anche l'ultimo pezzo del mio cuore. Le nostre bocche si incontrano di nuovo e le sue parole entrano in me insieme alla sua lingua. Ci baciamo consapevoli di aver perso la guerra più importante. Disfatti ci ameremo tra le macerie dei nostri sguardi e i resti delle nostre promesse. Ci ameremo sbagliando, odiandoci per quello che siamo, ma lo faremo fino all'ultimo dei nostri respiri.

WAVES Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz