CAPITOLO 25

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Novembre

La vita ha ripreso finalmente il suo ritmo regolare. Le giornate sono un susseguirsi di abitudini e momenti sempre uguali. Esco per andare all'università, aspetto con ansia la lezione di letteratura inglese, mangio qualche volta insieme a Betta, altre volte con delle ragazze del mio corso. È incredibile come io mi senta una persona totalmente diversa nonostante non sia cambiato niente. O meglio, nonostante Marco non sia qui. Torno a casa nel pomeriggio per passare la serata con la mia adorata coinquilina nonché migliore amica. Almeno una volta a settimana vediamo Leo e Luca, per poi passare il weekend a casa dai nostri genitori. È tutto tranquillo, tutto fin troppo normale. Siamo già a metà mese, e venerdì salirò a Milano per conoscere Alessandra, la sorella di Marco. Sono ansiosa ed emozionata all'idea di incontrare un altro paio di occhi come i suoi, e non vedo l'ora di rivedere il mio ragazzo. Il mio ragazzo. È passato un po' ma ancora sorrido quando pronuncio queste parole. Chissà se l'amore avrà mai una data di scadenza.

Betta fa capolino da dietro la mia spalla interrompendo i miei pensieri <Hai preso tutto?> sussulto perché non l'ho sentita arrivare, e lei ride <Penso di si> sposto lo sguardo sul borsone aperto appoggiato sul mio letto. Ci ho infilato dentro un paio di jeans, qualche maglietta di ricambio, l'intimo e un vestito. Nella tasca laterale ho riposto il beauty con tanto di trucchi, spazzola e spazzolino. Starò solo due giorni da lui, ma ogni volta che si tratta di partire entro in paranoia. Fosse per me mi porterei dietro tutto l'armadio. Betta annuisce sedendosi accanto alla borsa<Sai già cosa farete?> scuoto il capo maledicendo il fatto che non possa venire con me. Questo fine settimana ha un battesimo e i suoi ci tengono che partecipi, così Matteo si è offerto di scendere per stare un po' con lei <Marco mi ha solo detto che forse sabato sera c'è una festa, decideremo insieme se ci va di andare> <Mi raccomando, niente casini> mi prega con le mani giunte <Non devi dirlo a me> replico cercando di sorridere <Porterai Matte con te sabato?> domando per cambiare discorso. Il suo viso prende le tonalità del sole al tramonto <A dir la verità mia madre mi ha detto che posso invitarlo> ammette <Però non so lui come possa prenderla> si copre il volto con le mani e io mi sento in dovere di abbracciarla <Oh ma piantala! Sono sicura che sarà felice di accompagnarti> le dico all'orecchio <Per te farebbe questo e altro> aggiungo facendole l'occhiolino. Lei scoppia a ridere <Si ma prima o poi potrebbe realizzare di stare con una pazza e decidere di lasciarmi> so che le sue parole nascondono un velato senso di paura <Nah, non credo> commento sicura <Sarebbe davvero da coglioni lasciarsi scappare una come te> lei ammicca imitandomi e tutte e due lasciamo cadere il discorso. Richiudo la borsa appoggiandola ai piedi del letto. La sveglia sul comodino segna le 22 di giovedì 14 novembre. Fuori fa sempre più freddo. La mattina la brina scricchiola sotto i miei piedi, mentre il gelo mi pizzica la punta del naso. Sarà un inverno più freddo del solito, aveva detto mia madre qualche settimana fa. Meno male che ho trovato due braccia pronte a riscaldarmi. <Mi accompagni alla stazione domani?> le chiedo prima che entrambe ci ritiriamo nei nostri letti <Che domande, certo!> esclama appoggiata allo stipite della mia porta <A che ora parti?> <Alle cinque e un quarto> rispondo. Annuisce guardandomi negli occhi <Buonanotte tesoro> posa una mano sulla maniglia tirandosela dietro mentre esce sul corridoio <Buonanotte chicas!> ribatto ormai abituata a chiamarla così. È incredibile come abbiamo paura dell'abitudine, ma questa diventa necessaria per far parte della giornata di una persona. Forse Marco non conosce ancora tutte le mie, per questo non può sapere che il suo nome è una di quelle. Chiudo gli occhi consapevole che domani a quest'ora ci sarà lui a darmi la buonanotte. A volte basta davvero poco per essere felici.

Poco più di 140 chilometri ci dividono, e ogni volta che sono su quel treno mi sembra di sentirli tutti dentro il petto. Potrei creare una nuova cartina geografica solo per noi. Al punto A ci sarebbe il mio cuore, troppo piccolo per amare una cosa bella come te. Al punto B ci sarebbe il tuo, troppo debole per ammettere di voler battere anche per me. I contorni dei nostri passi segnerebbero il percorso che i nostri occhi devono fare per potersi specchiare in quello dell'altro. Il punto di incontro sarà indicato con le nostre labbra che si fondono, così che non esisterebbe più un punto A e un punto B, ma solo AB, come succede in Matematica. Non sono mai stata davvero brava con l'analisi delle funzioni e il piano cartesiano, ma posso dirti che quando due rette diventano coincidenti, i punti dell'una si mescolano con quelli dell'altra in modo tale da sovrapporsi e non poterle più distinguere. Chissà se quando i nostri corpi fanno l'amore succede la stessa cosa. Non so cosa diventerò ma so che tendo a te come le rette tendono all'infinito. Senza sosta, senza tregua, in continua crescita o discesa.

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