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Guardai il mio orario e vidi che fra pochi minuti avrei avuto storia. Sbottai e decisi di non andare, ero troppo annoiata per passare un'altra ora a sentire un professore parlare di guerre che erano avvenute tanto e tanto tempo fa. Sbloccai la tastiera del cellulare e mi ricordai delle chiamate perse da parte di mio padre. Non sapevo davvero che fare, forse dovevo chiamarlo... alla fine lui era sempre una delle persone più importanti per me, solo che quel suo menefreghismo nei confronti miei e di Michael mi mandava in bestia. Decisi quindi, di aspettare Michael e di decidere con lui sul da farsi. Gli inviai un messaggio con scritto "ti aspetto alla fine della lezione in camera" e bloccai di nuovo lo schermo, fermandomi con lo sguardo sulla finestra del corridoio per contemplare il paesaggio.

«Ehi, cosa è successo?» chiese mio fratello, sedendosi sul divano di fianco a me.

Mi rabbuiai, «papà... ecco, mi ha chiamata ma io non ho risposto».

«Oh...» sentii in un sussurro, per poi sentire il profumo di Michael invadermi le narici. Mi stava abbracciando, tenendomi forte a sé.

«Richiamalo, lui non è cattivo, è solo innamorato... - ridacchiò e aggiunse - di cosa non so, però».

Scossi il capo e seguii il suo consiglio, sbloccando la tastiera e componendo il numero di mio padre. Squillò per due volte e poi una voce metallica parlò, segno che aveva risposto.

-Papà... mi dispiace non averti risposto- dissi, mordendomi il labbro inferiore.

-Oh, tranquilla. Come è andato il viaggio? Michael è lì con te?-
Risi, -sì papà. Michael, saluta!-

Il ragazzo mi spinse delicatamente, prendendo in mano il cellulare e parlando al mio posto.

-Ehilà! Qui è tutto okay. Mi prendo cura di mia sorella, abbiamo una stanza stupenda...-

Continuai -...e un compagno di stanza rompi coglioni-.
Michael rise, -stiamo bene, Greg...-

Mio padre ridacchiò, salutandoci e chiedendoci la cortesia di chiamarlo ogni tanto, giusto per fargli sapere come andavano le cose. Gli urlammo un "certo, tranquillo" e chiudemmo la chiamata.
All'improvviso, un Luke con un panino in mano fece il suo ingresso, sorridendo a Michael e salutandomi odiosamente, come suo solito.

«Ehilà Banana Girl».

«Ciao Carciofo».

Vidi Michael roteare gli occhi, «non cominciate a litigare che non vi reggo».

Alzai le spalle e mi diressi in bagno, spintonando il biondino accanto alla porta, «spostati, Hemmings».

Roteò gli occhi al cielo e ghignò, «altrimenti?»

«LUKE, PORCA TROIA, SPOSTATI E FALLA PASSARE CHE NON VI SOPPORTO» ringhiò mio fratello, stupendomi letteralmente. Non aveva mai perso così la pazienza. Sorrisi, entrando e chiudendo la porta a chiave dietro di me.

Luke's pov

La mattinata era già conclusa, ora eravamo tutti e tre in camera, io e Michael eravamo in procinto di mangiare schifezze e vedere un film, mentre Banana girl era ancora con la testa sui libri.

«Luke, qui vendono la pizza?» chiese ad un certo punto il ragazzo.

Io ridacchiai, «certo...»

Michael sembrò sorridere, «...che no».
«Oh ma andiamo! Come no? - sbraitò - come diamine vivete qui? E soprattutto, come farò io a sopravvivere senza pizza?»

«Senti - cominciai - c'è proprio una pizzeria fuori città, dista anche poco...»

«Ma...?» mi intimò a continuare.

Room 158 || Luke Hemmings Where stories live. Discover now